
III Domenica di Pasqua
4 maggio 2025
Gv 8, 12-19 Riferimenti :
Rm 1, 1-16b - Sal 96 - At 28, 16-28 |
Donaci occhi, Signore, per vedere la tua gloria.
Alleluia, alleluia, alleluia. Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte. Giustizia e diritto sostengono il suo
trono. |
At 28, 16-28 In quei giorni.
Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare
per conto suo con un soldato di guardia. Dopo
tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei
Giudei e, quando giunsero, disse loro:
«Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio
popolo o contro le usanze dei padri, sono stato
arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani
dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato,
volevano rimettermi in libertà, non avendo
trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma
poiché i Giudei si opponevano, sono stato
costretto ad appellarmi a Cesare, senza
intendere, con questo, muovere accuse contro la
mia gente. Ecco perché vi ho chiamati: per
vedervi e parlarvi, poiché è a causa della
speranza d’Israele che io sono legato da questa
catena ». Essi gli risposero: «Noi non abbiamo
ricevuto alcuna lettera sul tuo conto dalla
Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a
riferire o a parlar male di te. Ci sembra bene
tuttavia ascoltare da te quello che pensi: di
questa setta infatti sappiamo che ovunque essa
trova opposizione». E, avendo fissato con lui un
giorno, molti vennero da lui, nel suo alloggio.
Dal mattino alla sera egli esponeva loro il
regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di
convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla
legge di Mosè e dai Profeti. Alcuni erano
persuasi delle cose che venivano dette, altri
invece non credevano. Essendo in disaccordo fra
di loro, se ne andavano via, mentre Paolo diceva
quest’unica parola: «Ha detto bene lo Spirito
Santo, per mezzo del profeta Isaia, ai vostri
padri: “Va’ da questo popolo e di’: Udrete, sì,
ma non comprenderete; guarderete, sì, ma non
vedrete. Perché il cuore di questo popolo è
diventato insensibile, sono diventati duri di
orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non
vedano con gli occhi, non ascoltino con gli
orecchi e non comprendano con il cuore e non si
convertano, e io li guarisca!”. Sia dunque noto
a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle
nazioni, ed esse ascolteranno!».
At 28,16-28 Con questo testo Luca
conclude il suo libro sulla missione degli
apostoli: "gli Atti" che hanno intrapreso,
fermandosi, in particolare, prima sulle iniziali
vicende di Pietro nella Comunità cristiana e poi
sulle missioni di Paolo. Ora Paolo è giunto a
Roma. Lo spiega lui stesso: ha fatto appello a
Cesare in seguito al suo arresto a Gerusalemme
da parte degli ebrei che poi lo hanno consegnato
ai romani (28,17-20). A Roma Paolo convoca i
notabili dei Giudei per spiegare la sua
posizione. Gli garantiscono che da parte degli
ebrei di Gerusalemme non è arrivata nessuna
accusa contro di lui per cui non ci sono
preconcetti, né sono state inviate spie o
staffette per scoraggiare e metterlo in cattiva
luce. Paolo inizia, perciò, un poco rassicurato,
il suo annuncio e lo fa utilizzando tutta la sua
conoscenza e preparazione biblica: "cercava di
convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla
legge di Mosè e dai profeti" (28,23). Qui,
come ha sperimentato altrove, si ritrova con
diffidenze e rifiuti anche se alcuni si lasciano
convincere, provocando una sua reazione
rassegnata, nella constatazione che non può
aiutare il suo popolo a incontrare il Messia. E'
l'occasione che Paolo intravede, come segno di
inizio di predicazione ai pagani. E' avvenuta la
stessa cosa ad Antiochia di Pisidia (13,46-47)
ed a Corinto ( 18,6.). Lo scontro e il disagio
lasciano insoddisfatti tutti, per cui "se ne
andarono a casa". E questo significa un ennesimo
smacco per il compito di evangelizzazione.
Paolo non rinuncia a priori, ma sa che si deve
iniziare dai fratelli ebrei senza potere trovare
scuse poiché i suoi fratelli nella fede hanno
diritto di essere i primogeniti della salvezza.
Poi però ritorna sul lamento di Isaia (28,26-27)
che, in seguito, è fatto proprio dal racconto
dei 4 Evangelisti per giustificare il rifiuto di
Israele di fronte alla predicazione di Gesù.
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Rm 1, 1-16b Paolo, servo di
Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il
vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi
profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato
dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio
con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della
risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di
lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare
l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo
nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a
tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata,
grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù
Cristo! Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù
Cristo riguardo a tutti voi, perché della vostra fede si parla
nel mondo intero. Mi è testimone Dio, al quale rendo culto nel
mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, come io
continuamente faccia memoria di voi, chiedendo sempre nelle mie
preghiere che, in qualche modo, un giorno, per volontà di Dio,
io abbia l’opportunità di venire da voi. Desidero infatti
ardentemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale,
perché ne siate fortificati, o meglio, per essere in mezzo a voi
confortato mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io. Non
voglio che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto
di venire fino a voi – ma finora ne sono stato impedito – per
raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra le altre
nazioni. Sono in debito verso i Greci come verso i barbari,
verso i sapienti come verso gli ignoranti: sono quindi pronto,
per quanto sta in me, ad annunciare il Vangelo anche a voi che
siete a Roma. Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è
potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede.
