V Domenica di Pasqua
18 maggio 2025
Gv 13, 31b-35
Riferimenti .At 4, 32-37 - Sal 132 - 1Cor 12, 31 – 13, 8a
Dove la carità è vera, abita il Signore. Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme! R È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste.

At 4, 32-37
In quei giorni. La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa «figlio dell’esortazione», un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.

Atti 4, 32-37
Luca, scrivendo il seguito del suo Vangelo come proseguimento e sviluppo della presenza e dell'opera di Gesù risorto, nel breve testo di oggi degli Atti, racconta la vita della comunità di fratelli e sorelle, unita nel nome di Gesù. Tutti portano il nuovo sigillo della vita piena e sono detti "i cristiani", (dopo qualche decennio, "Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani" At 11,26). Per essi la vita piena di fede deve avere riflessi anche nei rapporti quotidiani con le persone della comunità che si riconosce nella fede. Così la scelta fondamentale di Gesù deve essere capace, insieme, di conoscere il Salvatore e verificare la fatica, la sofferenza che vediamo attorno, e il bisogno a cui portare sollievo. Non possiamo provvedere a tutto ma, per lo meno, verificare e sottrarre fratelli e sorelle dal bisogno, poiché si mettono insieme le risorse.
E' vero che nel mondo greco ci sono richiami e ricordi mitici dell'età dell'oro quando si favoleggia che, all'inizio "tra amici tutto è in comune". Ne parla Platone e altri scrittori greci e latini, come Seneca.
L'amicizia diventa un elemento fondamentale di coerenza e di coesione per cui non si accetta, potendo alleviare il bisogno, che un amico soffra. Per questo all'amico si mette tutto a disposizione.
Luca, probabilmente, non ha la pretesa di ricostruire il mito. Luca vuole aiutare a cogliere il senso di una esperienza che capovolge i criteri della vita.
La proprietà non è un assoluto ma le risorse si utilizzano per alleviare la fatica di quelli che conosciamo. Probabilmente non si tratta però di un fatto generalizzato dal momento che si sente l'esigenza di ricordare il gesto di donazione di Giuseppe che offre il ricavato di una sua vendita agli apostoli. E tuttavia non si tratta di minimizzare la generosità della Comunità cristiana (ci sono tre sommari che riprendono lo stesso tema: At 2,42; 4, 32-37 (testo di oggi) e 5, 12-16). Infatti scopriamo che c'è la impegnata e seria preoccupazione di un servizio giornaliero di mense per i poveri e, in particolare, per le vedove. E questa provvidenza, nella Comunità cristiana, costa molte energie e pone fortemente un problema di carità generosa e disinteressata.

1Cor 12, 31 – 13, 8a
Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.

1 Cor 12, 31-13,8a
La Comunità cristiana di Corinto, pervasa dalla presenza dello Spirito, in particolare, gode di una ricchezza di doni (carismi) che, a volte, raggiunge anche una sua spettacolarità. Ci sono manifestazioni che conducono ad una utilità della Chiesa per la conversione degli infedeli e sono frutto dei doni di Dio e del suo Spirito,, ma altre assomigliano di più a stati estatici pagani che portano al delirio, a perdita parziale o totale della razionalità, a manifestazioni spettacolari, ambite e apprezzate spesso, ma che inducono al disordine, alla stravaganza e che, comunque, tolgono la libertà. Diventano fenomeni di dubbia autenticità e vanno tutti verificati dalla fede. Paolo suggerisce di attendere ai carismi più grandi e più utili per l'edificazione della Comunità, ma suggerisce che il vero fondamento è dato dalla "carità" (in greco "agape") che, poco usata, nel linguaggio cristiano corrisponde all'amore di comunione. E' "la via più sublime". Essa è dono di Dio, è strada da percorrere, è stile credente, è coscienza operativa nella vita, è apertura di cuore che accoglie gratuitamente l'altro, preoccupati, prima di tutto, dei suoi problemi. Ci troviamo di fronte ad un testo famoso e bellissimo, mai sufficientemente meditato. Sono molti gli aspetti che vengono riletti e calati nella quotidianità: non è assolutamente un testo astratto o moralistico. Esprime una ricchezza infinita che solo Dio pienamente raggiunge, ma che a noi è dato come paradigma per confrontarci e maturarvi la nostra esistenza.
- Il parlare nelle varie lingue mi farebbe un buon comunicatore, ma senza la "carità" non evangelizzerei nessuno perché non comunico il Signore.
- Così, senza la "carità", la profezia, la conoscenza e la fede non mi mettono pienamente in sintonia con il Signore e le sue opere
- Anche il dare tutti i beni e il corpo stesso in sacrificio, senza la "carità" non mi fanno un benefattore: sono nulla.


Gv 13, 31b-35
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Gv 13, 31b-35
Le parole che leggiamo oggi sono tratte da un dialogo di Gesù con gli apostoli, sviluppato durante la cena ultima, prima della sua morte. Il testo di Giovanni carica di significati le parole di Gesù che, all'inizio, non possono essere capite e tuttavia restano il testamento perenne di Gesù alla sua Comunità. Ma nella vita è questa la condizione di rapporto con Dio: riceviamo segni e viviamo fatti che lentamente stratificano i loro significati e poi si svelano per dono di grazia e per riflessione di fede sulla nostra vita. Gesù ha lavato i piedi ai discepoli, anche a Giuda. E se, nel suo cuore si sviluppa il dramma del proprio futuro prossimo che sta vivendo in anticipo, Gesù sa affrontarlo con coraggio e con lucidità e lo circonda di amore e di lode: il dramma che vivrà, dal tradimento di Giuda all'abbandono dei suoi, dai processi al rifiuto del suo popolo ed alla condanna a morte sono racchiusi nella glorificazione del Padre e nell'amore alla sua comunità. Il dramma si trasformerà in gloria e bellezza agli occhi di Dio poiché tutto si svolgerà nel cuore di Gesù, nell'accoglienza e nell'ubbidienza amorosa per il Padre e nella profonda donazione ai suoi, affidati dal Padre (Gv 17,6), compreso Giuda a cui Gesù dà il boccone della predilezione (13, 2-6). "Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola (Gv17,6)". Il Padre infatti glieli ha affidati. In questa glorificazione che è dialogo amoroso e garanzia reciproca tra il Padre e Gesù si inserisce una raccomandazione che è, essa stessa, una garanzia: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri". Gesù lascia alla nostra libertà ed al futuro del mondo un progetto che garantisce il capovolgimento del male e della violenza. Noi siamo ammalati di paura e di ansietà e continuiamo a sognare un mondo fatto con le nostre mani, ma che si distorce nel conflitto, nella potenza del nostro vincere e nella nostra rassegnazione a non avere mai la speranza della pace.

Credo
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Amen.