Pagina 2 - Il Tassello

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Le relazioni
Ecco, qui si rivela la natura della relazione
che ho costruito. Il rapporto che si è generato
con l’altra persona ha determinato in me uno
stato dell’anima ben definito, profondo, che
è posto al di là delle parole che l’altro mi ha
rivolto, oltre le informazioni che mi ha dato,
più in là della cortesia (o scortesia) che mi ha
usato. L’altra persona, entrando in relazione
con me, mi lascia nel cuore qualcosa del suo
mondo affettivo, che può essere anche opposto
a quanto le sue parole mi dicono. L’intuizione
del sentimento vero e prevalente di una rela-
zione, quello che va a determinare la natura
di una amicizia o di una conoscenza, non è da
ricercare nella forma e nei modi in cui l’altro
si presenta e comunica. Bisogna, invece, guar-
darsi dentro e capire cosa questi ci abbia la-
sciato veramente dentro, al di là dell’esteriorità
e delle apparenze.
C’è chi ti lascia uno stato di calma, di fidu-
cia e un senso di lealtà, chi di rispetto e amore,
chi, invece ti pianta come in uno stato di ansia,
o addirittura di paura. È su queste percezioni
interiori che noi valutiamo, inconsciamente o
meno, le nostre relazioni, e conseguentemente
aderiamo alle une e scartiamo le altre, siamo
conquistati da quella persona e “istintivamen-
te” (ma a questo punto dovrei dire “sentimen-
talmente”) rifuggiamo l’altra.
È necessario, dunque, guardare se stessi, co-
noscersi, avere l’abitudine a tornare su di sé e
sul proprio vissuto; sarebbe anche opportuno
l’esercizio dell’esame della coscienza, proprio
per amore della verità e per costruire dei rap-
porti basati non sulla menzogna (per quanto, a
volte, del tutto involontaria) ma sulla verità.
Conoscere se stessi e le proprie reazioni per-
metterà alle persone che incontriamo e con le
quali entriamo in relazione, di avere davanti
uno che non imbroglia, che coglie il meglio e
il vero e che, alla fine, assomiglierà molto a
Gesù.
Come lui saprà generare rapporti veri, e in
certa misura sananti le ferite degli altri. Proprio
così faceva il Maestro: accoglieva le persone
con l’immenso amore umano di cui era capace,
le capiva, come col giovane ricco di cui si dice
che, “
fissandolo, lo amò
” (cfr Mc 10,21), per
poi offrire la migliore declinazione dell’affetto
che guariva e, ancora oggi, guarisce.
I
L
PARROCO
D
ON
A
TTILIO
“D
onami, Signore, un’anima sem-
plice… Dammi un’anima che non
conosca la noia, i brontolamenti, i
sospiri, i lamenti, e non permettere che mi cruc-
ci eccessivamente per quella cosa troppo ingom-
brante che si chiama “io”. Dammi,
Signore, il senso del buon umore.
Concedimi la grazia di compren-
dere uno scherzo per scoprire nella
vita un po’ di gioia e farne parte
anche agli altri”.
Sono le parole di una delle pre-
ghiere più famose di Thomas More,
giurista, magistrato, uomo politico,
Cancelliere del Regno d’Inghilter-
ra, martire della Chiesa cattolica,
decapitato nel 1535, canonizzato
e proclamato da Giovanni Paolo II
patrono dei governanti e degli uomini politici.
Tommaso Moro fu uno dei più significativi espo-
nenti dell’umanesimo cristiano del Rinascimento
e come tale seppe unire il senso di una profonda
e amabile umanità con il rigore della coscienza
morale e della fedeltà a Dio sopra
ogni cosa.
Moro ebbe una straordinaria in-
clinazione all’amicizia con le per-
sone più diverse; il suo amico più
famoso è un altro grande umanista
cristiano, Erasmo da Rotterdam,
che in una lettera ci ha lasciato
un ritratto entusiasta, e non lon-
tano dal vero, del grande statista
inglese. Le amicizie, testimonia
Erasmo, sono state per Tommaso
“la massima gioia dell’esistenza”:
Le amicizie di Tommaso Moro