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              La gioia della festa
            
            
              O
            
            
              gni anno, verso la fine di aprile, Cheddonna
            
            
              si metteva in ascolto. Tra i cinguettii degli
            
            
              uccellini tornati a nidificare sugli alberi di
            
            
              un terreno confinante con il condominio, uno in
            
            
              particolare le annunciava senza alcun dubbio l’arrivo
            
            
              della primavera: l’allegro “Cucù” del cuculo. Ogni
            
            
              volta che lo sentiva, a Cheddonna tornava in mente
            
            
              la canzoncina che le cantava NonnaNenna quando
            
            
              lei era bambina:
            
            
              “Cucù, cucù, aprile non c’è più, è ritornato maggio
            
            
              al suono del cucù.”
            
            
              Un ricordo tenero, che lei aveva voluto trasmettere
            
            
              anche a IlPrincipe, canticchiandogli, ogni anno,
            
            
              per tutti i diciannove anni della sua vita fino a
            
            
              quel momento, la stessa nenia. Anche quell’anno, a
            
            
              maggio ormai iniziato, a  Cheddonna era tornata in
            
            
              mente, e ogni tanto la ripeteva a bassa voce, a mo’ di
            
            
              tormentone. A volte spalancava le finestre e tendeva
            
            
              l’orecchio: rombi di motori, stridio di frenate, il
            
            
              vociare di qualche pedone che passava sotto il condominio, ma del verso del cuculo
            
            
              nemmeno l’ombra.
            
            
              -Strano, siamo  al sei di maggio e ancora nulla… come mai?- aveva domandato
            
            
              preoccupata a Miomarito, una volta che erano seduti a tavola.
            
            
              -Eh cara, da quando hanno tagliato tutti quegli alberi per costruire il nuovo palazzo,
            
            
              gli uccelli non vanno più là a nidificare, e il cuculo non ha più nidi da occupare
            
            
              abusivamente...-
            
            
              Cheddonna ci era rimasta male, IlPrincipe aveva segretamente esultato perché così
            
            
              sua madre avrebbe finalmente smesso di canticchiare quella  canzoncina da dementi, e
            
            
              Miomarito, per consolarla, le aveva regalato un orologio a Cucù.
            
            
              Cheddonna lo aveva subito appeso in cucina e allo scoccare dell’ora si incantava a
            
            
              guardare  l’uccellino meccanico che, uscendo da una porticina di legno, faceva cucù
            
            
              per il corrispondente numero di volte. L’aveva ammirato, compiaciuta, anche prima di
            
            
              andare andare a dormire, e già sentiva un po’ meno la mancanza del cucù in carne e ossa.
            
            
              A mezzanotte, nel dormiveglia, ne aveva ascoltato il richiamo silvestre, inframmezzato
            
            
              dal poderoso russare di Miomarito, alla una pure, alle due, alle tre e alla quattro anche.
            
            
              Alle cinque, senza mai essere riuscita a chiudere occhio, si era alzata in punta  di piedi e
            
            
              percorrendo il corridoio a piccoli passi, sulle sue babbucce tacco dodici, si era diretta in
            
            
              cucina, intenzionata a disattivare il meccanismo dell’orologio a cucù, nella speranza che
            
            
              Miomarito non se ne avesse a male, dal momento che era stato lui a regalarglielo, ma
            
            
              aveva trovato l’uccellino penzolante fuori dalla porticina dell’orologio, ormai esanime.
            
            
              Aprile non c’è più
            
            
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              Rubriche: le avventure di Cheddonna