Pagina 7 - Il Tassello

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La Chiesa e i territori
Boss in incognito
Le avventure di Cheddonna
Sei assolutamente certa che nessuno mi riconoscerà?” le aveva domandato l’anziano
signore con gli occhiali a fondo di bottiglia e i baffi bianchi a manubrio che sedeva
nel salotto di Cheddonna. Quest’ultima aveva sorriso, ripensando alle innumerevoli
occasioni nelle quali, volendo pedinare IlPrincipe senza essere vista, era ricorsa ai più sva-
riati travestimenti, senza venire mai smascherata. No, Loziovescovo poteva stare tranquillo:
nessuno avrebbe capito chi fosse in realtà. Dopo i recenti scandali di Vatileaks, che avevano
gettato, con le loro ombre lunghe, sospetti e insinuazioni sui già chiacchieratissimi ambienti
curiali, Loziovescovo aveva deciso di tastare con mano la situazione della Chiesa locale, re-
candosi personalmente, sotto mentite spoglie, in una delle tante parrocchie del paese. Scar-
tate quelle della sua piccola diocesi, nelle quali il rischio di essere colto in flagrante sarebbe
stato troppo alto, aveva scelto quella di Cheddonna, che lo avrebbe presentato a tutti come
un suo vecchio zio giunto in visita per il periodo delle feste. NonnaNenna, vedendo il fratello
conciato in quel modo, aveva scosso la testa, esclamando: “Sei sempre stato un baloss fin da
piccolo, ma adess ti se propri rambambi del tutto”.
La domenica successiva, alla messa delle dieci, Loziovescovo, accompagnato da Cheddon-
na, aveva preso posto nelle prime file della navata centrale, per osservare da vicino la fun-
zione. La chiesa era piena per metà, e, al rintocco della campanella, erano sfilati sull’altare
il parroco, don Travet, e un sacerdote di mezza età, seguiti da tre chierichetti dall’aria asson-
nata. Oltre la porta, rimasta aperta, della sacrestia, si intravedeva un giovane prete, che la
nipote gli aveva detto essere il coadiutore dell’oratorio, che sfogliava con interesse un quo-
tidiano sportivo. Dalla sua postazione Loziovescovo aveva immediatamente riconosciuto in
don Travet il suo segretario di un tempo, ma quest’ultimo non dava segno di aver ravvisato
in quell’anziano sconosciuto alcunché di familiare.
La messa si era svolta secondo tutti i crismi: la tovaglia, sull’altare, era di un bianco ab-
bacinante e stirata alla perfezione, calice e patena lucidi e splendenti, l’incenso sopraffino,
sebbene, forse, dall’aroma appena un po’ troppo intenso, e i canti del coro di voci bianche
angelici. Don Travet, poi, era stato impeccabile, e si era prodotto in una dottissima omelia
terminata, dopo una rapida occhiata al costoso orologio svizzero, in dieci minuti esatti. Al
momento della comunione il giovane prete, indossata la casula, si era unito agli altri due,
per poi tornare immediatamente a immergersi nella lettura dell’articolo sulla sua squadra
del cuore, che aveva dovuto lasciare a metà. Loziovescovo era soddisfatto: in barba a tutte
le critiche che, da ogni parte, venivano mosse alla Chiesa, non aveva trovato nulla da ridire
sulla realtà di quella parrocchia di provincia, presa a campione della sua ricerca e, con sua
grande soddisfazione, non era stato nemmeno riconosciuto da don Travet, anche se non po-
teva esserne certo perché quest’ultimo, come sempre, dopo la funzione, era scappato via sul
suo fuoristrada senza fermarsi a salutare i fedeli.
Uscito dalla chiesa, però, Loziovescovo, era passato accanto al piccolo campo di calcio
dell’oratorio e aveva visto il prete di mezza età, quello che aveva concelebrato la messa che,
reggendo con una mano l’orlo dell’abito talare, giocava a pallone con alcuni ragazzini, dan-
do l’impressione di divertirsi un mondo.