Romani 1,1-16b Paolo scrive la Lettera ai
Romani, di cui leggiamo l'inizio. Egli incomincia un rapporto
che si approfondirà nel tempo. Per ora non ha avuto rapporti con
la Comunità Romana che non è stata fondata da lui, ma altri vi
hanno portato la Parola del Signore. Sa che è una grande
comunità di giudeo-cristiani presso cui si presenta e indica le
caratteristiche del suo messaggio (Roma ha circa 1 milione e
mezzo di abitanti e circa 40.000 ebrei). - Paolo si presenta
come "servo di Gesù". Quest'ultimo titolo può sembrare un
dispregiativo ma Paolo si rivolge a conoscitori della Scrittura
dove si parla di Mosè, Giosuè e Davide "servi di Jhwh". - Si
presenta come "apostolo", quindi inviato nel mondo per volontà
di Gesù, con la vocazione di fondare tra i pagani comunità
cristiane. - Infine si presenta come "scelto" e quindi
onorato di annunciare il Vangelo di Gesù. La centralità della
fede si pone in Gesù Messia che si è rivelato a Pasqua nello
splendore della potenza di Dio che vince la morte: criterio e
risposta dell'esistenza umana. E la fede in Gesù della Comunità
romana ha raggiunto un alto grado di notorietà in tutto il
mondo. Paolo ne è suggestionato e continua a ripensare e a
desiderare di poter essere presente in questa Chiesa, mentre la
ricorda intensamente. Nel frattempo, continuando a pensarsi
strumento di Dio, schiavo e proprietà del Signore, interpreta i
fatti personali come indicazioni di Dio. In particolare l'aver
ricevuto la grazia della conversione (a Damasco -Atti 9) "lo ha
reso apostolo per suscitare l'obbedienza della fede in tutte le
genti". Saluta così con "Grazia e pace" per indicare ai
cristiani la benevolenza di Dio (Grazia) e la pace tra i
fratelli (1,7). Il richiamo alle proprie tradizioni ricorda
che l'elemento fondamentale, per tutti i credenti, è il culto,
ma Paolo traduce che il vertice del culto consiste
nell'evangelizzare: lo stesso sacrificio di Gesù si attua nel
manifestare l'amore di Dio. Così per Paolo: "Mi è testimone Dio,
al quale rendo culto nel mio spirito annunciando il Vangelo del
Figlio suo" (1,9). Paolo insegna, qui ed in altri testi (es.
Rom 12,1 ss), che il culto si vive particolarmente nella vita: è
il culto spirituale che ognuno propone mentre opera con
responsabilità ed amore nella vita quotidiana. E' qui che si
compie l'offerta gradita a Dio, molto più importante
dell'offerta sacrificale del tempio. Così ha vissuto Gesù. Nella
consapevolezza per cui agiamo nella fede, sulla quale fede ci
sentiamo gioiosi: "Non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza
di Dio per la salvezza di chiunque crede (1,16).
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Gv
8, 12-19 In quel tempo. Il Signore Gesù parlò agli scribi e ai farisei e
disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai
testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose
loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è
vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da
dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico
nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo,
ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la
testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me
stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli
dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né
il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
Giovanni 8,12-19 Gesù sta celebrando la festa delle capanne, il ricordo
dell'esodo e quindi il tempo della peregrinazione nella fiducia in Dio. C'è
l'allusione ai grandi lampioni accesi la prima notte per la processione in
Gerusalemme (8,12). L'affermazione: "Io sono la luce del mondo" è
un'espressione sconcertante, anche se si usava spesso nel giudaismo per
identificare, di volta in volta, realtà grandi e significative quali la
Legge, il tempio, Gerusalemme, Adamo. Nel VT Jahvé è la luce che
accompagna il popolo d'Israele nel deserto. Ma anche Davide dice "Il Signore
è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?" (Sal 27,1) Il "Servo di
Jahvé" è chiamato "luce delle genti "( Is 42,6). Si collegano i linguaggi del
"Camminare nella luce e camminare nelle tenebre" che identificano uno stile
diverso di vita, il ricupero della pienezza o la perdizione che arriva alla
morte. Gesù insiste nel voler dare testimonianza di Sé poiché è
consapevole e conosce la sua origine. Sembra in contrasto con Gv5,31 ("Se
fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe
vera"), ma qui viene posto l'accento sull'origine dal Padre e sul suo destino
divino. E di questo Gesù ha consapevolezza. Perciò si dice testimone di sé.
Gesù non giudica nessuno "secondo la carne" come fanno i giudei. Egli è
venuto a salvare (3,17); Egli non condanna ma salva (12,47 "Se qualcuno
ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono
venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo".) Il potere di
giudicare è stato offerto a Gesù dal Padre. Nei versetti precedenti
(8,1-11) a Gesù è stata presentata una donna colta in adulterio. Gli dicono
che deve giudicare secondo la legge di Mosè per la lapidazione: è un tranello
poiché chi la accusa sa già che cosa deve fare. Ma vogliono che Gesù si
comprometta e smetta la sua posizione di misericordia, almeno in questo caso
molto chiaro, e restituisca il Dio giustiziere e potente. Non hanno ancora
capito che, nelle mani di Gesù, la legge è la verifica di una coerenza
interiore, non uno strumento di potere che interviene con durezza e senza
nessuna possibilità di misericordia. Perciò: "Chi di voi è senza peccato
scagli la prima pietra". Se ne vanno tutti, senza nessuna pietra in mano.
In tali contraddizioni e confusioni, Gesù si proclama luce: "Io sono la luce
del mondo", e quindi presenza di Dio. L'affermazione si rifà a quella serie
di risposte che accompagnano la vita e i fatti ("segni") di Gesù. "Io sono"
suscita l'eco della rivelazione di Dio sul Sinai, dove è stato svelato il
nome di Dio: Jahveh che letteralmente significa: "Io sono" e quindi esplicita
la bellezza del dono che la pienezza di Dio offre.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |