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La sagrada Familia


I MILLE ANNI
DELLA BASILICA DI ARIBERTO
San Vincenzo a Galliano (Cantù)

Era il 1007, quando un suddiacono
della Chiesa milanese, destinato da lì a non molto
a diventarne il Pastore, rinnovava completamente
l'antica chiesa brianzola dedicata al martire spagnolo.

Il toponimo Galliano deriva dai Galli che, infiltrati nella pianura padana nel 388 a.C., qui eressero un loro villaggio. Gli scavi archeologici condotti in questi luoghi, però, hanno dato alla luce soprattutto testimonianze romane diventate assidue dopo il 196 a.C., anno in cui Marco Claudio Marcello conquistò Como. Ad iniziare dalla metà del V secolo d.C. alle are ed alle iscrizioni che provavano il culto di Giove, della Triade Capitolina, di Minerva e di alcune divinità locali, si cambiarono le prime epigrafi in cristiane. Esisteva, quindi, un edificio sacro dedicato a San Vincenzo di Saragozza -il cui sorgere è tra il V ed il VI secolo- con annesso un battistero. Da queste costruzioni deriva anche il pavimento a piastrelle geometriche di marmo bianco e nero, rimesso in uso nel presbiterio sopraelevato della Basilica e nel Battistero, ancora esistente sotto il pavimento in cotto. La Chiesa, così come attualmente conosciuta, si iniziò a riedificare nel X secolo: risalenti a questo periodo le navate su cui Ariberto d’Intimiano, intorno al Mille, fece innestare l’abside e la cripta. E fu riconsacrata Basilica dedicata a San Vincenzo proprio da Ariberto (nato nel 970 circa, fu vescovo di Milano dal 1018 al 1045), allora suddiacono e “custode” del sacro fabbricato, che probabilmente ne era il possessore per tradizione familiare. Di ciò si avrebbe una riprova dalle epigrafi graffite sotto agli affreschi dell’abside che ricordano la morte del padre, del fratello e del nipote di Ariberto.

Con l’annesso Battistero di San Giovanni, tra i più importanti edifici altomedioevali della Lombardia, la basilica di San Vincenzo si erge sul colle di Galliano e fu, per qualche secolo, pieve di Cantù.  Conosciamo la data di consacrazione della chiesa, il 1007, ed il nome, autorevolissimo, di chi la volle rinnovata nelle strutture murarie ed affrescata: Ariberto da Intimiano, poi arcivescovo di Milano. Come si presenta oggi, priva della navatella di destra distrutta in epoca moderna, è il risultato di riassetti, anche radicali, di edifici precedenti quella data, a partire, si presume, da un edificio paleocristiano ed il tono sapientemente rustico del tutto non cancella la preziosità di taluni particolari, come le finestrelle e le losanghe sul lato sinistro. Di tutt’altro tono, invece, gli affreschi più antichi, soprattutto quelli dell’abside, che sono coevi o di poco posteriori alla consacrazione: qui le tradizioni bizantine ed ottoniane si dispiegano in modi antichi e raffinati e, al contempo, severi fino ad adeguarsi, nelle storie dei Santi, alla funzionalità di tutto l’edificio.  Singolarmente omogenea e complessa, invece, la struttura architettonica del Battistero di San Giovanni, attiguo alla Basilica. Non ancora sufficientemente studiato, incerta ne è la datazione: se esso sia contemporaneo o non piuttosto precedente il riassetto aribertiano della chiesa. Comunque gli studiosi sembrano concordi nel rilevarne, per la particolare pianta cruciforme e per la verticalità dell’impianto sottolineata dall’impostazione del matroneo e del triburio, l’ascendenza carolingia, mediata attraverso modelli lombardi.  Il complesso monumentale, già sottoposto a restauri tra ‘800 e ‘900, ha subito negli ultimi decenni un forte degrado indotto soprattutto dall’umidità. Per questa ragione sono attualmente in corso nuovi restauri radicali che consentiranno anche di meglio precisare le vicende storiche ed artistiche dei due edifici.


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