Pagina 5 - Il Tassello

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LOREDANA, SILVANO E KIM-ANDREA
OVVERO
IL PASSATO NON SI CAMBIA
TRA MOGL I E
E MAR I TO
Nonna Graziella assestò una gomitata così
violenta al marito, il nonno Emilio, che questi
indietreggiò di mezzo metro, rischiando perfino di
cadere, quasi fosse stato colpito dal gancio mici-
diale di un pugile sul
ring
. Povero nonno Emilio!
Beh... povero mica tanto! La battuta che si era
lasciato scappare certo non era stata delle più
felici.
Mese di maggio di dieci anni fa; aeroporto
della Malpensa; ore 17.55; volo da Tokyo. Oltre le
transenne ecco spuntare il viso un po' affaticato,
ma sorridente e perfino fiero, di Loredana, figlia di
Graziella ed Emilio, del marito Silvano e del nuovo
arrivato: il piccolo Kim, passo deciso e per nulla
intimorito dallo sbarco nel vecchio continente, viso
tondo e, giustamente, occhi a mandorla. E nonno
Emilio: “
Oh Signur... adess ghem un neùd che 'l
par
Gengis-Khan!”. Da qui la reazione di nonna
Graziella. Kim: sei anni, coreano del nord. Sa-
rebbe stato Kim-Andrea e, soprattutto, sarebbe
stato il nuovo figlio di Loredana e Silvano.
Sono passati dieci anni, dunque. Kim-
Andrea oggi di anni ne ha sedici; è alto più di suo
padre e fa strage di cuori presso le ragazze del
liceo scientifico "Alessandro Manzoni". A giudicare
dal profitto scolastico pare che lo frequenti sol-
tanto per far strage di cuori. Veramente di stragi
ne ha fatte altre nella sua pur giovane vita: strage
di giocattoli negli anni delle elementari (chissà
perché le sue macchinine viaggiavano rigorosa-
mente senza ruote e senza portiere); strage di
biciclette negli anni delle medie inferiori (l'ultima
era talmente malridotta che non era neppure im-
mediato capire che era stata una bicicletta);
strage di motorini negli anni delle superiori (ne ha
fracassati tre, in modo irrimediabile, in meno di
due anni); attualmente fa strage di specchietti
retrovisori delle auto in sosta (e viene il sospetto
orrendo che lo faccia apposta). Il custode dello
stabile, con una vena di razzismo, lo chiama
"Terrore Giallo". Il guaio è che Loredana e Silvano
concordano con il soprannome. E c'è dell'altro:
Kim-Andrea non ne vuol sapere di obbedire; il suo
linguaggio pare da bassifondi; in camera sua
talora c'è una cortina di fumo e Loredana e Sil-
vano sono convinti che non sempre si tratti di
sigarette. Nonno Emilio talora sorride quasi soddi-
sfatto, con l'aria di chi aveva capito tutto fin da
quel giorno all'aeroporto, dieci anni prima.
Tutti vedono gli occhi a mandorla di Kim-
Andrea. Solo Kim, però,
riesce a guardare dietro a
quegli occhi. In realtà
Kim-Andrea vede e ri-
corda poco di Kim. Ha
dimenticato volentieri; e
quel poco che ricorda gli
basta: abbandono e vio-
lenza; e ancora abban-
dono e tanta solitudine; e gente che grida, urla, si
dispera... A scuola gli insegnanti avevano detto a
Loredana e Silvano che Kim-Andrea sarebbe
stato un adolescente "difficile". E così pare che
sia.
Loredana e Silvano ogni tanto si guardano
con un po' di sconforto e pensano alla fatica che
fanno con quel figlio che pure avevano tanto desi-
derato e per il quale, comunque, non esiterebbero
a dare la vita. Si sentono un po' falliti. Ma si
sbagliano. Hanno salvato la vita ad un essere
umano. L'hanno salvata
letteralmente
; ma ancora
di più: hanno restituito a quella vita umana la
dignità che spetta
di diritto
ad ogni vita umana. E
le hanno regalato un futuro.
Però non possono cambiare la storia. Non
possono tornare indietro nel tempo e portare via
quel bambino indifeso dal tempo della miseria,
dell'ingiustizia, della violenza. C'è un pezzo di vita
che è stato sottratto alla loro cura e alla loro
azione educativa. Lo sanno: è ovvio che sia così.
Eppure, è come se nel cuore volessero occuparsi
del passato del loro figlio. E non riuscendoci
provano una rabbia illogica, ma ugualmente lace-
rante. Il presente e il futuro, sì. Il passato, no.
La generazione (perché di ciò si tratta) di un
figlio adottivo è difficilissima, perché fa toccare
con mano ciò che tutti i genitori (adottivi e non)
dovrebbero riconoscere: che un figlio non lo
"fabbrichi" e che, seppure ti assomiglia, in realtà
non è tua proprietà; che, perciò, in lui qualche
cosa ti sfugge e ti sfuggirà sempre; e che la cosa
più grande che puoi fare è donargli il desiderio di
vivere e la speranza che, anche domani, un
grande sole rosso sarà in cielo a illuminare le vie
degli uomini e delle donne del mondo.
DON
S
TEFANO