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Un sacco bello
to alla morte.
In contrapposizione prende forma il con-
cetto di bellezza quale espressione di vitalità,
movimento, fermento, dispiegamento della
libertà, germoglio di vita. Bello o brutto non
è dunque ciò che più si avvicina a dei canoni
stilistici già dati, ma quanto rende presente
o annichilisce il mistero della vita e di tutti i
suoi derivati.
Applicare queste parole alle nostre cose di-
venta facile: bella è quella persona che vive,
che cerca il futuro, che rifugge l’apatia e cerca
espressione e amore. Bella è quella comunità
cristiana che non si bea di sé, che spinge il
suo sguardo lontano, che vive nella sua città,
che supera la tentazione di sentirsi appagata.
Bella è la comunità in espansione, oppure,
detto in termini più ecclesiali, bella è la co-
munità in missione raggiunta dal fuoco dello
spirito santo: supera il baratro dell’isolamen-
to e si apre ai linguaggi del mondo, crea ponti
di relazione con chi è lontano, inventa nuove
vie per arrivare a chi ancora non conosce il
Signore o l’ha dimenticato.
La bellezza non nasce dunque dal nulla
ma viene generata; non germina spontane-
amente ma come esito di un lungo lavoro
di educazione della coscienza in ordine alla
custodia della vita. Per noi cristiani, crea-
re bellezza significa raccogliere l’eredità del
Verbo di Dio che nella sua bellezza infinita
ha lasciato il cuore della comunione trinitaria
per la missione di incarnazione nella storia
degli uomini.
Sant’Agostino nelle
Enarrationes in Psal-
mos
(XLIV,3) così diceva:
“Bello è il Verbo nato fanciullo, perché men-
tre era fanciullo e succhiava il latte, mentre
era portato in braccio, i cieli hanno parla-
to, gli angeli hanno cantato le lodi... bello
nell’invitare alla vita, bello nel non curarsi
della morte, bello nell’abbandonare la vita,
bello nel riprendersela, bello nel sepolcro e
bello sulla croce.”
Don Attilio
Come non pensare alla lettera pastorale
del Card. Martini per l’anno pastorale
1999/ 2000? Ricordate il titolo?
Quale
bellezza salverà il mondo?
Mi ha fatto pensare allora, e mi fa
riflettere oggi, sul significato del tempo e
della storia così travagliata dentro paure,
dolori, tragedie di questi nostri tempi. Come
vivere con un po’ di ottimismo e serenità in
un mondo demotivato e stanco? Che cosa
ci può dare un colpo d’ala, un orizzonte di
gioia e di speranza? Il Card. Martini nella
sua riflessione parte citando un passo del
romanzo di Dostoevski (L’idiota), dove
l’ateo Ippolit pone una domanda al principe
Myskin :
“E’ vero, principe, che voi diceste un
giorno che il mondo lo salverà la bellezza?
Signori, gridò forte, il principe afferma che
il mondo sarà salvato dalla bellezza… ma
quale bellezza salverà il mondo?”
Il principe non risponde alla domanda,
come Gesù un giorno non rispose a Pilato,
che gli domandava:
“Che cosa è la verità?”,
se non con la sua presenza.
“Sembrerebbe quasi che il silenzio
di Myskin che sta accanto con infinita
compassione di amore al giovane che sta
morendo di tisi a 18 anni, voglia dire che la
bellezza che salva il mondo
è l’amore che
condivide il dolore.”
Perciò la bellezza
che salva, ragiona il Card. Martini, non è la
bellezza seducente che allontana dalla meta
alla quale aspira il nostro cuore.
“E’ invece
la bellezza tanto antica e tanto nuova,
che Agostino confessa come oggetto del
suo amore purificato dalla conversione, la
bellezza di Dio; la bellezza che caratterizza
il pastore che ci guida con fermezza e
tenerezza sulle vie di Dio e che è detto dal
vangelo di Giovanni: Il Pastore bello che dà
la vita per le sue pecore. E’ la bellezza cui fa
La bellezza di
essere prete