
IV Domenica di Quaresima
30 marzo 2025
Gv 9, 1-38b
Riferimenti : Es 17, 1-11 - Sal 35 - 1Ts 5, 1-11 |
Signore, nella tua luce vediamo la luce.
Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle
nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo
giudizio come l’abisso profondo: uomini e bestie tu salvi,
Signore. |
Es 17, 1-11 In quei giorni. Tutta
la comunità degli Israeliti levò le tende dal
deserto di Sin, camminando di tappa in tappa,
secondo l’ordine del Signore, e si accampò a
Refidìm. Ma non c’era acqua da bere per il
popolo. Il popolo protestò contro Mosè: «Dateci
acqua da bere!». Mosè disse loro: «Perché
protestate con me? Perché mettete alla prova il
Signore?». In quel luogo il popolo soffriva la
sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò
contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire
dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri
figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò
al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per
questo popolo? Ancora un poco e mi
lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa
davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani
d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai
percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti
a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai
sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo
berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli
anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e
Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e
perché misero alla prova il Signore, dicendo:
«Il Signore è in mezzo a noi sì o no?». Amalèk
venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni
uomini ed esci in battaglia contro Amalèk.
Domani io starò ritto sulla cima del colle, con
in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto
gli aveva ordinato Mosè per combattere contro
Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla
cima del colle. Quando Mosè alzava le mani,
Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere,
prevaleva Amalèk. Es. 17, 1-11
Israele ha accettato di seguire Mosè e di
contrapporsi a Faraone. Ma il cammino è
faticoso e imprevedibile. E questo fa scoprire
limiti, difficoltà anche drammatiche. Così
sorgono malumori e proteste. Suppongono disagio
e rabbia, ripensamento e nostalgia del passato.
Non si apprezza il tempo presente e non si
superano le difficoltà se non si tenta di
accordarsi con i responsabili. Non ci si deve
dimenticare che bisogna, coraggiosamente,
ricostruire uno stile di vita completamente
diverso. Ci vogliono risorse e intraprendenza
per lottare e sopravvivere. Ma il cammino del
popolo, uscito dall'Egitto, si fa sempre più
difficile perché gli Israeliti scoprono
difficoltà d'ogni genere. Prima manca il pane (e
mangiano manna), poi manca la carne ( e Dio
offre loro le quaglie), poi manca l'acqua,
fondamentale per la vita quotidiana. Qui si
inaspriscono le recriminazioni perché si arriva
ad avere seriamente paura. Il popolo non ha
strumenti per provvedervi; non sa rivolgersi a
Dio. Lotta e rimprovera Mosè fino a farlo
responsabile della propria miseria. Mosè è
fedele a Dio ed in Lui ha creduto. In questo
caso è anche responsabile, mediatore,
condottiero, custode. Mosè grida poiché è
spaventato dalla situazione difficile.
L'interrogativo fondamentale che serpeggia non è
quello dell'ateo: "Dio non c'è", ma
l'interrogativo su dove Egli sia presente, se è
ancora disposto a mantenere la sua parola e la
sua protezione che ha promesso. Mosè si è presa
la responsabilità di essere l'intercessore e Dio
lo ascolta. Dopo la mancanza di acqua,
risolta nel dono, che altrimenti avrebbe portato
alla morte, vengono la guerra e la violenza che
possono ricondurre alla schiavitù e alla
distruzione di molti. Nella battaglia contro
Amelèk, ci si chiede come vincere un popolo che
impedisce la conquista della Terra Promessa? Il
Signore dà criteri inusuali ma complementari:
- la presenza di un piccolo gruppo di soldati,
- la preghiera di intercessione: il segno delle
mani alzate come richiamo e dipendenza al
bisogno di Dio. Nelle difficoltà sono
necessarie le responsabilità personali che si
mettono in campo con coraggio e la fedeltà a Dio
per intercedere e ricuperare la fiducia e la
libertà.
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1Ts 5, 1-11 Riguardo ai tempi e
ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva;
infatti sapete bene che il giorno del Signore verra come un
ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!»,
allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una
donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non
siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi
come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del
giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non
dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si
ubriacano, di notte si ubriacano. Noi invece, che apparteniamo
al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e
della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza. Dio
infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la
salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto
per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo
insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto
gli uni agli altri, come già fate. 1
Tessalonicesi 5, 1-11 Il tempo può custodire la pace e può
nascondere la guerra. Noi cristiani siamo chiamati ad essere
sempre all'erta, pronti però ad affrontare situazioni di
emergenza e di sconvolgimento. Paolo, riprendendo le
affermazioni del Signore sull'incertezza della data della
conclusione del mondo (Mt 24,36p; At 1,7), e che bisogna
attendere vegliando (Mt 24,42p.50;25,13), afferma di non
conoscere il termine dell'esistenza del mondo. Il giorno del
Signore (1Cor 1,8) verrà come un ladro (cf.Mt 24,43p); bisogna
stare in guardia (v 6; cf.Rm 13,11), il tempo è breve (2Cor
6,2). Egli, prima, si pone per ipotesi tra quelli che vedranno
questo giorno (4,17; cf.1Cor 15,51); poi passa a considerare di
morire prima (2Cor 5,3;Fil 1,23); quindi mette in guardia quelli
che credono imminente (2Ts 2,1s) il compimento, considerando che
prima deve verificarsi la conversione dei pagani (Rm 11,25). In
questa totale incertezza i tempi non si intravedono brevi. Paolo
riprende i contatti con la prima comunità greca, da lui
visitata, quella di Tessalonica, che si è mostrata subito
recettiva e attenta alla sua predicazione, ma poi presto ha
dovuto abbandonarla per la reazione della popolazione non
credente che ha messo in pericolo la stessa vita di Paolo. Ora
Timoteo torna a visitare la comunità per garantirsi della
solidità della fede, e quindi riferisce all'apostolo liete e
rassicuranti notizie. Riconoscente e commosso, Paolo scrive una
lettera che è il primo testo scritto nel Nuovo Testamento (siamo
nel 50 - 51 d.C.). Tra i molti problemi Paolo sa di dover
affrontare anche il "tempo della Conclusione", come accennato
più sopra. Alla fine ricorda di essere svegli e all'erta perché
nessuno lo conosce ma il Giorno del Signore viene all'improvviso
e chiederà conto della responsabilità e della legge del nostro
cuore a tutti gli uomini e a tutte le donne del mondo. Per
questo i credenti debbono essere come figli della luce e
custodire la luce di Dio senza profanarla, né spegnerla. I
"figli della luce" vivono la sobrietà, si attrezzano sulle virtù
della fede, della carità e della speranza come difesa contro il
tempo e i drammi che nella vita rapiscono la serenità e
l'esistenza. Abbiamo un destino di speranza perché ci fidiamo
di Gesù che ci apre alla garanzia e alla fiducia nel mondo di
Dio. Il modo migliore per camminare verso il tempo del Signore è
sostenere i fratelli e le sorelle, dando loro sostegno e
aiutando materialmente per ciò di cui possono avere bisogno.

Piscina di Siloe |
Gv
9, 1-38 In quel
tempo. Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi
discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori,
perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori,
ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi
compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la
notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del
mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò
il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di
Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un
mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere
l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che
gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che
modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama
Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe
e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli
dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello
che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del
fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di
nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del
fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei
dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri
invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E
c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici
di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un
profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che
avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che
aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio,
che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui
risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come
ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo
sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i
suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già
stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso
dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a
lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero:
«Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello
rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci
vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli
occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché
volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo
insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè!
Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia».
Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove
sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori,
ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è
mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco
nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli
replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono
fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse:
«Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io
creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed
egli disse: «Credo, Signore!».
Gv. 9,1-38b Incontrare
un cieco lascia sempre uno strascico di commiserazione e provoca un brivido
di risentimento e paura. Perciò la sofferenza provoca la domanda del perché e
del male che l'altro sta soffrendo. Ma, nel mondo ebraico, spunta anche il
sospetto che quella cecità possa essere un castigo per il male commesso,
magari prima di nascere, essendo un cieco nato. Gesù risponde che non v'è
peccato alla radice ma attesa di opere grandi di Dio. E Gesù sa di essere
stato chiamato a sostenere la luce di questo cieco e vuole chiarire a tutti
che ogni malato deve poter sperimentare la potenza di Dio attraverso noi.
Gesù sa che la sua presenza è posta come garanzia della speranza di tutti e
quindi di chi non s'aspetta nulla dalla vita e pensa che la quotidianità è
fatta di fatiche e sofferenze senza novità e capovolgimenti. Gesù invece
interviene; però al cieco chiede che si fidi di Lui e accetti di essere
visitato dalla fede nel Messia. Deve perciò andare a lavarsi alla piscina
dell'Inviato (Siloe). Il messaggio è al cieco ma anche ai discepoli e a
coloro che si imbatteranno in questo avvenimento strabiliante. Bisogna
sapere di essere ciechi. Bisogna desiderare di vedere. Bisogna accettare la
scelta di chi ti manda dal Messia, il coraggio di credere che ci possa essere
una trasformazione, l'accettazione di difendere la scelta fatta, la verità
riconquistata, la disponibilità del giudizio su chi ti ha fatto una proposta,
il coraggio della semplicità e della coerenza. Accettare il Messia, in
questo caso Gesù, significa trovarsi tutto il mondo contro o, per lo meno,
reticente. Tutti sperano che si sveli l'imbroglio, che si ritorni alla
malattia ed alla rassegnazione, oppure allo svelamento dello stratagemma per
poter dire che il mondo è malvagio, che si strumentalizza la religione, che
non può avvenire nulla di splendido nel mondo dove Dio vuole abitare. Il
cieco difende la sua verità e ritiene che la luce che sta vedendo debba
essere il paradigma del suo linguaggio. Come vede così manifesta e difende.
Non può negare che ora vede né vuole negare la sofferenza e la fatica del
precedente non poter vedere. E si stupisce che non si voglia credergli, e non
capisce del perché dei secondi fini che essi caparbiamente portano, mentre
pretendono di smascherarlo. Il cieco si stupisce di questa ostinazione nel
non voler accettare, mentre resiste l'insistenza di continuare ad
interrogarlo.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |