Domenica di Pentecoste
8 giugno 2025
Gv 14, 15-20
Riferimenti :At 2, 1-11Sal 103 1Cor 12, 1-11
Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra. Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue opere, Signore! La terra è piena delle tue creature.
At 2, 1-11
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, i discepoli si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

Atti degli Apostoli. 2, 1-11
Sono passati ormai quasi due mesi, 50 giorni dal tempo dell'angoscia, della solitudine e quindi della esaltazione alla vista di Gesù risorto che ha voluto restare con i suoi, secondo il calendario di Luca negli "Atti degli apostoli" 40 giorni. Ci sono stati incontri sorprendenti e improvvisi, nei momenti più impensati e nei posti più diversi. Curiosi di vedere la conclusione di questa avventura e incapaci di prevedere altro, senza la presenza visibile del maestro, i discepoli si stanno organizzando per riprendere la loro vita normale e il lavoro di cui si sentono esperti. In occasione della Pentecoste ebraica, però, capiscono di dover essere tutti presenti a Gerusalemme per il pellegrinaggio di un buon ebreo, in memoria del dono della legge che il Signore aveva consegnato a Mosè sul Sinai. Si ritrovano ormai in un luogo preciso, abitato nell'ultima cena con Gesù e quindi luogo stabile per quando si ritrovano a Gerusalemme. Il Cenacolo, casa di un amico che volentieri ha offerto a Gesù ospitalità, diventa il luogo dell'assemblea nuova. Si ritrovano ora insieme in questo giorno di festa, dopo averne vissuti 50, in emozioni, interrogativi e in discussioni, e pregano, sempre consapevoli che debbono aspettare, e sempre sicuri che arriverà una indicazione. Il testo di Luca vuole mostrare il significato del mistero del dono dello Spirito mediante le Scritture sulla piccola Comunità. Testimonianza e attesa raccontano che il centro della fede è Gesù. Gesù, infatti, ha rivelato, nella sua ultima cena, il segreto della sua vita e quindi il segreto del suo rapporto con il Padre. Ma sa che i discepoli non possono capire il significato dell'esistenza nuova, e hanno bisogno di una ricerca, di un cammino, di una esperienza, di una fedeltà che ricostruiscano via via il senso della loro esperienza di Gesù. "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso" (Giovanni 16,12). L'essenziale è già stato detto: "Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Giovanni 15,15) e lo Spirito Santo non aggiungerà nulla di suo: ""Non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito" (Giovanni 16,13).
Lo Spirito Santo accompagnerà i discepoli, li assisterà, sarà una garanzia per ricercare e per approfondire. Lo Spirito Santo li aiuterà a scoprire ed a capire il Progetto di Gesù su loro e sul mondo.
Ci sono alcune parole chiave: "Tutti, rumore, divisione".
1Cor 12, 1-11
Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza. Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e mede
simo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
1Corinti 12, 1-11
Paolo si preoccupa di aiutare i credenti a cogliere ed a capire il significato di grazie e di attitudini personali, ordinarie o straordinarie, presenti in ciascuno "per l'utilità di tutta la comunità". Si tratta di analizzare e scoprire un buon uso dei doni dello Spirito, chiamati "carismi", segno e testimonianza visibile della presenza dello Spirito, anche per rimediare alla situazione anormale di una giovane comunità, la cui fede non ha ancora trasformato la mentalità impregnata di paganesimo. Gli abitanti di Corinto sono tentati di apprezzare soprattutto i doni più spettacolari e di utilizzarli in interessi di parte, sviluppandoli nello stesso stile di alcune manifestazioni proprie di certe cerimonie pagane. Dice Paolo che, essendo "per utilità comune", sono dati per il bene della comunità e quindi non debbono dare occasione a rivalità (cap 12). Riscoprendo umiltà e solidarietà, va ricordato che "la carità li sorpassa tutti" (cap 13). Infine spiega come la loro gerarchia si stabilisce in base al contributo che portano all'edificazione della comunità. Paolo si ferma sul dono delle lingue, pare molto apprezzato a Corinto, che però deve essere sottoposto alla profezia ed alla interpretazione (cap 14). Paolo ricorda fenomeni violenti, disordinati, di certi culti pagani, che sono considerati come il segno della loro autenticità (v 2). Invece, nelle assemblee cristiane, vale il contenuto del discorso, non la forma espressiva di ostentata ispirazione (v 3). All'interno di questo mondo di doni, manifestazioni e di maturazioni, c'è la ricchezza del volto di Dio nella sua dimensione trinitaria:"Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti".
L'elenco dei "carismi" è costituito da nove elementi: è la lista più lunga che si trovi nelle lettere (1 Cor 12, 28-30; 14,26; Rm 12,6-8; Ef 4,11). Si comincia a distinguere il linguaggio di sapienza e di conoscenza. Il linguaggio di sapienza, forse, è il dono di esporre le più alte verità cristiane, legate alla vita divina e alla vita di Dio in noi: «l'insegnamento perfetto» di Eb 6,1. Il linguaggio della conoscenza è il dono di esporre le verità elementari del cristianesimo: «il discorso iniziale su Cristo» di Eb 6,1.


Gv 14, 15-20
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».
Giovanni. 14, 15-20
Stiamo leggendo uno dei brani di Gesù che parla ai discepoli e che Giovanni riporta, inquadrato nell'ultima cena, carico di tensione e di aspettative. I discepoli non si rendono conto di ciò che sta per accadere e quindi sono stupefatti di alcune indicazioni di allontanamento, di abbandono e di ritorno.
Poiché non capiscono, ascoltano Gesù con stupore e perplessità, difficilmente consapevoli dello spessore delle parole che il maestro dice ma che ripescheranno dalla memoria e dalla riflessione nei tempi futuri. Non va dimenticato che il testo è riletto e meditato dopo la risurrezione, quando ormai la Comunità cristiana ha affrontato lunghi cammini, tensioni, alcune persecuzioni locali, rifiuti e accoglienze inimmaginabili. L'amore a Gesù non si gioca sulle emozioni ma sulla coerenza e il coraggio di seguire i suoi comandi. Ma quali comandi?
La comunità, che ripensa ai messaggi di Gesù, sa che ce ne sono tanti, riassunti "nell'amatevi l'un l'altro come io vi ho voluto bene". Ma questa una sintesi e un risultato di stili, di scelte, di comportamenti che si sviluppano ogni giorno nella vita familiare, sociale, religiosa e politica. La Comunità ne è consapevole, anzi sente il disagio e la fatica di andare contro corrente, di riproporre tutta la vita ed i propri rapporti nei termini che Gesù ha vissuto ed ha indicato. In tal modo, spesso, la fatica e la fragilità fanno paura e costringono a pensare di essere stati abbandonati. Gesù, allora, soccorre dicendo: "Pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre" (v 16). Si parla allora del "Paràclito" come un personaggio che porta fiducia e garanzia: la "persona che si siede accanto" nei processi e che sostiene, incoraggia, suggerisce, garantisce chi è accusato in un processo. Anzi la sua presenza di persona degna garantisce l'assemblea che l'imputato vada assolto. Gesù garantisce di inviare un altro Paràclito, "perché rimanga con voi per sempre", visto che il primo Paràclito, cioè Gesù stesso, sta per andarsene. La preghiera di Gesù interpella il Padre perché un altro Paràclito prosegua l'opera che il maestro ha iniziato e sviluppato con i discepoli. Il dono che Gesù offre è lo "Spirito di verità". E' una persona che si identifica con la verità, la mantiene viva e la dona. Questo non significa che siamo diventati infallibili, i garanti per eccellenza, i detentori delle verità nel mondo, o i portatori di realtà che ormai non serve verificare perché vanno prese a scatola chiusa. Sostenuti dallo Spirito, siamo però sempre nella ricerca, e pur sempre alle prese con il dubbio, la perplessità, la verifica. Lo Spirito della verità ci offre la rivelazione di Gesù, il rapporto profondo e unico con il Padre, la pienezza e la garanzia della verità, che è Gesù. Ma è necessaria la fede, altrimenti non lo si vede e non lo si conosce. Se però lo si crede, egli dimora nel credente e la sua presenza porta una conoscenza familiare. Infatti lo Spirito è presentato in rapporto con Gesù, i discepoli ed il mondo.

Credo
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Amen.