II Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
7 settembre 2025
Mt 21, 28-32
 Riferimenti :Is 5, 1-7 - Sal 79 - Gal 2, 15-20
La vigna del Signore è il suo popolo. Hai sradicato una vite dall’Egitto, hai scacciato le genti e l’hai trapiantata. Ha esteso i suoi tralci fino al mare, e arrivavano al fiume i suoi germogli.

 Is 5, 1-7
Così dice il Signore Dio: «Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi».

Isaia. 5, 1-7
L'immagine della vigna è un prezioso impegno, una gloria per il contadino d'Israele e il suo capolavoro poiché richiede cura e attenzione, competenza e sollecitudine, fatica e operosità. Il risultato non è immediato, ma alimenta la sorpresa che rimanda a fine stagione, quando finalmente l'uva è stata torchiata e il vino è raccolto. Se tutto è andato bene, se la stagione ha mantenuto i suoi ritmi, se il lavoro si è svolto con intelligenza e con pazienza, se si è vigilato contro le bestie selvatiche e contro i ladri, con l'aiuto di Dio, finalmente, il risultato buono c'è stato.
Siamo come di fronte ad un processo. Inizia il profeta, amico di Dio, che si presenta come amico dello sposo. Lo sposo è Dio, tradito dalla sposa, il popolo che viene presentato come una vigna di cui Dio stesso si prende cura. E' il suo capolavoro ed il suo orgoglio. Perciò Israele, particolarmente custodita nella pace, deve diventare modello del progetto di Dio nel mondo: "Alla fine dei tempi nessuna nazione alzerà la spada contro un'altra nazione... Siederanno tranquilli sotto la vite, sotto il fico e più nessuno li spaventerà." (Michea 4,1-4). La vigna è simbolo di pace, di unità familiare, di festa. L'amata del Cantico dei Cantici sogna di correre tra i filari, la mano nella mano con il suo diletto: "Andremo nelle vigne; vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni, là ti darò il mio amore" (7,13). La sposa dell'uomo benedetto da Dio è come una "vite feconda" nell'intimità della sua casa (Ps 128,3).
Un verbo importante che viene richiamato nel lavoro della vigna è il verbo "fare": è il lavoro di Dio per Israele. L'altro verbo drammatico è: "aspettare", che identifica la libertà del suo popolo e la trepidazione di Dio per una risposta di amore. Il testo è insieme carico di significati e drammatico poiché rispecchia, sotto i simboli e le immagini, il dramma della infedeltà e la tragedia della violenza e della guerra. Il messaggio, che ci viene dato anche oggi, è che "li ho strappati dalla schiavitù, io li ho resi liberi, e voi non avete maturato il significato della pace, il rispetto per ogni persona, la fedeltà alla mia parola che è attenzione a ciascuno".

Gal 2, 15-20
Fratelli, noi, che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, Cristo è forse ministro del peccato? Impossibile! Infatti se torno a costruire quello che ho distrutto, mi denuncio come trasgressore. In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.

Galati. 2, 15-20
Paolo si è fermato nella regione occupata dai Galati (attuale Turchia centrale) durante il secondo viaggio missionario (50-52 d.C.) a causa di una malattia (4,13-14). Per Paolo anche questa è un'occasione e un segno per parlare di Gesù a queste popolazioni. Molti, probabilmente appartenenti a diverse comunità, accolgono il suo annuncio e sono per lo più pagani. Perciò si capisce il significato di rivolgersi, nella lettera, "alle chiese della Galazia" (1,2). Il messaggio che Paolo porta è stato, prima di tutto, sperimentato nella sua vita. E' consapevole e si preoccupa di parlarne con grande lucidità, pur rendendosi conto di dover dire agli ebrei che la legge e i riti debbono definitivamente cedere il passo alla legge di Gesù Signore.
Egli conduce i suoi ascoltatori su un'altra strada, liberandoli dalla ossessione della legge di Mosè, carica di prescrizioni che angosciano l'esistenza e rendono davanti a Dio ogni credente, continuamente, solo cosciente di infedeltà. E tuttavia, alcuni ebrei, pur convertiti alla parola di Gesù, ritengono che bisogna continuare ad essere attenti alla legge ebraica, lo predicano e quindi creano confusione. Molti rivedono la loro posizione, precedentemente assunta con Paolo, e accettano la proposta di questi ebreocristiani, probabilmente di origine farisaica, come d'altra parte lo era stato Paolo, ma esigenti e, in mancanza di confronto, anche convincenti. Quando Paolo viene a saperlo, si preoccupa non solo di chiarire la propria posizione, ma anche di richiamare i fratelli cristiani, che ha conosciuto, alla chiarezza della fede. Così, dopo aver compreso la libertà del Vangelo, le "Chiese della Galazia" stanno ritornando alla schiavitù della legge mosaica (1,6-10; 3,1-5). Paolo parla, nel suo scritto, della missione avuta da Dio, dei suoi rapporti con gli apostoli di Gerusalemme, e ripropone, con grande intensità, i temi centrali del Vangelo e l'assoluta superiorità della fede cristiana sull'antica legge. Egli tuttavia mette in guardia anche da quella mentalità che ci porta a sentirci garantiti e protetti perché impegnati in opere giuste, giuste oltretutto secondo i nostri criteri, costruiti sulla cultura corrente, sul buon senso, sulle abitudini, sulla propria sensibilità e, spesso, su luoghi comuni. La Legge di Gesù non dà molti precetti, ma ci mette a confronto su uno stile di vita, sulle scelte e i criteri che il Signore ha portato, e su una sensibilità che, in fondo, deve quotidianamente essere tradotta nel rapporto con gli altri: "Ama il prossimo tuo". Così chi è credente in Gesù non solo rispetta la legge della convivenza, la responsabilità del costruire insieme una società, ma vive anche questo rapporto sempre nuovo e sempre difficile che è quello del rivedere la propria mentalità e quindi riorganizza, ogni volta, lo stile dell'accoglienza.


