
VII Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
12 ottobre 2025
Mt 13, 44-52
Riferimenti :Is 66, 18b-23Sal 66 1Cor 6, 9-11 |
| Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere
il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua
salvezza fra tutte le genti. |
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Is 66, 18b-23 Così dice il
Signore Dio: «Io verrò a radunare tutte le genti
e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la
mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò
i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis,
Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole
lontane che non hanno udito parlare di me e non
hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la
mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i
vostri fratelli da tutte le genti come offerta
al Signore, su cavalli, su carri, su portantine,
su muli, su dromedari, al mio santo monte di
Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli
d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel
tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò
sacerdoti leviti, dice il Signore. Sì, come i
nuovi cieli e la nuova terra, che io farò,
dureranno per sempre davanti a me – oracolo del
Signore –, così dureranno la vostra discendenza
e il vostro nome. In ogni mese al novilunio, e
al sabato di ogni settimana, verrà ognuno a
prostrarsi davanti a me, dice il Signore».
Isaia 66, 18b-23 Il terzo
Isaia, cioè il profeta anonimo che vive nel
tempo del ritorno da Babilonia (sec. VI-V a C),
si è assunto il compito di aiutare la nuova
popolazione della Giudea. Si ritrovano
mescolati, per gli avvenimenti sconcertanti e
gioiosi, abitanti del luogo, rassegnati e poveri
e gli esuli da Babilonia, esultanti e pieni di
speranza per il progetto di vita che si
prospetta davanti, ma poveri anch'essi. Lo
scritto del profeta si trova alla fine del libro
di Isaia. Egli si preoccupa di aiutare a
rileggere i tempi nuovi che si stanno svolgendo
in silenzio e senza scalpore: sta nascendo un
nuovo popolo. Deve crescere e camminare, avendo
intuito una nuovo volto del Signore e un nuovo
stile di incontro: di adorazione, di
comprensione della convivenza, di responsabilità
nel mondo che si sta ricostruendo passo passo,
con fatica. Gli israeliti, prima dell'esilio
in Babilonia, credevano di essere gli unici
uomini giusti, fedeli a Dio, che avevano
stabilito leggi severe per impedire rapporti con
stranieri che non conoscevano il Signore, e
quindi servivano agli idoli (Deut 7,1-8).
Durante l'esilio hanno conosciuto invece
stranieri, con sorpresa, diversi dal proprio
immaginario, generosi, ospitali, con un'alta
moralità familiare e responsabilità sociale.
Anzi spesso hanno incontrato persone migliori
dei propri compatrioti. Al ritorno, in questo
nuovo contesto, ripensano alla propria
religiosità, reinterpretando la creazione come
il grande dono che Dio fa nel mondo a tutta
l'umanità. E l'umanità è costituita dai giusti
che vengono dal mondo ebraico e dal mondo
pagano. Si capisce allora l'immagine che il
profeta Isaia prospetta: la storia diventa il
grande banchetto per tutti i popoli e non solo
per gli israeliani (Isaia 25,6). Il banchetto
raffinato è offerto da Dio stesso. Ma lo stupore
diventa ancora più grande quando Dio promette
che anche tra i pagani il Signore si sceglierà
sacerdoti e leviti (66,21). Si parla che tra
le nazioni Dio ha posto un segno (v 19). Il
segno, probabilmente, è proprio la dispersione e
l'esilio d'Israele. Così la dispersione dei
Giudei (la diaspora), che inizialmente è stata
interpretata come un dramma, qui viene
reinterpretata come strumento per portare nel
mondo la conoscenza di Dio. E per offrire un
orizzonte a tale missione, vengono elencate
sette realtà geografiche del mondo allora
conosciuto che vanno dalla Spagna al Medio
Oriente. La venuta dei popoli nel tempio di
Gerusalemme è accompagnata dal ritorno dei
fratelli Giudei della diaspora, interpretato
come un gesto sacerdotale. |
1Cor 6, 9-11 Fratelli, non sapete
che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non
illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati,
né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori,
né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate
alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati,
siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e
nello Spirito del nostro Dio. Corinzi 6, 9-11
Nella sua prima lettera ai Corinzi Paolo, dal capitolo 5,
riprende le notizie che gli sono giunte circa il comportamento
dei cristiani nella comunità di Corinto e le commenta come
responsabile della fede e della purezza di questa comunità.
Inizia col richiamare la convivenza scandalosa di un uomo con la
moglie di suo padre e rimprovera i credenti che non possono
tollerare questo comportamento senza prendere provvedimenti di
espulsione dalla comunità allo scopo, comunque, di
ricuperarlo.Nel capitolo 6, Paolo affronta un nuovo problema che
è quello della giustizia e dei tribunali. Venuto a conoscenza
del frequente ricorso dei cristiani ai tribunali pagani, Paolo
disapprova e condanna che ci si rivolga a giudici idolatri per
risolvere le proprie liti. E' assurdo che ci si rivolga a loro,
quando, alla fine del mondo, proprio i pagani saranno giudicati
dai cristiani unitamente a Cristo (6,2-6). Ma a questo punto,
Paolo pone il problema alla radice: "E' assurdo che nella
comunità cristiana sorgano liti". Nei capitoli 5-6 vengono
riportati 3 cataloghi di vizi: il primo: quattro vizi (5,10); il
secondo: sei (5,11), il terzo: 10, elencati nel testo di oggi
(6,10-11). Coloro che vivono in questi mali non possono
ereditare il Regno di Dio, e per ereditare si intende "entrare
in possesso". Paolo non si scandalizza nel riconoscere che nel
mondo c'è il male e questo tipo di male personale c'era anche
nei cristiani di questa comunità. Tuttavia da questa esperienza
ne sono usciti, poiché sono stati "lavati, santificati,
giustificati". L'acqua ricorda il battesimo, i verbi
"santificare e giustificare" esprimono gli effetti del
battesimo. La santificazione esprime lo stato dei credenti,
venuti alla fede e costituenti il popolo santo di Dio, la
giustificazione indica la condizione dei cristiani, resi giusti
per la fede in Gesù nello Spirito Santo. L'efficacia del
battesimo, difatti, passa attraverso la forza di Cristo nello
Spirito di Dio. Proprio da queste riflessioni di Paolo sono
sorti i tribunali ecclesiastici. Ricordati e regolati dal
Diritto Canonico (Il Codice della Chiesa cattolica, almeno i
can. 1400-1500), i tribunali ecclesiastici sono organi
attraverso i quali la Chiesa esercita il proprio potere
giurisdizionale sulle cause che riguardano beni spirituali e la
violazione delle leggi ecclesiastiche. Un tempo questo compito,
per il vescovo della Diocesi che era il giudice, diventava
drammaticamente molto gravoso poiché il vescovo doveva
occuparsi, spesso, di quelle infinite beghe, risultanti dalla
convivenza quotidiana delle persone.
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Mt
13, 44-52 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Il regno dei cieli è
simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi
va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno
dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose;
trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che
raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva,
si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i
cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i
cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e
stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei
cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e
cose antiche». Matteo. 13, 44-52 Le tre parabole, che
Matteo ci presenta oggi, hanno come centralità il Regno dei cieli o Regno di
Dio (Matteo, da buon ebreo, preferisce non nominare il nome di Dio per
rispetto, e quindi parla del "Regno dei cieli"). Con diverse angolazioni ci
vengono proposte le due grandi dinamiche che si incrociano nella storia: il
dono di Dio e l'impegno di ciascuno di noi nel tempo. Il dono di Dio si
manifesta, con molta chiarezza, nella prima parabola: per caso, nel suo
lavoro quotidiano, un contadino povero scopre un tesoro. È facile, ma più un
tempo che oggi, che le persone, spesso in difficoltà per tragedie e per
guerra, dovessero fuggire e perciò le cose preziose che hanno in casa, nella
speranza di poterle ritrovare una volta scampato il pericolo, non le portano
con sé perché temono di essere derubati e perdere tutto, ma scavano una buca
e sotterrano ciò che ha valore. Ma spesso non tornano e quelli che arrivano,
nuovi sul campo e nella casa, ovviamente, non si rendono conto di ciò che
hanno sotto i piedi. Il contadino è un salariato, non il padrone del campo. È
stupito e si rende anche conto che il campo non è suo, ma nel campo potrebbe
esserci molto di più. Quindi decide immediatamente di "vendere tutto ciò che
possiede per comperare il campo". Non si tratta qui di discutere se è lecito
o no l'operazione finanziaria. Stupisce il dettaglio, invece prezioso, di
nascondere di nuovo il tesoro. Il contadino vuole arrivare a comprare tutto.
Il Regno dei cieli ha un valore incalcolabile e su quello bisogna giocarsi
tutta la vita. Aver trovato per caso questa fortuna, è la gratuità e il segno
di Dio che si offre senza che l'altro se lo meriti. Non c'è un premio ma un
dono che bisogna conquistare subito. La parabola della perla parla invece
di un ricco mercante. In questo caso il mercante è veramente in cerca della
perla preziosa. Si scopre che tutta la sua vita è una ricerca di ciò che
conta davvero. Quando ha trovato finalmente una perla eccezionale, c'è un
cambiamento radicale immediato. Vende tutto per comprare la perla. Questa
operazione del vendere tutto può anche suscitare perplessità nelle persone
che vedono ma devono accorgersi che c'è qualcosa di totalmente nuovo su cui
riflettere: i due esprimono la gioia e la contentezza nel fare quello che
stavano facendo. "Il Regno di Dio è gioia" (Rom 14,17). Al tempo di Gesù le
perle sono pregiate come oggi, da noi, i diamanti.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |