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LA DOMENICA E IL SUO RITMO
Penso che definire la do-
menica come giorno di festa
sia la cosa più semplice e ov-
via per tutti; anche se vissuto in
modi diversi, rimane il ritmo
che scandisce il resto dei giorni
della settimana. La domenica è
in questo senso il giorno “degli
uomini”, come luogo e momen-
to del riposo, della gioia, del
tempo per sé e per gli altri. La
domenica però per noi non è
solo questo, è il giorno che ri-
chiama il senso della nostra
storia (dalla creazione alla Pa-
squa di Gesù) ed è lo strumen-
to a disposizione per la nostra
settimana o meglio è quello
strumento, affidato alle nostre
mani, per custodire la nostra
identità.
Pensavo a tutto questo
rileggendo alcune affermazioni
fatte durante la “quattro giorni
catechiste” di settembre e pen-
savo soprattutto a come in più
di un momento si è sottolineato
il valore della celebrazione del-
la domenica. Credo che quan-
do ci si riferisce alla celebrazio-
ne domenicale si allarghi un
po’ lo sguardo: si arriva così ad
evidenziare un giorno della set-
timana sugli altri proprio perché
siamo
noi
che
viviamo questa gior-
nata nel suo insieme
in modo diverso
fino a farne un
mosaico.
Mi ha colpito
ciò che è stato
detto in una serata
(forse perché è stato per me
provocatorio e lontano dalla
domenica di “riposo” a cui subi-
to penso) riguardo alla celebra-
zione come una strada che
passa attraverso la consapevo-
lezza, la pienezza e l’attività.
Comprendere non è cer-
to un “capire intellettuale”, pie-
nezza è nel senso di coinvolgi-
mento totale di una persona
che mette in moto tutto per ve-
dere la salvezza, attività come
“appartenenza” e partecipazio-
ne ai gesti, alle parole e, per-
ché no, anche alle provocazio-
ni di questo giorno. Tutto que-
sto non prevede una spiegazio-
ne attimo per attimo ma pensa
e vede la celebrazione come
un mosaico: nessun pezzetto
ha un senso se io lo tengo tra
le mani da solo ma quando lo
appoggio accanto agli altri allo-
ra riesce a parlare di sé nel suo
insieme. E allora ognuno di
questi pezzetti che racconta di
sé scandisce un ritmo: è il rit-
mo del mio riposo e del riposo
di Dio intento a mettere la Sua
energia nel mio quotidiano.
B
ARBARA
- come aveva scritto giustamente
don
Stefano
-
“ad una certa età già si fa abbastanza fatica an-
che solo a non peggiorare il proprio carattere”.
Quanto alla
flessibilità della mente
è vero
che dobbiamo esercitarla e cercare di conservare
la nostra capacità sia di adattamento alle varie
situazioni e ad ambienti diversi, sia di apprensio-
ne di nuove idee e di assuefazione a nuovi con-
cetti. Però non bisogna nemmeno illudersi che
ciò sia tanto facile. A proposito di tale capacità
della mente, ecco ciò che scrisse
Norberto Bob-
bio
: “
La lentezza del vecchio è penosa per sé e
alla vista degli altri. Suscita più compatimento
che compassione. Il vecchio è
destinato
natural-
mente a restare indietro, mentre gli altri avanza-
no. Anche le sue idee escono più lente dalla te-
sta. Quelle che ne escono sono sempre le stes-
se. Che noia! Si ripete senza accorgersene, per-
ché il meccanismo della memoria si è inceppato.
La situazione è aggravata dalla rapidità del muta-
mento dovuto al progresso scientifico e tecnolo-
gico: il nuovo diventa subito vecchio. Il tenersi
aggiornati in qualsiasi campo richiederebbe un’a-
gilità mentale superiore a quella di un tempo, e
invece la tua va a poco a poco diminuendo. Io
sono tornato a scrivere con la penna stilografica
(in modo illeggibile), eppure sul tavolino al mio
fianco fa bella mostra di sé un computer. Mi met-
te soggezione. Dicono che la saggezza per un
vecchio consiste nell’accettare rassegnatamente
i propri limiti. Ma per accettarli, bisogna cono-
scerli. Per conoscerli, bisogna cercare di darsene
una ragione. Non sono diventato saggio. I limiti li
conosco bene, ma non li accetto. Li ammetto,
unicamente perché non posso farne a meno”.
Un concetto dev’essere ben chiaro: l’eser-
cizio mentale è sicuramente utile, ma non serve
ad evitare l’invecchiamento. Serve solo a
ritarda-
lo
. Un vecchio adagio ricorda:
“Oggi a me, doma-
ni a te”,
il che significa
:
quel che oggi tocca a me
domani toccherà a te perché le sorti buone e cat-
tive giustamente si alternano. Insomma non biso-
gna mai dimenticare che la vita è una
ruota,
per
cui chi avrà la fortuna di invecchiare, un giorno si
sentirà dire - da chi sarà più giovane di lui - ciò
che lui dice ai giovani d’oggi. E’ bene comunque
tener presente una realtà ricordata da
Norberto
Bobbio:
“
L’emarginazione dei vecchi è una dato
di fatto che è impossibile ignorare
”.
W
ILDO