
Ultima Domenica dopo l’Epifania
2 marzo 2025
Lc 19, 1-10
Riferimentio:Sir 18, 11-14 - Sal 102 - 2Cor 2, 5-11 |
Grande è la misericordia del Signore.
Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande
nell’amore. Non è in lite per sempre, non rimane adirato in
eterno. |
Sir 18, 11-14 Il Signore è
paziente verso di loro ed effonde su di loro la
sua misericordia. Vede e sa che la loro sorte è
penosa, perciò abbonda nel perdono. La
misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo,
la misericordia del Signore ogni essere vivente.
Egli rimprovera, corregge, ammaestra e guida
come un pastore il suo gregge. Ha pietà di chi
si lascia istruire e di quanti sono zelanti per
le sue decisioni. Siracide 18,
11-14 Se il capitolo precedente (17, 20-27)
incoraggia alla conversione al Signore:"Ritorna
al Signore, e abbandona il peccato" (17,25), il
capitolo 18 si apre in un canto di gioia verso
il Dio misericordioso. E' importante garantire,
nella fragilità e nella debolezza, colui che
faticosamente accetta di seguire il Signore e
tutto il brano lo incoraggia. Proprio questa
fragilità induce a compassione e a misericordia
il Signore nella sua grandezza. Infatti è
piccolo il tempo della vita: "(18, 9-10) Che
cos'è l'uomo? A che cosa può servire? Qual è il
suo bene e qual è il suo male? Quanto al numero
dei giorni dell'uomo, cento anni sono già molti,
ma il sonno eterno di ognuno è imprevedibile a
tutti". L'incoraggiamento, allora, si apre in
una grande esperienza che fa ripercorrere la
propria storia: con il Siracide siamo nel II
secolo a.C. e la lunga esperienza di fatiche, di
guerre, di deportazione e di sottomissioni fa
ripensare a Dio in modo diverso. Il clima della
Scrittura, nei testi più recenti, sente il segno
di un tempo nuovo e quindi, particolarmente, il
tempo della misericordia. Vale per il libro di
Giona (4,11): "E io non dovrei avere pietà di
Ninive, quella grande città, nella quale vi sono
più di centoventimila persone, che non sanno
distinguere fra la mano destra e la sinistra, e
una grande quantità di animali?». Anche nella
lotta di liberazione con i fratelli Maccabeidel
sec. II, se viene spesso fatto un confronto con
i popoli pagani, ci si apre alla fiducia del
Signore il quale usa misericordia mentre
mantiene la giustizia. (2Mac 6,14.16) "Poiché il
Signore non si propone di agire con noi come fa
con le altre nazioni, attendendo pazientemente
il tempo di punirle... egli non ci toglie mai la
sua misericordia, ma, correggendoci con le
sventure, non abbandona il suo popolo". Così
anche Sap 12,19-22. "Con tale modo di agire hai
insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare
gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona
speranza che, dopo i peccati, tu concedi il
pentimento. Se infatti i nemici dei tuoi figli,
pur meritevoli di morte, tu hai punito con tanto
riguardo e indulgenza, concedendo tempo e modo
per allontanarsi dalla loro malvagità, con
quanta maggiore attenzione hai giudicato i tuoi
figli, con i cui padri concludesti, giurando,
alleanze di così buone promesse! Mentre dunque
correggi noi, tu colpisci i nostri nemici in
tanti modi, perché nel giudicare riflettiamo
sulla tua bontà e ci aspettiamo misericordia,
quando siamo giudicati". Questo testo, comunque,
si allarga in un orizzonte universale. Se l'uomo
può essere capace di misericordia, ma non può
che limitarla al suo vicino che conosce
(prossimo), Dio copre con la sua misericordia
tutti gli uomini che ha creato e si estende su
ogni essere vivente.
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2Cor 2, 5-11 Fratelli, se
qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma,
in parte almeno, senza esagerare, tutti voi. Per quel tale però
è già sufficiente il castigo che gli è venuto dalla maggior
parte di voi, cosicché voi dovreste piuttosto usargli
benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un
dolore troppo forte. Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi
riguardi la carità; e anche per questo vi ho scritto, per
mettere alla prova il vostro comportamento, se siete obbedienti
in tutto. A chi voi perdonate, perdono anch’io; perché ciò che
io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l’ho fatto
per voi, davanti a Cristo, per non cadere sotto il potere di
Satana, di cui non ignoriamo le intenzioni. 2
Corinzi 2, 5-11 Paolo, ormai anziano, soffre la propria
stanchezza poiché non si sente accolto profondamente dai suoi e
sopporta con fatica le persecuzioni, i tradimenti degli amici,
le ambiguità e i sospetti che i fratelli spesso fanno emergere.
