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IL SANTUARIO DI TIRANO

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Campanili, chiese e cappelle disseminati ovunque: pietre che parlano d'una fede che è la sola anima della storia di tutta la regione. E i prati, i vigneti, i campi sembrano snodarsi tutti intorno come vasti sagrati ... Questa è una valle dove la Chiesa è l'intero villaggio e a toccar la Chiesa tutti si sentono feriti, i vivi e i morti, da secoli ... Quando si arriva a Madonna, è questa medesima storia che diventa epopea: il poema sacro che deve ancora essere narrato in un volume degno; e intanto è inciso nella pietra, fiorita in mezzo alla piazza, per miracolo di fede e di genio insieme: una bellezza rarissima e completa, capace di resistere ai confronti delle maggiori cattedrali». CosÌ scriveva - era il 1954 ­il poeta, e frate servita, David Maria Turoldo in un articolo intitolato Viaggio per Madonna di Tirano. E cosi potrebbe ripetere oggi il pellegrino, o il turista, trovandosi a percorrere questo estremo lembo di Lombardia, in provincia di Sondrio, al centro delle Alpi. Proclamata nel 1946 da Pio XII «spe­ciale patrona celeste di tutta la Valtellina», la Beata Vergine di Tirano è venerata nel luogo dove apparve, cinquecento anni fa, a un nobile del posto, Mario Omodeo, da allora chiamato "beato" Mario. Era l'alba del 29 settembre 1504 quando l'uomo, recandosi in un coltivo, ebbe la visione prodigiosa: fu proprio la Vergine a chiedergli che fosse costruito in quel luogo un santuario a lei dedicato. Sorse così, progettato dai fratelli Rodari di Como - fra i più valenti costruttori del Rinascimen­to locale - e realizzato in tempi sorprendentemente rapidi per l'epoca, quello che rappresenta il più bell'esempio di Rinascimento in Valtellina. A tre navate a croce latina, ricco di stucchi e sculture, conserva oggi all'interno un colossale organo, preziosa opera d'intaglio iniziata nel 1608 dal bresciano Giuseppe Bulgarini e completata nel 1638 dal milanese Salmoiraghi. Testimonianze dell'epoca documentano che vi si celebravano uffici già il 21 marzo 1506, ma la consacrazione solenne av­venne il 14 maggio 1528 per mano del vescovo di Como. Qui meditarono nel corso dei secoli cardinali e viceré: da Carlo Borromeo (che nel 1580 sostò un'intera notte ai piedi della statua della Vergine) al governatore di Milano don Gomez duca di Feria (1612), dall' arciduca Ranieri, viceré della Lombardia (1830), all'imperatore Ferdinando I in visita con la moglie nel 1838. In tempi più recenti il santuario di Tirano è stato meta di pellegrinaggio dei cardinali Schuster, Roncalli e Montini. Fin dal 1514 nel giorno anniversario dell'apparizione si tiene presso il santuario una grande fiera internazionale, in occasione della quale vigevano in passato particolari esenzioni fiscali concesse dai governanti Grigioni. Oggi la tradizione prosegue con la Fiera di San Michele (26 settembre), che acquista rilevanza particolare nel 5000 dell'apparizione. I festeggia­menti per il solenne annIversano sono già cominciati il 20 settembre 2003, quando alle 5.30 del mattino il cardinale segretario di Stato vaticano, Angelo Sodano, celebrò la Messa d'inizio della novena.
Quest' anno alla ricorrenza farà da corollario un fitto programma, che affianca iniziative religiose ed eventi culturali, sportivi e di spettacolo e che vede la collaborazione di tutte le associazioni locali. Dal 20 settem­bre prenderà avvio la novena del Cinquecentenario, mentre il concerto celebrativo, promosso dall'Associazione Amici della Musica, è in programma per 1'8 ottobre. Per tutto il mese di ottobre resterà aperta la mostra filatelica con il francobollo del Cinquecentenario dell'Apparizione

Il Santuario sorge proprio nel punto dove, il 29 settembre 1504, festa di S. Michele, la Vergine Maria apparve al beato Mario Homodei, salutandolo con le parole: "Bene avrai" e chiedendo espressamente la costruzione di un tempio in suo onore con la promessa di salute spirituale e corporale a chi l'avesse invocata. L'immediato consenso creatosi intorno all'apparizione indusse le autorità di Tirano a chiedere alla Curia di Como l'autorizzazione per la costruzione del santuario. Questa fu subito concessa. Infatti il 10 ottobre 1504, undici giorni dopo l’evento, Guglielmo Cittadini, vicario del vescovo di Como, cardinale Antonio Trivulzio, autorizzava, con il permesso di celebrare la messa, la costruzione di una basilicam seu ecclesiam in onore della Vergine, sul luogo dell’Apparizione, dove già era stata eretta con frenetico zelo una cappella. Neppure sei mesi dopo l'apparizione, esattamente il 25 marzo 1505, fu posta la prima pietra. Presunti architetti i fratelli Rodari, Tommaso, Giacomo, Donato e Bernardino, originari di Maroggia sul lago di Lugano, nel Canton Ticino della Svizzera. Nel 1513 la chiesa era già officiata, anche se incompleta. Numerosi maestri d'arte, nei secoli successivi, gli diedero l'attuale bellezza e ricchezza artistica.

L'ESTERNO

La facciata è imponente e armoniosa. Non è difficile infatti cogliere, fin dal primo sguardo, lo straordinario senso di equilibrio originato dal rigore geometrico al quale si ispirano l’insieme e le singole parti architettoniche, caratteristica dell’arte rinascimentale, codificata da grandi trattatisti, primo fra tutti, da Leon Battista Alberti. Suddivisa da lesene e cornicioni, propone lo splendido portale marmoreo di Alessandro Della Scala, artista di Carona sul lago di Lugano, che lo realizzò tra il 1530 e il 1534.
Il portone ligneo, pregevole opera d’intaglio, è stato realizzato nel 1602 da Arnolt Tiafelt, originario di Feldkirch nel Vorarlberg
Il campanile è alto e maestoso, in stile lombardo con un piano a bifore e quattro a trifore. Risulta che nel 1526 la torre restava incompiuta, non si sa a che livello. Tale rimase fino al gennaio 1576. Il 4 giugno dello stesso anno si riprese il lavoro con frenetica operosità tanto che a fine luglio la parte muraria era ultimata e si stava approntando la copertura provvisoria con travi di larice e lastre di rame
La cupola è opera di Pompeo Bianchi, ingegnere della Fabbrica del duomo di Como, e fu costruita negli anni 1580-1585. Perfetta ed aerea con le sue nervature terminanti in leziosi riccioli di sapore veneziano e coronata dalla lanterna, sulla cui sommità svetta san Michele nelle vesti di guerriero. La girevole statua venne realizzata in bronzo con finimenti in rame, oro e argento nel 1589 da Francesco Guicciardi di Ponte in Valtellina.

L'INTERNO misura 20,35 metri in lunghezza e 14, 40 in larghezza. Lo stile è un intrecciarsi tra puro rinascimento e gusto barocco. La pianta è a croce
latina
dalla quale si levano il coro con l’abside e, su robusti pilastri, le tre navate, divise in altrettante campate dalle volte a crociera, l’ultima delle quali alta a formare il transetto, al cui centro si apre la cupola.
Il transetto è impreziosito dagli stucchi e dalle decorazioni marmoree di Pompeo Bianchi, di Domenico Fontana (1590-1599), e in un secondo momento (1608) da quelle di Martino Borserio di Stazzona di Villa di Tirano.
Tra gli affreschi è notevole dal lato storico (1513) quello dell'Apparizione della navata di sinistra opera di ignoto. Il dipinto, che è anche un ex voto, rappresenta con ingenua freschezza di composizione e ricchezza di particolari la scena dell’Apparizione nel suo contesto ambientale.
Molti i dipinti su tela:
a) il quadro, del 1576, che rappresenta il miracolo della risurrezione dei due bambini tirolesi, avvenuto il 26 marzo 1506, il giorno dopo la posa della prima pietra del tempio, è opera di Cipriano Valorsa di Grosio;
b) le cinque tele nel presbiterio, dipinte tra il 1634 e il 1637 da Giovan Battista Recchi di Como, presentano i momenti salienti della vita della Vergine Maria;
c) il grande telo che copre l’organo (mt. 5 x 6) raffigura l’incoronazione della Madonna ed è opera (1650-1651) del pittore Carlo Marni di Bormio e del suo collaboratore Domenico Stella.
L'altare maggiore, dalle sinuose linee settecentesche, edificato in stile romano nel 1748, in marmo nero di Varenna e intarsiato con altri marmi policromi, come pure le balaustre, sono opera di G. B. Galli di Clivio.
Sul luogo dove la Madonna apparve sorge la cappella dell’Apparizione che è il cuore del santuario. E’ la sola parte sporgente dal perimetro dell’edificio rinascimentale ad indicare, già all’esterno, il ‘luogo santo e benedetto’. Rilevante dal punto di vista artistico è soprattutto la parte scultorea marmorea cinquecentesca, di chiara matrice ‘rodariana’. Altre statue, specie putti, in stucco, animano gli ornamenti della volta realizzati sul finire del Cinquecento da Martino Borserio di Stazzona di Villa di Tirano, in cui spiccano i riquadri di pittura. Sono state recentemente (2003-2004) rimesse in luce anche dipinture secentesche fatte sulla base degli originali ad olio nel 1602-03 da Giovan Pietro Homodei.
L’altare dell’Apparizione: pur inserito nel contesto architettonico e decorativo della cappella, rivela uno stile molto diverso, di gusto neoclassico, imperiale, in lucido marmo di vario colore. E’ un manufatto costruito per sostituire l’altare costituito da un’antica ancona lignea intagliata da Giovan Angelo Del Majno di Pavia tra il 1519 e il 1524. Questo altare fu spogliato, distrutto e trafugato nel 1798 per ordine napoleonico. Quello nuovo, invece, fu realizzato tra il 1801-1802 su progetto di Gian Maria Pianta e realizzato da Gabriele Longhi. Nell’edicola sull’altare dell’Apparizione domina la statua lignea policroma e
dorata della Madonna
, opera – con le sette statuette dello ‘scurolo’ – del già citato G. A. Del Majno. Il vano dietro l’altare è chiamato ‘scurolo’, l’angolo più appartato di tutto il tempio. ‘Ubi steterunt pedes Mariae’: la scritta ‘dove si posarono i piedi di Maria’ indica il luogo esatto dell’Apparizione, luogo che favorisce il raccoglimento e permette al fedele di entrare in personale contatto con la Madonna lì apparsa.

L'organo è l'opera più pregevole cha dà al santuario una larga fama e suscita l'ammirazione dei visitatori. Alto quasi 14.50 mt. è sorretto da otto colonnine di marmo rosaceo, provenienti da Arzo nel Canton Ticino. La gran cassa, in legno finemente intagliato, fu realizzata dal bresciano Giuseppe Bulgarini tra il 1608 e il 1617. Ma poteva dirsi completata solo nel 1638, quando il milanese G.B. Salmoiraghi intagliava abilmente i delicati pannelli del parapetto che rappresentano la Natività, i Magi e la Circoncisione. Per la maggior parte l’opera monumentale è di larice rosso. La parte strumentale, con 2.200 canne (inizialmente) di purissimo stagno, è stata più volte restaurata ed è tuttora in funzione e accompagna le celebrazioni liturgiche festive. Fu commissionata ai fratelli Tommaso e Domenico Mearini di Brescia, ma fu realizzata in effetti dal milanese Michelangelo Valvassori tra il 1639 e il 1641. Numerosi gli interventi per ‘netare e agiustare’ la parte strumentale che venne nel 1882 parzialmente rinnovata da Luigi Parietti, allievo del celebre Serassi di Bergamo. L’organo, per sua natura strumento di celebrazione sacra tramite il suono della musica e l’accompagnamento dei canti, qui diviene già nella struttura un inno di lode a Dio Padre Onnipotente che si affaccia in alto con le braccia tese per accogliere le preghiere e le suppliche che con la musica e il canto s’innalzano a Lui. Anche il pulpito, artisticamente intagliato, si riteneva opera del già citato G. Bulgarini. In realtà è opera di sconosciuto che lo realizzò tra il 1559-MDC, date leggibili tra gli intagli alla base delle statuette di S. Michele Arcangelo e S. Martino, patrono di Tirano. Dirimpetto all'organo è posta la cantoria, ricca d'intagli e pitture, iniziata nel 1768 e finita nel 1770 dall’intagliatore Giovan Antonio Pianta. Elegante nel suo andamento sinuoso, tipicamente settecentesco, è il parapetto in legno laccato con parti dorate e ornamenti ad intaglio con graziosi putti musicanti di fine esecuzione e cinque specchi sagomati disposti sul fronte con dipinti attribuiti a Giovan Pietro Romegialli di Morbegno. Tutte queste (e altre) pregevoli opere d’arte presenti in santuario sono il frutto dell’ingegno degli artisti, ma soprattutto della fede e dei sacrifici dei nostri padri.

 

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Redazione Web: don Sergio, Achille, Dario

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