 Dedicazione del Duomo di Milano
19 0tt0bre 2025
Lc
6, 43-48
Riferimenti - Is 60, 11-21 - Sal 117 - Eb 13, 15-17.20-21 |
Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per sempre». Dica la
casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre». Dicano quelli
che temono il Signore: «Il suo amore è per sempre».
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Is 60, 11-21 Così dice il Signore Dio: «Le tue porte
saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di
giorno né di notte, per lasciare entrare in te
la ricchezza delle genti e i loro re che faranno
da guida. Perché la nazione e il regno che non
vorranno servirti periranno, e le nazioni
saranno tutte sterminate. La gloria del Libano
verrà a te, con cipressi, olmi e abeti, per
abbellire il luogo del mio santuario, per
glorificare il luogo dove poggio i miei piedi.
Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei
tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle
piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti
chiameranno “Città del Signore”, “Sion del Santo
d’Israele”. Dopo essere stata derelitta, odiata,
senza che alcuno passasse da te, io farò di te
l’orgoglio dei secoli, la gioia di tutte le
generazioni. Tu succhierai il latte delle genti,
succhierai le ricchezze dei re. Saprai che io
sono il Signore, il tuo salvatore e il tuo
redentore, il Potente di Giacobbe. Farò venire
oro anziché bronzo, farò venire argento anziché
ferro, bronzo anziché legno, ferro anziché
pietre. Costituirò tuo sovrano la pace, tuo
governatore la giustizia. Non si sentirà più
parlare di prepotenza nella tua terra, di
devastazione e di distruzione entro i tuoi
confini. Tu chiamerai salvezza le tue mura e
gloria le tue porte. Il sole non sarà più la tua
luce di giorno, né ti illuminerà più lo
splendore della luna. Ma il Signore sarà per te
luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore.
Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si
dileguerà, perché il Signore sarà per te luce
eterna; saranno finiti i giorni del tuo lutto.
Il tuo popolo sarà tutto di giusti, per sempre
avranno in eredità la terra, germogli delle
piantagioni del Signore, lavoro delle sue mani
per mostrare la sua gloria».
Isaia 60, 11-21 Il popolo di Gerusalemme è
orgoglioso di avere un tempio che Dio stesso ha
eletto come sua dimora sulla terra. I testi che
stiamo leggendo si riferiscono al terzo Isaia,
un profeta anonimo i cui scritti (cc 56-66) sono
stati inseriti nel grande libro di Isaia,
vissuto circa tre secoli prima. Siamo al ritorno
da Babilonia dopo l'esilio (587-538 a.C.), nel
tempo in cui si sta ricostruendo la Gerusalemme
distrutta e si sta soprattutto ricostruendo il
Tempio di Gerusalemme (dal 520 a.C. in poi).
Tutto costa fatica poiché è un popolo senza
risorse, povero, sradicato un tempo ed ora
profugo. Il ritorno ha riempito di speranza e di
sogni molti che hanno accettato la fatica del
cammino (non tutti), ma ora si ritrovano con i
grandi problemi della ricostruzione. Perciò,
da una parte si fidano di Dio che non abbandona,
se ha permesso, per circostanze strane e
drammatiche, di essere liberati da Ciro, re del
popolo vincitore dei Medi su Babilonia, e perciò
sentono di essere grati a Dio ed alla sua
provvidenza. Questo testo corrisponde al sogno
che il profeta apre davanti, come garanzia di
Dio. Ogni elemento è di speranza e di benessere,
di fiducia e di pace. Lasciare aperte le
porte suppone che non si temono né ladri né
scorrerie di predoni. E il tempio accoglierà le
genti (sono popoli pagani e potenze straniere)
che vengono a rendere omaggio all'unico Dio, e
quindi arrivano a Gerusalemme che è il popolo
alleato di Dio. Le immagini, che scorrono
davanti agli occhi, ricordano i bassorilievi
assiro-babilonesi con i re vinti in ginocchio
"proni alle piante dei piedi" del re vincitore.
Conseguenza di questi riconoscimenti e vittorie
è la ricchezza che affluisce. Il primo segno di
benessere è lo splendore del giardino in una
città. L'abbondanza del legname (v 13) ci
riporta alla bellezza e all'abbondanza del tempo
di Salomone che, allora, aveva utilizzato il
legno delle foreste del Libano per il tempio ed
ora lo stesso legname può essere utilizzato per
la città. Poi le importazioni abbondano in
metalli preziosi, utili per le costruzioni e per
lo sfarzo: oro, argento, bronzo e ferro
sostituiscono il materiale povero di cui si
debbono servire. L'altro segno di fiducia è la
pace, garantita sulla terra di Gerusalemme.
Quindi il sorgere della luna e il sorgere del
sole non sono più considerati portatori di luce
perché c'è uno splendore più grande che è Dio.
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Eb 13, 15-17.20-21
Fratelli, per mezzo
di Gesù offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè
il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non
dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni,
perché di tali sacrifici il Signore si compiace. Obbedite ai
vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di
voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia e
non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi. Il Dio
della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle
pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore
nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate
compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito
per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei
secoli. Amen. Eb. 13, 15-17. 20-21 Alla
conclusione della "Lettera agli ebrei" l'autore è consapevole di
aver operato, scritto e insegnato con coerenza e amore ai suoi
destinatari. Vuole lasciare alcuni ultimi sintetici messaggi che
riescano a richiamare ciò che ha sviluppato lungamente. Perciò
ci distacchiamo dal culto, che risale a Mosè, ed agli animali
sacrificati. Ora il culto più profondo nasce dal cuore ed è un
sacrificio di lode, carico del riconoscimento di Dio e della
fede maturata attraverso Gesù. Da questa fede nascono alcune
convinzioni che hanno lo spessore del dono a Dio: "la
beneficenza e il mettere in comune ciò che si ha" (v 16). Lo
sforzo e l'impegno per la coesione interna della comunità
suppongono obbedienza, partecipazione e solidarietà con i
responsabili (capi e guide) poiché compiono un compito
difficile, gravoso e spesso faticoso, soprattutto quando non
trovano collaborazione ma diffidenza. Ma ci si rende conto che
una comunità deve saper sostenere la fatica e lo sforzo
dell'unità. Il testo di oggi conclude con un augurio di pace
che si appoggia a colui che è fonte di grazia e fonte di
consolazione: il Dio della pace, che ci è stato comunicato da
Gesù, e che ha rinnovato una Alleanza eterna. Egli saprà dare
sufficiente forza a ciascuno di noi perché, nel mondo, compiamo
ciò che è gradito a Lui. C'è sempre un collegamento stretto tra
l'assemblea in cui Dio si riconosce Alleato, la presenza
dell'amore di Gesù che rende eterno e incommensurabile questo
incontro, l'operosità di amore nel mondo, la testimonianza e la
gioia profonda di un cammino fiducioso.
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VANGELO Lc 6, 43-48 In quel
tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che
produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un
frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si
raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono
dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo
cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal
cuore sovrabbonda. Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello
che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica,
vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha
scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la
piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era
costruita bene».
Luca 6, 43-48 Siamo, con il vangelo di Luca, nella
lettura parallela del discorso "sulle beatitudini" riportato da Matteo (capp
5-7). Si riscontrano tuttavia alcune differenze, date dal contesto per cui
l'evangelista scrive. Matteo ha davanti un popolo di poveri che è assetato
della Parola nuova di Dio e il continuo sguardo critico dei farisei, dotti e
diffidenti, anzi avversari accaniti di Gesù per i loro presupposti che li
rende assolutamente incapaci di accettare Gesù. Luca invece si preoccupa
della sua comunità che vive in una cultura greca e che è, certamente,
costituita da discepoli e che, tuttavia, almeno alcuni, mantengono difetti e
rigidità proprie di persone superficiali. Se riprendessimo la lettura del
Vangelo di oggi al versetto 39: "Può forse un cieco guidare un altro cieco?",
scopriremmo che Luca fa una profonda ricerca, analizzando i limiti della sua
comunità, ma con la speranza di aiutare a crescere. I difetti, che emergono
tra i credenti, dice Luca, ci fanno scoprire ciechi alla misericordia (v 39),
presuntuosi (v 40), duri nel valutare gli altri e indulgenti verso se stessi
(v 41), sicuri di non aver bisogno del perdono (v 42). Così ci viene posto il
problema di un esame di coscienza da fare su noi stessi e, nonostante Luca
utilizzi la stessa similitudine di Gesù sul costruire la casa, pone accenti
diversi. Matteo ci dice che la bontà o meno di una persona si valuta dai
frutti. Luca pone il problema di ciò che si insegna sul fare. In fondo, Luca
vuol fare una verifica per i maestri che insegnano ed hanno responsabilità
nella Comunità cristiana. Non basta avere fede, non basta pregare dicendo
"Signore, Signore". E' necessario fare quello che Gesù vuole.
E' il
messaggio che offre. Ma come so che quello che offro è buono o cattivo? Debbo
verificare le fondamenta del mio vivere e rendermi conto se le appoggio alla
roccia, avendo prima faticosamente scavato fino ad arrivarvi.
In altri
termini, ciò che insegno deve nascere dal cuore. Ma quello che mi nasce dal
cuore, si misura veramente sulla Parola del Signore e sulla sua volontà?
seguendo i messaggi e le parole di Papa
Francesco. Scopriamo che in lui ci sono una grande libertà e una grande
consapevolezza. Ma ci ricorda continuamente, e nessuno lo può negare, che le
sue parole si ricollegano con semplicità e profondità alle scelte di Gesù,
scombinandoci le immagini di grandezza, di pienezza e di potere, di
ostentazione, di sfoggio, di sontuosità e di sfarzo che molte volte lo
ritenevamo dovuto per un Papa.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |