Pagina 10 - Il Tassello

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MI RITORNI IN MENTE…
R
ICORDI
SBOCCIAVANO
LE
VIOLE
Con le nostre parole
“non ci lasceremo mai
mai e poi mai”.
Vorrei dirti, ora, le stesse cose
ma come fan presto, amore,
ad appassire le rose
così per noi.
L’amore che strappa i capelli
è perduto ormai
non resta che qualche svogliata carezza
e un po’ di tenerezza.
E’ una canzone fine anni sessanta, parole e musica di Fabrizio De
Andre’, che naturalmente invito ad andare a riascoltare sulle raccolte ap-
pena ristampate o sui vecchi dischi in vinile di qualche genitore o
nonno.
D’acchito potrebbe risultare un testo triste ma scorrendola be-
ne alla fine c’è un grosso motivo di speranza, una ricerca infinita e co-
stante di un nuovo e più bello amore e la vorrei dedicare a tutte quelle persone, vecchie o giovani,
ragazzi e nonni che hanno ancora la voglia di innamorarsi, di far battere il cuore per qualcosa di
positivo, per ritornare a vivere, magari dopo un’esperienza negativa.
Fra poche settimane ricorre il 14 febbraio, la festa degli innamorati: vorrei solo ricordare, come già
trent’anni fa Baglioni nella canzone “Mia libertà” che l’amore non s’impara dentro i Baci Perugina
ma spendendo tutte le proprie energie per far riaccendere ogni giorno quel fuoco cui non deve mai
mancare la legna. A ciascuno dei lettori lascio la fantasia di cercarsi la propria legna.
G
IOVANNI
G
RAMPA
LA CANZONE DELL’AMORE PERDUTO
E quando ti troverai in mano
quei fiori appassiti
al sole di un aprile
ormai lontano li rimpiangerai.
Ma sarà la prima
che incontri per strada
che tu coprirai d’oro
per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.
E sarà la prima che incontri per strada,
che tu coprirai d’oro
per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.
Nevica piano mentre giun-
giamo alla nuova casa
di Indira.
Sì, nuova casa! Certo, manca
ancora il tetto… Papà Hidriz
è morto la scorsa primavera senza poter ultima-
re ciò che, con tanti sacrifici e il vostro aiuto,
stava costruendo…Ma è comunque una casa!
Ora la madre Hana, e le due figlie rimaste non
vivono più nel fatiscente appartamento del cen-
tro di Sarajevo.
C’è una catasta di legna ammucchiata fuori
dalla porta di ingresso. Varcata la porta fa an-
cora troppo freddo; entriamo senza toglierci le
scarpe come sarebbe uso da queste parti. Nel
corridoio di ingresso ci accoglie un’altra cata-
sta di legna.
Hana ci fa accomodare nell’unico locale riscal-
dato di quella che ora fatichiamo a chiamare
“casa”. In cucina la legna arde nella stufa…
Il divano e i pochi mobili presenti sono scostati
di una spanna dalle pareti della stanza. I muri
sono invasi da macchie di umidità dal soffitto
al pavimento, rendendo evidente come la man-
canza di un vero tetto rischi di vanificare gli
sforzi compiuti da Hidriz per dare alla propria
famiglia una sistemazione dignitosa.
Davanti ad una tazza di caffè turco la nostra
amica Dzana spiega ad Hana come vorremmo
aiutarla. Abbiamo pensato di acquistare degli
armadi per ordinare i vestiti che al momento
stanno impilati alla rinfusa nel locale.
Hana è contrariata, Dzana ci traduce il suo pen-
siero; ci dice che se vogliamo veramente aiu-
SARAJEVO, 15 DICEMBRE 2007