Pagina 10 - Il Tassello

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LIBERI SCRITTORI
C
oncordo con
Vittorio Buttafava
che ha
scritto:
Riconoscere i propri errori è, a mio
avviso, la miglior prova di maturità che un
uomo possa dare
”.
Reputo perciò importante sottoporsi sal-
tuariamente ad esami di coscienza, come io ho
l’abitudine di fare (il mio diario è pieno, infatti,
di questi
esami
anche sotto forma di
autointer-
viste).
Mi chiedo se i giudizi che esprimiamo
su noi stessi sono davvero obiettivi. Si
sa che tutti noi siamo portati - per natu-
ra - a sopravvalutare le nostre qualità
positive e a sottovalutare quelle negati-
ve; quando invece si tratta di giudicare
il prossimo, avviene, generalmente, il
contrario (e ciò perché nessuno vorreb-
be sentirsi inferiore agli altri).
Io - ad esempio - mi vanto di es-
sere una persona sincera, abituata a di-
re
“pane al pane e vino al vino”,
al
contrario di tanta gente che invece non
ha l’abitudine di dire chiaramente quel che
pensa. Ciò è vero, però c’è anche un altro a-
spetto che credo sia giusto valutare ed è quello
concernente il cosiddetto
savoir-faire
”,
vale a
dire:
“Capacità di destreggiarsi in ogni eve-
nienza con tatto e disinvoltura, basata sul ri-
spetto delle convenienze sociali”.
Sì, devo ri-
conoscere, onestamente, che tale capacità ha
sempre difettato in me, forse a causa del tipo
d'educazione ricevuta dai miei genitori (e in
particolare da mia madre, la quale detestava
l’ipocrisia).
Ecco perché mi sono soffermato a lungo
su un pensiero contenuto nel taccuino di
Butta-
fava,
pensiero di cui riporto integralmente il
testo qui appresso:
Detesto gli uomini che proclamano: “Io
sono sincero, dico quello che penso. Se una
cosa non mi va, la grido in faccia subito”. De-
testo questi uomini perché, con stupida ipocri-
sia, vogliono far passare per sincerità la loro
maleducazione.
Essere sinceri significa non
mentire, non ingannare, non tradire, e questa è
una virtù; ma litigare sempre – e con tutti –
dire cose sgradevoli, offendere, significa rite-
nersi giudici infallibili del prossimo e ricono-
scere a se stessi il diritto di umiliare. Gli uomi-
ni hanno il dono della parola – è vero – ma
anche il dono del
silenzio
, che – spesso – vuol
dire rispetto degli altri, comprensione, riserva-
tezza. Chi non ha questo rispetto, abbia almeno
il buon gusto di non proclamarsi virtuoso. Dal
momento che si ritiene “sincero”, ammetta
“sinceramente” di essere un villano e di meri-
tare l’antipatia che gli altri, con il loro duro
silenzio, provano per lui”.
A proposito di
savoir-faire
”,
ecco ciò
che il sottoscritto scrisse quasi un anno fa:
“...
Ebbene, se c’è una buona qualità che
difetta in chi scrive è proprio il
tatto
per-
ché ho sempre avuto l’abitudine (bella o
brutta che sia ) di parlare liberamente,
con assoluta sincerità e senza mezzi ter-
mini. Insomma, come si suol dire, non
ho peli sulla lingua, il che mi può pro-
curare, talvolta, difficoltà nei rapporti
col mio prossimo perché le persone, in
genere, sono piuttosto suscettibili e si
adombrano
abbastanza
facilmente
(soprattutto se le obiezioni colgono nel segno)
.
Per questo posso dire d’aver tratto un
utile insegnamento da
don Stefano,
nella sua
qualità (oltre che di psicologo e sacerdote) di
scrittore. Mi riferisco esattamente alla sua in-
teressante rubrica intitolata “Tra moglie e ma-
rito” pubblicata dal periodico parrocchiale “il
Tassello”.
Credo che il modo migliore per dare utili
consigli a coloro che ne abbisognano, sia quel-
lo da lui adottato che consiste, in pratica, nel
riferirsi a qualcuno ma
indirettamente,
ossia
parlando di un personaggio puramente imma-
ginario. Ecco come si giustifica questa breve
premessa riportata sotto il titolo della sua suc-
citata rubrica: “Ogni riferimento a situazioni o
persone sarà puramente casuale… Ma se qual-
cuno si sentirà chiamato in causa… ebbene,
avremo raggiunto già un piccolo risultato”.
Tutti noi abbiamo il dovere morale di
renderci utili al nostro prossimo e per questo -
oltre a produrre beni e servizi (utili alla collet-
tività) - dobbiamo cercare di migliorarci, non
solo nel nostro tornaconto individuale, ma an-
che nell’interesse della società civile di cui fac-
ciamo parte.
W
ILDO
UNA PROVA DI MATURITA’
CITAZIONE DEL LIBRO“LA VITA È BELLA NONOSTANTE”