Nei primi sette capitoli di questa lettera (capp1-7), di cui fa
parte il breve testo di oggi, Paolo di difende da coloro che
chiama i "superapostoli", avversari che contestano la sua
autorità di apostolo (2 Cor 11,5). Tuttavia, nel testo che
leggiamo oggi Paolo offre un grande insegnamento di perdono alla
sua comunità. Nei versetti immediatamente precedenti parla di
una visita che aveva fatto a Corinto nella comunità e, in quella
occasione, era stato gravemente offeso. E' difficile ricostruire
il fatto. Comunque, ritornato a Efeso, ha preferito scrivere una
lettera per chiarire la situazione (v 4). E' la cosiddetta
"lettera delle lacrime" che non ci è pervenuta. Poi Paolo voleva
ritornare, ma vi aveva rinunciato "solo per risparmiarvi". Il
rinvio infatti è stato una scelta di discrezione e di saggezza
(1,23), altrimenti avrebbe dovuto "venire con tristezza" (2,1).
Di questo offensore anonimo non si sa nulla, né si sa che cosa
sia successo. Comunque, tornata la calma, dopo che la comunità
ha isolato l'offensore e lo ha castigato, Paolo chiede di
perdonare e di accoglierlo nella comunità poiché si è ravveduto
e si è sottomesso. E questo perdono Paolo lo offre lui stesso
volentieri. Nel versetto 11 si fa esplicito riferimento a
Satana. Egli vuole impedire l'azione missionaria dell'annuncio
della fede e il metodo migliore per ostacolare l'annuncio è
arrivare a seminare discordia e divisione di animi ("per non
cadere sotto il potere di Satana, di cui non ignoriamo le
intenzioni"). Nel perdono viene anche ricordata la
possibilità di riprendere la speranza e di ricuperare un cammino
di fiducia. Il perdono è proprio di Dio per aiutarci a
riprendere il nostro percorso senza abbandonare o disperarci. Il
perdono ricupera la solidarietà e aiuta l'altro a sentirsi in un
popolo di fratelli e sorelle che sanno capire e sanno
accogliere. Il perdono ricupera splendore e apre orizzonti
imprevisti.

GERICO
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Lc
19, 1-10 In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nella città di Gerico e la
stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani
e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della
folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a
vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul
luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi
devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma
Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che
possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte
tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché
anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare
e a salvare ciò che era perduto». Luca 19, 1-10
L'incontro di Gesù con Zaccheo fa parte di una lunga riflessione di Luca che
vuole presentare il cammino del Maestro come ricerca per i perduti e salvezza
per coloro che lo accolgono. Perciò, affrontando, in particolare, il problema
della ricchezza e la ricerca del Signore, l'evangelista premette due episodi
che convergono poi nell'incontro con Zaccheo: il dialogo del giovane ricco
che vuole seguire Gesù (18,18-23) e la guarigione del cieco. Il giovane
ricco pone la domanda fondamentale per la sua scelta, ma poi non ha il
coraggio di rivedere l'attaccamento ai suoi beni e se ne va via triste.
Zaccheo, invece, ugualmente ricco, rimette in discussione ciò che ha, senza
aspettare che glielo chieda Gesù stesso. Il cieco supplica di poter
incontrare Gesù nelle vicinanze della città e vederlo, Gesù guarisce il
cieco, seduto lungo la strada (18,35-43). E si arriva al collegamento con
Zaccheo, all'incontro e all'autoinvito da parte di Gesù a casa del capo dei
pubblicani (19,1-10). Questi due ultimi fatti, ricordati di seguito: la
guarigione del cieco e l'incontro con Zaccheo, si illuminano a vicenda. Tutti
e due i personaggi del racconto desiderano vedere Gesù e tutti e due sono
ostacolati nel loro desiderio. Per il primo c'è una folla che cammina davanti
e "lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte:
"Figlio di Davide, abbi pietà di me"(18,39). Per Zaccheo nessuno gli fa
largo. A tutti e due è impedito l'incontro. Tutt'e due desiderano "vederlo".
Tutt'e due hanno fede e lo cercano. Tutt'e due riescono a ritrovarlo perché
non si scoraggiano ed hanno avuto fiducia in lui. E se loro lo cercano, Egli
si preoccupa di incontrarli. Zaccheo è chiamato "arcipubblicano", parola
che in greco non esiste ma Luca vuole identificarlo come il più importante
dei pubblicani e quindi il più impuro, il più ladro, il più lontano da Dio.
Probabilmente sovraintende al pedaggio del Giordano e delle dogane locali,
sulla strada di Gerusalemme che è punto obbligato di transito, in
particolare, per il commercio di balsami e di derrate. Questo significa che è
a capo di molti esattori. E' anche piccolo di statura, perciò insignificante,
uno sgorbio di uomo, disprezzato e tenuto lontano. Il fatto che poi, per
vedere Gesù, debba salire su un albero dice che nessuna casa con terrazza
l'avrebbe ospitato. Ci sono due sentimenti che reciprocamente si richiamano e
qualificano il Regno. "Zaccheo corse avanti per vedere" (v 4) e Gesù "deve
passare di là" (v 4). "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a
casa tua". Uno vuole vedere e l'altro deve fermarsi. E' l'incontro che
permette la conversione, giocata sulla libertà della persona e la libertà di
Dio. Questa è sempre aperta e disponibile, l'altra dipende da quanto si
accetta di voler dare un senso pieno alla vita. Gesù chiama Zaccheo per nome.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |