
Penultima Domenica dopo l’Epifania
23 febbraio 2025
Mc 2, 13-17
Riferimenti :Dn 9, 15-19 - Sal 106 - 1Tm 1, 12-17 |
Rendete grazie al Signore, il suo amore e per
sempre. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo
amore è per sempre. Lo dicano quelli che il Signore ha
riscattato, che ha riscattato dalla mano dell’oppressore e ha
radunato da terre diverse. |
Dn 9, 15-19 In quei giorni.
Daniele pregò il Signore dicendo: «Signore,
nostro Dio, che hai fatto uscire il tuo popolo
dall’Egitto con mano forte e ti sei fatto un
nome qual è oggi, noi abbiamo peccato, abbiamo
agito da empi. Signore, secondo la tua
giustizia, si plachi la tua ira e il tuo sdegno
verso Gerusalemme, tua città, tuo monte santo,
poiché per i nostri peccati e per l’iniquità dei
nostri padri Gerusalemme e il tuo popolo sono
oggetto di vituperio presso tutti i nostri
vicini. Ora ascolta, nostro Dio, la preghiera
del tuo servo e le sue suppliche e per amor tuo,
o Signore, fa’ risplendere il tuo volto sopra il
tuo santuario, che è devastato. Porgi
l’orecchio, mio Dio, e ascolta: apri gli occhi e
guarda le nostre distruzioni e la città sulla
quale è stato invocato il tuo nome! Noi
presentiamo le nostre suppliche davanti a te,
confidando non sulla nostra giustizia, ma sulla
tua grande misericordia. Signore, ascolta!
Signore, perdona! Signore, guarda e agisci senza
indugio, per amore di te stesso, mio Dio, poiché
il tuo nome è stato invocato sulla tua città e
sul tuo popolo». Daniele 9,
15-19 Il libro di Daniele costituisce
un'opera coraggiosa e generosa poiché viene
composta in drammatici momenti di persecuzione e
di timore. Il libro di Daniele è stato scritto
attorno al secolo II a.C., nel periodo in cui
prende il potere in Siria Antioco IV Epifane:
anno 175 a.C. Preoccupato della vastità del suo
regno e delle molteplici culture che rendono
difficile il governo, il re decide di uniformare
tutti i popoli sottomessi nella cultura e nella
legislazione ellenista, pretendendo così che
debbano rinunciare ai loro dei o almeno
introducano nel loro panteon anche gli dei
importati da Antioco. Molti dei popoli non
hanno problemi e questo rende più sereno il
nuovo dominio. Ma gli ebrei vedono in tutto
questo una bestemmia ed un affronto e perciò si
ribellano in uno scontro, impari eppure
violentissimo e con alterne vicende. Antioco,
per tre anni e mezzo, tenta di abbattere la
resistenza con le armi. Il racconto delle lotte
partigiane è raccolto nei libri dei Maccabei che
ci danno un resoconto di questa lotta durissima.
Ma mentre tale racconto della lotta dei fratelli
Maccabei ricorda fatti ormai avvenuti nel
passato, e quindi vi si può ritornare senza
pericolo, il libro di Daniele è contemporaneo
alle persecuzioni del II secolo. Così, per non
tradirsi, l'autore colloca gli avvenimenti
almeno tre secoli prima, in Babilonia, al tempo
del re Nabucodonosor. In tal modo i fatti
raccontati acquistano il significato compiuto di
lotta, ma anche di soluzione e di pace poiché il
popolo, alla fine, sarà liberato e chi vorrà
potrà tornare. In realtà i fatti antichi vanno
riletti nel crogiuolo della fatica e della
persecuzione perdurante.
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1Tm 1, 12-17 Carissimo, rendo
grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro,
perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio
me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un
violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per
ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore
nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in
Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta
da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i
peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho
ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per
primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di
esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita
eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico
Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
1Timoteo 1, 12-17 Questa lettera ha come destinatario non
tanto una comunità quanto una persona, Timoteo, discepolo da
molto, grande collaboratore di Paolo che, poi, è stato posto a
capo della Chiesa di Efeso, mentre Tito, altro destinatario di
una delle tre "lettere pastorali", è a capo della Comunità
nell'isola di Creta. Le tre lettere (due a Timoteo e una a Tito)
sono dette "pastorali" perché sono indirizzate ai responsabili
di comunità, per la loro cura nel governo, nell'insegnamento e
nella condotta della comunità a cui presiedono. L'immagine
che ne risulta è quella di una Chiesa ormai stabile, che ha
bisogno di una organizzazione coerente e coraggiosa, capace di
superare gli ostacoli e le iniziali eresie, serpeggianti alla
fine del secolo I. Timoteo è nato a Listra, da padre greco e
madre giudea (At16,1). Forse convertito da Paolo stesso nella
sua predicazione del primo viaggio missionario (attorno al 45 d.
C), è lungamente istruito dalla nonna Loide e dalla madre
Eunice, già cristiane. Al tempo del secondo viaggio missionario
Paolo lo prende con sé, come collaboratore, e lo educa via via,
maturandolo nella fede. Diventato adulto, assume importanti
incarichi affidati da Paolo presso le comunità dei macedoni e di
Corinto.. L'apostolo Paolo, in questi versetti, ricorda la
sua conversione che Gesù ha compiuto "fortificandolo" e
affidandogli il compito del ministero: "Così sono cambiato, dice
Paolo, da bestemmiatore ad annunciatore. Il Signore sovrabbondò
con la fede e la carità". Paolo dice che la verità di Gesù,
venuto nel mondo a salvare, è stata da lui stesso verificata. Sa
così di essere diventato un esempio, un testimone ed ha
raggiunto, senza merito, un tale ruolo da diventare maestro
delle genti nella fede e nella verità. La riflessione, che
Paolo fa sulla sua esperienza, lo porta alla meraviglia ed allo
stupore per la misericordia che riscontra su di sé e quindi
sulla umanità che Gesù ha accolto e salvato. La conclusione del
testo è una "glorificazione" (dossologia) di Dio Padre, segno di
adorazione e di ringraziamento, in contrapposizioni alle tante
divinità e divinizzazioni di imperatori e re. Questo testo ci
apre orizzonti gioiosi di benevolenza e di grazia che il Signore
ci ha offerto. Egli ci ha fatti grandi. Non solo ci ha
perdonati, ma ci ha ingigantiti nelle sue scelte e nei suoi
valori, responsabili e costruttori di un mondo nuovo,
inimmaginabile. Paolo ci invita allora a scoprire il senso
della nostra fede che apre significati e consapevolezze,
rapporti nuovi e profondi, rivelazioni e garanzie che vengono
dal cielo e restano, in ciascuno, come doni che nessuno ci può
strappare.
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Mc
2, 13-17 In quel
tempo. Il Signore Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a
lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto
al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori
erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo
seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori
e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai
pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani
che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i
giusti, ma i peccatori». Marco 2, 13-17 Marco racconta
dell'invito di Gesù a Levi perché faccia parte della sua sequela.. Si sta
componendo il gruppo dei seguaci di Gesù e finora il Maestro, lungo il mare
di Galilea, aveva invitato una coppia di fratelli a seguirlo, mentre erano
intenti al loro lavoro. (1,16-20) Così Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni
avevano lasciato il loro lavoro e si erano uniti a Gesù. Ora Gesù, ancora
lungo il mare di Galilea, incontra Levi, figlio di Alfeo che sta lavorando al
banco dei gabellieri. Lo invita e Levi si alza e lo segue. Ma la professione
di Levi è considerata disonesta poiché gli esattori sono ritenuti avidi di
danaro, interessati e sfruttatori, rinnegati dal punto di vista religioso e
politico. E' proibito ricevere un'elemosina da loro e cambiare il danaro ai
loro banchi, poiché certamente il loro danaro proviene da un furto. Levi è un
impiegato subalterno che riscuote i diritti di entrata o il pedaggio per
merci e schiavi ai confini di una provincia o di una città. E' un esattore
giudeo e, in Galilea, è a servizio dell'autorità di Erode Antipa, alleato dei
romani e quindi particolarmente odioso. Gesù, a questo punto, ha al suo
seguito ebrei onorati ed ebrei esclusi dalla convivenza religiosa. Egli vuole
costituire un popolo nuovo, superando tutte le preclusioni. Marco dice che,
insieme con Levi, si ritrovano a mangiare a casa di lui con persone del suo
genere. E Gesù, mentre mangia con loro, non ha un atteggiamento di rifiuto,
né esprime giudizio contro di loro o opposizione. Gesù mangia insieme, prende
da vassoi comuni il cibo che viene offerto, esprimendo, così, vincoli di
fraternità tra i commensali. Ci troviamo in un banchetto di amicizia, di
libertà e di comunione, immagine del banchetto messianico. Nel suo testo
Marco ricorda che Gesù sta in mezzo tra i peccatori e i discepoli per
indicare un vincolo di comunione. Pubblicani e peccatori sono gli "esattori e
i miscredenti" e questo fa inorridire scribi e farisei, le persone fedeli
alla legge e quindi i giusti. I peccatori sono considerati esclusi dalla
misericordia di Dio, poiché si sono rivolti a pagani per il loro mestiere, e
sono diventati collaborazionisti con i nemici, gli sfruttatori romani. In tal
modo sono praticamente impossibilitati a convertirsi. Proprio questi
giusti (le persone fedeli alla legge) vedono Gesù adagiato con i discepoli e
i peccatori a tavola e si scandalizzano. Così l‘irritazione e lo sconcerto
prendono forma in una domanda, formulata però ai discepoli, perché coloro che
interrogano vogliono far rilevare le contraddizione e lesionare la fiducia
nel Maestro. D'altra parte, sono sicuri di trovarli sprovveduti, in
difficoltà e incertezze essi stessi, e sanno di porre una vera domanda sulla
violazione della legge che non li avrebbe lasciati indifferenti.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |