Pagina 3 - Il Tassello

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I cinque sensi
IN QUESTO NUMERO
1. I
L
LINGUAGGIO
DI
D
IO
È
AMORE
Don Attilio
2. F
RANCESCO
GUSTA
LA
DOLCEZZA
DI
D
IO
Don Giuseppe
3. A
SCOLTA
E MEDITA
Don Peppino
4. I 5
SENSI
E
LA MUSICA
Gianfranco Stoppa
5. I
L
FILO
SOTTILE
Andrea Inzaghi
6. I
L
CERCHIO
DI
GIOTTO
Matteo Tognonato
7. C
HEDDONNA
E
IL
SESTO
SENSO
E
TRE
QUARTI
Chiara Pesenti
8. I
CINQUE
SENSI
Marisa Tosi
9. I 5
SENSI
…,
IN
CHE
SENSO
?!
Giulia Zanardi
CALENDARIO
10. I
N
TUTTI
I
SENSI
Silvio Ceranto
11. G
UARDIAMOCI
CON
OCCHI
DIVERSI
Luca Tessaro
12. S
E
BASTASSE
UNA
CANZONE
Giovanni Grampa
AGENDA
Francesco gusta la dolcezza di Dio
A
ll’inizio del suo Testamento, Francesco
d’Assisi racconta quella che per lui co-
stituì la vera svolta, il momento decisivo
nel quale la sua vita cambiò e da agiato figlio
di uno dei maggiori mercanti di Assisi cominciò
a diventare uno dei santi più amati della storia
cristiana, abbracciando lietamente la povertà.
La sola vista dei lebbrosi, simbolo per eccel-
lenza della marginalità e dell’esclusione sociale
in quel tempo, risultava a Francesco ripugnante;
ma “Dio mi condusse in mezzo a loro” – raccon-
ta il santo – “e usai con essi misericordia”. Da
quel momento, “ciò che mi sembrava amaro mi
fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo”.
Il linguaggio dei sensi, e in particolare del gu-
sto, comunica un mutamento totale nella perso-
nalità di Francesco, un rovesciamento completo
dei suoi valori, del suo modo di vedere le cose,
di guardare il mondo. “Dolcezza d’animo e di
corpo”: il coraggio di entrare in contatto con la
porzione più repellente dell’umanità, rappre-
sentata dai lebbrosi, trasforma non solo l’inte-
riorità, cioè la sensibilità, il cuore, gli affetti, ma
anche il corpo di Francesco, cioè la sua espe-
rienza sensoriale, il suo modo di percepire la re-
altà. Anche il racconto che le biografie
antiche del Poverello ci trasmettono
riguardo a quella esperienza ricorre
ampiamente al linguaggio dei sen-
si: si dice che Francesco si recò
all’ospizio dei lebbrosi e, radu-
natili, distribuì a ciascuno del de-
naro, baciando loro la mano,
cioè osando
toccare
gli “in-
toccabili”. E se in precedenza la sua compas-
sione lo portava a fare l’elemosina ai malati ma
servendosi di qualcuno che si avvicinasse a loro
al suo posto, perché vedendoli voltava sponta-
neamente la faccia dall’altra parte
turandosi il
naso
, ora la grazia di Dio lo faceva compagno e
amico dei lebbrosi, capace di stare in mezzo a
loro e di servirli umilmente.
Per Francesco, cambiano radicalmente i cri-
teri di valutazione della realtà: ciò che prima era
“amaro”, cioè veniva all’ultimo posto nella sua
scala di valori, ora era per lui “dolcezza”, era
cioè fonte di un nuovo e inatteso piacere spiri-
tuale. Ma il linguaggio delle Fonti Francesca-
ne ci suggerisce un altro significato della nuova
esperienza legata al senso del gusto: esso riguar-
da la preghiera, la capacità di contemplazione.
I biografi scrivono che Francesco veniva visi-
tato dal Signore attraverso l’esperienza di una
straordinaria dolcezza che gli riempiva il cuore
e quasi lo rapiva alla realtà, paralizzandolo an-
che mentre si trovava in piazza o nelle vie della
città. Come se ogni altra sensazione svanisse,
o meglio come se ogni senso si concentrasse in
un’unica, totalizzante attrazione per la dolcezza
di Dio che gli conquistava il cuore.
Forse anche noi potremmo desi-
derare che, come per Francesco,
la preghiera diventi l’esperienza
del gustare la presenza di Dio e
l’amore per i poveri trasformi il
nostro globale rapportarci alla
realtà.
Don Giuseppe