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I beni della Chiesa
Musica Maestro!
Un tesoro inestimabile
Q
uando si parla dei beni della chiesa, io cre-
do che prima tra tutto bisogna elencare
l’innumerevole patrimonio terreno, sacro,
pittorico, letterario e musicale.
Il mio compito è quello di parlare di musica e al-
lora parliamone. Il canto cristiano, agli albori del-
la chiesa cattolica, è nato dalla con-
fluenza di motivi in lin-
gua greca: la lingua
nobile che si parlava
nell’impero romano
nei primi secoli dopo
Cristo, da temi sacri
tratti dalla Bibbia e da
canti popolari.
Erano canti che si facevano nelle catacombe,
senza accompagnamento di strumenti musica-
li, sotto voce, e che si alternavano a preghiere e a
letture. Questi canti subirono una notevole svolta
artistica quando naque il canto gregoriano, un te-
soro di bellezza musicale e di contenuti religiosi.
Avevo già parlato di questi canti in articoli prece-
denti apparsi sul Tassello, ma spieghiamo in poche
parole, per chi non lo avesse già letto, come era-
no questi canti.. Partiamo dal nome “Gregoriano”
Papa Gregorio Magno si trovò l’impero romano
devastato dopo le invasioni barbariche, una chiesa
martoriata e divisa e fu per questo che pensò di far
raccogliere i canti, in libri che furono incatenati
nella basilica di S. Pietro. Pensò anche di fonda-
re una scuola musicale la “Schola Cantorum” per
preparare i giovani cantori. Pensava infatti a ri-
costruire la chiesa in tutta l’Europa e per questo
inviò cantori, monaci, sacerdoti. Questi arrivati in
Francia, Germania Spagna e
negli altri stati non fecero al-
tro che dire “Cantiamo
come da Gregorio”. Sì!
Ma come era questo
canto? Era in lingua la-
tina, senza accompagna-
mento strumentale, era
sillabico cioè una sil-
laba per nota e me-
lismatico più note su
una sola sillaba. Una
ricchezza che anda-
va tutelata ed ecco che nei
monasteri ferve l’opera di monaci
che trascrivevano e miniavano questi preziosi can-
ti. Per tutto il medioevo questi scrittori dovettero
continuare a trascrivere questi canti che si diffe-
renziavano; nella scrittura, a seconda del monaste-
ro in cui ci si trovava. Fu solo ad opera dei monaci
di “Solesm” che la scrittura divenne unificata e
che ancora la conserviamo, e la cantiamo. Vor-
rei a questo punto ricordare una cosa bellissima
che avviene a Madonna Regina: la chiesa trasmette
quando chiude i battenti, il “Salve Regina” in gre-
goriano eseguito dalle campane. A livello musicale
vi sono però anche altre grandi ricchezze musicali
che resteranno nei secoli a venire tra queste per
eccellenza, le “Messe” Dal secolo tredicesimo vi fu
infatti un ricco fiorire di messe cantate, in stile po-
lifonico da prima e a cappella (senza strumenti) di
una bellezza eccezionale, con parti fisse “Proprium
Missae” e parti mobili “Ordinarium Missae” e cioè
che cambiavano a secondo del periodo dell’anno.
vi costruirà sopra una basilica, poi ingrandita e re-
staurata, l’attuale basilica di San Lorenzo al Verano.
I poveri, dunque, afferma san Lorenzo, sono i veri
tesori della Chiesa, perché è in essi che Gesù stesso
ha detto che lo incontreremo (“tutto quello che avete
fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete
fatto a me”), e perché sono tesori – come ricorda
ancora Ambrogio – che nessun persecutore può por-
tarci via. Ma allora, perché la notte di san Lorenzo
stiamo a fissare il cielo? L’antica tradizione dice che
la pioggia di stelle di quella notte rappresenta le la-
crime versate da Lorenzo durante il suo supplizio, o,
secondo un’altra versione, i carboni ardenti su cui
egli fu martirizzato. Forse potremmo pensare che le
stelle cadenti rappresentino piuttosto le lacrime di
Lorenzo e di tutto il Cielo per il fatto che esistono
ancora tanti poveri in mezzo a noi. Tra i desideri che
esprimeremo il prossimo 10 agosto forse può trovare
posto l’aspirazione ad essere anche noi infiammati
dell’amore ardente di san Lorenzo per i poveri.
Don Giuseppe