
VI Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
Mt 10, 40-42
5 ottobre 2025 Riferimenti :1Re 17, 6-16Sal 4Eb 13, 1-8 |
Chi spera nel Signore, non resta deluso. Quando
t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! Nell’angoscia mi
hai dato sollievo; pietà di me, ascolta la mia preghiera.
Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele; il
Signore mi ascolta quando lo invoco. |
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1Re 17, 6-16 In quei giorni. I
corvi portavano ad Elia pane e carne al mattino,
e pane e carne alla sera; egli beveva dal
torrente. Dopo alcuni giorni il torrente si
seccò, perché non era piovuto sulla terra. Fu
rivolta a lui la parola del Signore: «Àlzati,
va’ a Sarepta di Sidone; ecco, io là ho dato
ordine a una vedova di sostenerti». Egli si alzò
e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della
città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La
chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in
un vaso, perché io possa bere». Mentre quella
andava a prenderla, le gridò: «Per favore,
prendimi anche un pezzo di pane». Quella
rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non
ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina
nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora
raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a
prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo
e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’
a fare come hai detto. Prima però prepara una
piccola focaccia per me e portamela; quindi ne
preparerai per te e per tuo figlio, poiché così
dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della
giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non
diminuirà fino al giorno in cui il Signore
manderà la pioggia sulla faccia della terra”».
Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi
mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi
giorni. La farina della giara non venne meno e
l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola
che il Signore aveva pronunciato per mezzo di
Elia. Re 17, 6-16 Elia sta
fuggendo perché il re Acab e la regina Gezabele
lo cercano per metterlo a morte. Il Signore
stesso gli indica posti di rifugio dove esistono
una larga vegetazione, caverne ben nascoste, un
torrente per l'acqua e un provvidenziale, strano
e inconsueto andirivieni di corvi che
garantiscono il profeta nel suo sostentamento:
pane e carne al mattino e alla sera. Si rifà
all'alimentazione del popolo d'Israele nel
deserto, nel tempo della liberazione, ricordata
nel libro dell'Esodo (16,8.12). Elia si è
spostato in una zona pagana, la terra di origine
della regina Gezabele. Se da lei può venire la
rovina, attraverso un'altra donna, questa volta
vedova e povera, viene la sopravvivenza. Zarepta
è a circa 15 km a sud di Sidone, sulla costa
Fenicia. Nelle società antiche la vedovanza era
segno di povertà e di marginalità. Eppure il
Signore sceglie una donna vedova perché diventi
sostegno al suo profeta, pur costretta ad una
vita di stenti, in tempo di carestia e di
siccità. Nel salmo 146,9 si dice "Il Signore
protegge lo straniero, egli sostiene l'orfano e
la vedova, ma sconvolge le vie degli empi". La
vedova, riconosciuta subito dall'abito di lutto,
si presta all'ospitalità, senza problemi per
l'acqua, con perplessità sul cibo. Anche nella
zona della Fenicia la siccità fa mancare il
cibo. La donna non è necessariamente una ebrea,
ma deve aver riconosciuto il profeta per il
vestito che porta e quindi, intervenendo,
richiama il nome del Dio dello straniero stesso.
Elia rassicura a nome di Dio il dono, chiedendo
perciò, insieme, un gesto di carità in un
atteggiamento di fede. Poiché la vedova
acconsente, il miracolo si compie (viene
riferito con gli stessi verbi del v. 16, usati
nella profezia al v 14). Gesù richiama
quest'episodio per rimproverare al suo popolo il
rifiuto che viene opposto ai profeti e alla
Parola di Dio (Luca 4,25-26). L'ospitalità è uno
degli elementi fondamentali del rapporto con il
Padre. Attraverso l'anonimo viandante Dio si fa
presente ad Abramo, intreccia relazioni e
garantisce la discendenza per essere stato
accolto, condivide il cammino con il popolo
d'Israele. Dice J. Danielou: «L'umanità ha
compiuto un passo decisivo, e forse il passo
decisivo, il giorno in cui lo straniero da
nemico (hostis) è divenuto ospite (hospes)». In
fondo quello è il giorno in cui la comunità
umana è stata rigenerata.
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Eb 13, 1-8 Fratelli, l’amore
fraterno resti saldo. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni,
praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli.
Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di
carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi
avete un corpo. Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto
nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno
giudicati da Dio. La vostra condotta sia senza avarizia;
accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto:
«Non ti lascerò e non ti abbandonerò». Così possiamo dire con
fiducia: «Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura. Che cosa
può farmi l’uomo?». Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi
hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente
l’esito finale della loro vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è
lo stesso ieri e oggi e per sempre! Ebrei:13,
1-8 Siamo giunti, con questo testo, alla conclusione della
"lettera agli ebrei": il capitolo 13º. Ci vengono così proposti
alcuni suggerimenti concreti per regolare il rapporto
all'interno della Comunità cristiana. Una comunità che ha
sperimentato, nella propria riflessione e nella propria
esperienza, l'amore di Gesù che salva è portata a vivere, in
modo più vero e più profondo, la somiglianza di Gesù. Prima di
tutto, perciò, l'amore fraterno non deve essere frutto di una
emozione, ma di scelte e decisioni che lo rendono saldo, allo
stesso modo di come lo ha vissuto Gesù. A questo punto vengono
fatte alcune esemplificazioni. Si inizia dall'ospitalità,
richiamando probabilmente due brani della Scrittura: i tre
viandanti ospitati da Abramo (Gen 18,3) e il compagno di Tobia,
l'arcangelo Raffaele (Tobia 5,4 ss) che si mostrerà, poi
risolutore di molti drammi e di molti incidenti familiari.
L'ospitalità, suggerisce l'autore, in questi momenti, è ancora
più segno prezioso di misericordia perché si intravedono i tempi
della persecuzione e vengono richiamate anche la visita dei
carcerati e l'attenzione ai loro bisogni. Si richiede quindi una
partecipazione profonda alle sofferenze di questi fratelli come
se fossero inflitte al proprio corpo. L'attenzione alla fedeltà
e alla castità del matrimonio mette in equilibrio una morale
familiare che nel mondo pagano viene ignorata perché esiste
troppa libertà di relazione e, per contro, in alcune sette
religiose il matrimonio stesso e i rapporti tra coniuge vengono
rifiutati perché indegni di credenti. L'autore biblico ricorda
perciò il rifiuto dell'adulterio e valorizza il rapporto di
amore fedele di una famiglia. Sono poi ricordati sentimenti di
generosità, il coraggio della gratuità, il riconoscimento della
Provvidenza di Dio nella vita di ciascuno. Come credenti è
necessario mantenere salda la fiducia: il Signore sostiene anche
nei momenti della indigenza e non abbandona nelle difficoltà. Il
riferimento fondamentale è dato dall'esempio di coloro che sono
stati "i capi della Comunità" e li hanno evangelizzati come
credenti. Hanno dimostrato, attraverso la Parola di Dio
annunciata e praticata, il valore della fede e il significato di
una docilità profonda al Signore. Così tutta la comunità
cristiana è ricondotta all'unico esempio che è Gesù: immutabile
nella sua preesistenza, nella sua presenza nella storia, nel suo
ritorno glorioso (v 8).
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Mt
10, 40-42 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie
me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un
profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie
un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da
bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è
un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Matteo 10, 40-42 Il capitolo 10 di Matteo propone il secondo dei cinque
grandi discorsi di Gesù ai discepoli. Se dopo l'annuncio delle beatitudini e
quindi il suggerimento dell'orizzonte nuovo che si apre ai discepoli che
seguono Gesù, attenti ai nuovi criteri di vita perché siano poi vissuti tra
la gente e dalla gente ("Gesù, guardando le folle,
disse ai discepoli: "Beati i poveri" eccetera...), questo secondo discorso
delinea la missione dei 12 che continua la stessa missione di Gesù.
Essi debbono portare la Parola e debbono guarire: illuminazione e
sapienza della mente, liberazione dalla malattia del corpo. In questo si apre
il Regno di Dio: una parola nuova e la liberazione, la lotta contro il male
dello spirito e il male del corpo. All'interno di questo itinerario
dell'umanità dolorante e impaurita un elemento fondamentale per la
liberazione che il discepolo missionario delinea è la scelta della povertà.
Il discorso missionario si chiude con la proposta ripetuta sei volte
"dell'accogliere": e i discepoli sono definiti con richiami suggestivi:
profeti, giusti, piccoli. E se i primi due sono tratti dall'Antico Testamento
come coloro che, in profonda sintonia con il Signore e la sua legge,
propongono il pensiero della sapienza, il terzo profilo, proprio di Matteo,
ci vuole indicare la semplicità, la povertà, la fiducia.
Accogliere, qui, non suppone tanto o solo una ospitalità materiale,
come nel bisogno del profeta con la vedova di Zarepta, ma si allarga
all'accoglienza del messaggio e quindi all'accettazione del testimone che
viene identificato come colui che manda e che insegna. Chi parla annuncia la
parola del maestro e quindi la parola del Padre. Un
certo significato interessante viene offerto sul perché dell'accoglienza. Non
si debbono intravedere altri motivi se non lo spessore di valori che il
profeta, il giusto o il piccolo discepolo portano e trasmettono. Si pone
quindi il problema del "perché credo?"
Io credo, perché
questo è il messaggio che Gesù mi porta. Credo, perché so che questo profeta
mi conduce seriamente a quello che Gesù vuole farmi capire. Accetto il giusto
perché mi fa comprendere ciò che vale agli occhi di Dio e mi fa riconoscere
il valore di ciò che conta. Accetto il piccolo perché egli mi porta
all'assemblea dei discepoli di Gesù e mi alimenta della confidenza e
dell'amore che Gesù porta al Padre.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |