
IV Domenica di Avvento 8
dicembre 2024 Lc 19, 28-38
Riferimenti :Is 4, 2-5 - Sal 23 - Eb
2, 5-15 |
Alzatevi, o porte: entri il re della gloria.
Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel
suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi
non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno. |
Is 4, 2-5 In quel tempo. Isaia
disse: «In quel giorno, il germoglio del Signore
crescerà in onore e gloria e il frutto della
terra sarà a magnificenza e ornamento per i
superstiti d’Israele. Chi sara rimasto in Sion e
chi sarà superstite in Gerusalemme sarà chiamato
santo: quanti saranno iscritti per restare in
vita in Gerusalemme. Quando il Signore avrà
lavato le brutture delle figlie di Sion e avrà
pulito Gerusalemme dal sangue che vi è stato
versato, con il soffio del giudizio e con il
soffio dello sterminio, allora creerà il Signore
su ogni punto del monte Sion e su tutti i luoghi
delle sue assemblee una nube di fumo durante il
giorno e un bagliore di fuoco fiammeggiante
durante la notte, perché la gloria del Signore
sarà sopra ogni cosa come protezione».
Isaia 4, 2-5 Un bellissimo annuncio di
speranza nasce da una condizione di sofferenza e
di sconfitta. Il primo versetto parla
addirittura di "sette donne che afferrano un sol
uomo e gli domandano di «portare il suo nome»,
cioè che possano averlo come loro signore e loro
marito poiché gli uomini della città sono stati
decimati dalla guerra (3,25-26). Le figlie
orgogliose di Gerusalemme diventeranno
concubine, ma sono disposte a sposare insieme un
uomo solo e a mantenerlo, pur di averlo marito e
di avere da lui dei figli. Non essere sposata
era considerato essere disonorata, perché
infeconda e priva di futuro (Dt 25,5-6). Il
profeta intravede una speranza nel futuro. Tutto
inizia con "il germoglio del Signore", che sarà
il Messia (Ger 23,5=33,15;Zc 3,8;6,12), e il
"frutto della terra" che può indicare le
benedizioni di Dio sulla terra e la ricchezza
che rinasce sul suolo di Palestina. Questo testo
è probabilmente una riflessione maturata dopo
l'esilio di Babilonia che riassume per i
ritornati, i superstiti, il futuro di speranza.
Tutta la spiritualità ebraica conduce alla
consapevolezza che la propria infedeltà causa la
rovina di tutto il popolo, ma conduce con
altrettanta fiducia alla convinzione che Dio ama
il suo popolo e, quindi, un piccolo «resto»
sfuggirà alla spada degli invasori e
sopravvivrà. Ne parlano molti profeti: Amos,
Isaia, Michea, Sofonia, Geremia ed Ezechiele.
Rimasto a Gerusalemme, questo "resto" continuerà
a mantenere il valore di un popolo, fatto santo
da Dio, ora purificato e ormai fedele. Esso
diventerà una nazione potente. Dopo la
catastrofe del 587, quando Gerusalemme fu
distrutta completamente, si pensò che il "resto"
era tra i deportati, Convertendosi durante
l'esilio alla legge del Signore e purificandosi
dagli idoli che avevano in precedenza accettato,
sarebbero sopravvissuti.

Betfage
vicino a Betania presso il monte degli ulivi |
Eb 2, 5-15 Fratelli, non certo a
degli angeli Dio ha sottomesso il mondo futuro, del quale
parliamo. Anzi, in un passo della Scrittura qualcuno ha
dichiarato: «Che cos’è l’uomo perché di lui ti ricordi o il
figlio dell’uomo perché te ne curi? Di poco l’hai fatto
inferiore agli angeli, di gloria e di onore l’hai coronato e hai
messo ogni cosa sotto i suoi piedi». Avendo sottomesso a lui
tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso.
Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a
lui sottomessa. Tuttavia quel Gesù, che fu fatto di poco
inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore
a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio
egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti
che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le
cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse
perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla
salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono
santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo
non si per questo non si vergogna di chiamarli fratelli,
dicendo: «Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo
all’assemblea canterò le tue lodi»; e ancora: «Io metterò la mia
fiducia in lui»; e inoltre: «Eccomi, io e i figli che Dio mi ha
dato». Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la
carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe,
per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della
morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che,
per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la
vita. Ebrei 2, 5-15 Nella Comunità cristiana
c'è molta stanchezza che può portare al rilassamento. Bisogna,
infatti, ubbidire con maggior impegno alla Parola di Gesù, con
una coerenza e attenzione più mature che non l'ubbidienza della
legge ebraica. Se la legge è stata data dagli angeli e " si è
dimostrata salda, ed ogni trasgressione o disubbidienza ha
ricevuto giusta punizione" (Eb 2,2), tanto più bisogna prendere
sul serio una salvezza così grande, portata da Gesù. Dio stesso
ha messo mano: è "il mondo futuro della salvezza". Tale salvezza
"cominciò a essere annunciata dal Signore, e fu confermata a noi
da coloro che l'avevano ascoltata, mentre Dio ne dava
testimonianza con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e
doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà"
(Eb 2,4-5). Questo futuro ci viene da Gesù. Egli è vero uomo,
come ogni uomo che "di poco hai fatto inferiore agli angeli" (Eb
2,7 che si rifà al salmo 8,5). Egli, che si è abbassato" poiché
nella sua vita mortale si è privato della sua gloria (Fil
2,6-11: "svuotò se stesso, pur essendo Dio"), ha vissuto come
ogni altro uomo la sua limitatezza, ma accettò fino in fondo la
volontà del Padre, arrivando alla morte. Perciò il Padre lo ha
«coronato», e alla fine dei tempi avrà il dominio su tutto.
Questo è il mondo nuovo che porta la salvezza e che è tutto
nelle mani di Gesù. Noi non ce ne rendiamo ancora conto di
questa sovranità di Gesù sul mondo (Eb2,8) e i primi cristiani,
che si sentono disprezzati e perseguitati, sembra che attendano
con fatica, ancora, l'avvento del regno di Dio sulla terra (2Pt
3,4). Ma Cristo è già entrato nella gloria, e si è conquistato
questo primato sugli angeli per sé ed anche per tutti noi. E'
sempre una strana scoperta ritrovare nella Parola di Dio che "le
sofferenze e la morte rendono perfetto Cristo in quanto
Salvatore, incaricato di introdurre gli uomini nella gloria di
Dio. Il verbo «rendere perfetto», «compiere», ritorna spesso
nella lettera: evoca i diversi effetti dell'opera di Cristo
nella relazione che l'uomo ha con Dio ed evoca anche il rito di
consacrazione dei sacerdoti, l'«azione di riempire le mani (con
le vittime)».
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Lc
19, 28-38 In quel tempo. Il Signore Gesù camminava davanti a tutti salendo
verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte
detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di
fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito
nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo
slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati
andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i
proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il
Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro
mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano
i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli
Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare
Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto
colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più
alto dei cieli!». Luca. 19, 28-38 Luca ci sta avviando
verso la conclusione di tutta l'avventura di Gesù. E mentre racconta, si
preoccupa di inviare messaggi al lettore poiché sia consapevole che si stanno
compiendo realtà enormi. Vengono premessi due fatti
che diventano piste di orientamento: il banchetto di Zaccheo (19,1-10) con la
sua conversione e la parabola delle monete d'oro (in greco mine- 19,11-27).
L'incontro con Zaccheo avviene nello stupore e nella diffidenza
generale poiché da tale genere di persona: imbrogliona, arrivista, ladra e
amico dei conquistatori pagani romani, per onestà e purezza di cuore bisogna
stare lontani. La parabola delle monete d'oro, che
assomiglia alla parabola dei talenti di Matteo (25,14-30), è una premessa
all'ingresso di Gesù su un asinello in Gerusalemme. Gesù vuole distinguere il
tempo dei segni: ora compie la profezia di Zaccaria (entrare in Gerusalemme
come re mansueto) dal tempo misterioso e lontano della venuta del Regno:
"(19,11-12). Per questo c'è l'allusione di un nobile che parte per un paese
lontano. "Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una
parabola, perché era vicino a Gerusalemme[ ed essi pensavano che il regno di
Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro. Disse dunque: «Un uomo di
nobile famiglia partì per un paese lontano, per
ricevere il titolo di re e poi ritornare". Luca dice:
"Per capire il seguito bisogna interpretare come credenti un banchetto ed una
parabola". Il banchetto è l'accoglienza per colui che
pubblicamente è considerato il peggior ebreo di Gerico. E Gesù entra con
fiducia e con simpatia (ad un banchetto non si entra rimproverando), sperando
di poter incontrare il coraggio della conversione, come concretamente
avviene. Infatti Zaccheo si gioca più della metà dei suoi beni
La parabola dice che ciascuno ha ricevuto molto per sviluppare un
impegno nel mondo, ma il rendiconto ci sarà anche se è lontano. Si è
responsabili, nell'attesa del ritorno del re, e allora apparirà che il pigro
o il pauroso di impegnarsi saranno considerati malvagi.
Ora Gesù deve veramente osare e pone i segni del suo messianismo. Deve
rischiare sulla manifestazione di una vocazione che finora ha sempre tenuta
nascosta, anche se spesso lo hanno interpellato: "Sei il Messia?"
Gesù ha sempre saputo di correre il pericolo concreto di vedere
trasformare il suo progetto di amore in strumento di guerra e di morte. Ma
ora deve giocarsi tutto.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |