Pagina 1 - Il Tassello

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Anno XI - N. 8
28 Giugno 2009
Parrocchia Santa Maria Regina, Busto Arsizio
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Un sacco bello
Mentre scrivo ho davanti agli
occhi un crocifisso, uno di quelli
semplici ma espressivi dell’uma-
nità sofferente di Gesù. Voglio
parlare della bellezza partendo proprio
dalla croce, simbolo cristiano per eccel-
lenza ma preso spesso in prestito da
chiunque abbia un dolore da portare
nel cuore.
Abituati da due millenni di Cristia-
nesimo, capita di dimenticare che quella
croce è stata uno strumento di tortura e di morte
per migliaia di persone, divenendo così emblema
di maledizione e bruttezza, rappresentazione della
morte atroce per sfinimento e asfissia. Eppure, per
noi, che abbiamo esperienza del Crocifisso risorto,
quel simbolo spregevole è segno della bellezza infi-
nita della misericordia di un Dio grande che nella
morte del Figlio ha offerto la vita eterna all’umanità
intera. Nell’equilibrio della fede, la croce continua a
mantenere la duplice valenza di bellezza infinita e
bruttezza senza pari. Bella perché amore che salva;
brutta in quanto dolore sovrumano. È su questo con-
trasto tra vita e morte presente nella croce che voglio
dire qualcosa circa la bellezza, superando, o almeno
non facendovi espressamente riferimento, i canoni
codificati della bellezza.
La bruttezza della croce sta nel sequestro violen-
to della vita di un uomo reso impotente in ogni sua
azione, bloccato e costretto nella sua libertà, inchio-
dato e schiacciato sino a rubagli la vita. Questa forma
estrema di bruttezza ne rischiara il concetto stesso:
brutto è ciò che è stantio, bloccato, inerme, apatico,
inanimato, senza forza, incapace di libertà e proietta-
Bello è il Verbo
nell’invitare alla vita
Il concetto di bellezza ha accezioni di-
verse secondo il contesto cui viene ap-
plicato.
Nel corso dei millenni è stato declinato
in modi spesso diametralmente opposti,
seguendo le vicende storiche e politiche,
diverso alle diverse latitudini, variabile
con il variare dei gusti e del sentire dei
popoli.
L’dea di bello è quanto di più soggettivo
possa esserci; proprio per questo la sag-
gezza popolare ha coniato il detto “non
è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che
piace”, con buona pace di coloro che, per
secoli, hanno tentato di imprigionare la
bellezza in rigidi canoni stilistici, nel ten-
tativo di determinare una volta per tutte
cosa è bello e cosa non lo è. L’uomo, pur
essendo creatura, a volte diviene creato-
re di opere d’arte così mirabili da resi-
stere all’usura dei secoli e ai mutamenti
della società. In queste opere è presente
una scintilla della vitalità che l’artista
è riuscito a trasfondere loro, raggiun-
gendo il cuore della maggior parte di
coloro che le guardano. Eppure non c’è
opera d’arte, per quanto ammirata , che
sia “bella” per tutti gli uomini, in ogni
tempo. Ma se è vero che , da un punto di
vista umano, “la bellezza è negli occhi
di chi guarda”, è altrettanto vero che vi
sono altri capolavori in grado di susci-
tare in noi l’idea assoluta del bello.
Basta pensare a certi spettacoli della
Natura: alle montagne immense e solo
apparentemente immobili, al cielo, mu-
tevole e carico di mistero , al mare in
tempesta, a certe notti stellate…al sor-
riso dei bambini. In essi si sente palpi-
tare la Vita; quel soffio creatore capace
di trasformarci da semplici spettatori in
veri attori, di farci sentire parte di quel-
la Bellezza dalla quale e per la quale
siamo stati creati.
La redazione