Mt 21, 28-32
 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Matteo 21, 28-32
Matteo racconta, in quest'ultima parte del suo Vangelo, alcuni episodi di Gesù nella settimana precedente la Pasqua che lo porterà alla morte e alla risurrezione. Nel primo giorno, a Gerusalemme vengono ricordati due episodi (Matteo 21,1 e ss): l'ingresso messianico che Gesù stesso organizza a partire dal Monte degli ulivi e la scacciata dal tempio dei venditori, sostituendo la loro presenza con ciechi e sordi che guarisce e con i bambini in festa. Tutto questo crea sconcerto, scandalo, rifiuto dei responsabili del tempio. Il giorno seguente Gesù, che ha passato la notte con i suoi apostoli a Betania, ritorna nel tempio dopo aver simbolicamente provocato la sterilità di una pianta di fichi poiché porta solo foglie e non frutti (vv 18-22). Per tutto il giorno è rimasto nel cuore dei discepoli l'interrogativo di una maledizione per un albero che non è nella stagione dei frutti. E intanto Gesù nel tempio insegna e i capi dei sacerdoti e gli anziani lo contestano con una domanda precisa: "Con quale autorità fai queste cose? Chi ti ha dato quest'autorità?" Matteo allora riporta tre parabole: la parabola di due figli (21,28-32), la parabola dei vignaioli malvagi (21,33 46) e la parabola degli invitati alle nozze (22,1-14). Tutt'e tre queste parabole hanno, come tema, l'accoglienza del regno, la storia d'Israele nella sua essenziale vocazione e il comportamento delle autorità e degli onesti in Israele. Le tre parabole richiamano il rifiuto di fronte alle proposte di Dio, siano esse espresse dai profeti, o proposte da Giovanni Battista o suggerite dallo stesso Messia.
La parabola di oggi ha sempre, come riferimento, la vigna, grande amore di un contadino, esperto e orgoglioso del proprio lavoro, che sa operare con intelligenza e può ottenere benessere e pace. "Invitare il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico" è il sogno coltivato da ogni Israelita (Zac 3,10). La vigna è il grande progetto e il grande amore di Dio a cui non vuol far mancare persone sagge, competenti e fidate che impegnino il proprio tempo e le proprie risorse. Così il padrone (si capisce immediatamente che il padrone è Dio) chiede aiuto ai suoi due figli per la sua vigna. La proposta è fatta a tutti e due. E già questo è strano poiché nella riflessione d'Israele si parla di un unico figlio che è Israele stesso: "Dall'Egitto ho chiamato mio figlio" (Osea 11,1) e al faraone viene dichiarato: "Israele è il mio figlio primogenito" (Esodo 4,22). Ma la provocazione si allarga. Il primo rifiuta, poi va a lavorare. Il secondo non è d'accordo con il progetto del padre, ma il padre va rispettato e quindi immagina che siano sufficienti parole ossequiose. Ma le parole non bastano. Lo ha già detto Gesù: "Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt7,21).

Credo
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Amen.