Anno 2003
Numero 3 - Dicembre 2002
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Se fossimo a Torino, se fossimo tra le fabbriche della Sicilia, se
fossimo tra i terremotati del Molise o nelle valli della bergamasca e del lecchese, se fossimo in Argentina o
nell?Iraq, se fossimo tra le montagne dell'Afghanistan o nelle case americane dove si piange per i gesti di
terrore, se fossimo tra le stradine della Palestina o di qualche paese africano, chiss?come potremmo augurare
il buon Natale. Forse in punta di piedi, forse con una stretta di mano pi?intensa o un regalo azzeccato, forse
stringendosi, forse giocando con i bambini di quelle regioni. Per ora il modo migliore per girare questo strano
mondo, dove c'?il freddo della povert? della morte e della precariet? ?quello di rendere il nostro Natale
semplice e sincero, lontano dagli sperperi e dalle esagerazioni, pi?spirituale e intenso. Non possiamo
ritenerci dei privilegiati per il fatto di essere ?fuori? da questi problemi, perch?un filo ci lega
inevitabilmente a loro. Siamo in una globalizzazione delle gioie e delle sofferenze che ci invita a "portare
gli uni i pesi degli altri". Le festivit?che vivremo sono certamente legate alle nostre case, ma restano
aperte al mondo, fatto di persone, di famiglie, di bambini, fatto di lacrime e della durezza della vita: tutto
molto reale! E Dio entra nel reale, in una grotta!
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