Pagina 2 - Il Tassello

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Il profumo degli inizi
Mi domando come ci veda ora, dall’alto del cielo, cosa pensi di noi e di come viviamo la co-
munità in questo quartiere di Busto. Una risposta ce l’ho: ci guarda come un padre che osserva il
figlio ormai adulto, lo incoraggia e ne è orgoglioso; come un padre che, avendo calcato le orme
delle origini pionieristiche, è felice di vedere i suoi che portano avanti l’opera da lui iniziata.
Il cammino della nostra comunità parrocchiale, da allora ad oggi, ha attraversato la storia
gloriosa e buia degli anni intensi e tragici del decennio della contestazione giovanile, cui sono se-
guiti quelli di piombo della lotta armata, fino ad approdare al nuovo millennio e agli anni lunghi
e travagliati della nascita di un tempo che ancora deve trovare forma concreta.
Questi ultimi anni sono stati segnati da una crisi economica profondissima che ha lacerato
i tessuti sociali, umani e familiari della società; i più ottimisti pensavano che la prova avrebbe
portato il sano senso del limite, della essenzialità e della condivisione del poco. Al contrario, la
crisi ha fatto emergere l’individualismo, il sospetto reciproco, la diffusa sfiducia verso le istituzi-
oni e la conseguente chiusura nel privato. Anche la Chiesa ha subìto uno smacco non indiffer-
ente, che resta sotto gli occhi di tutti quelli che hanno un minimo di senso della realtà. Noi ci
siamo passati in mezzo, e vi siamo tuttora, e vediamo che la fiducia, tradizionalmente accordata
alla Chiesa anche in forma anticipatoria, non esiste più. Tutto ciò che facciamo per le persone,
dai più piccoli ai più grandi, e in ogni ambito dell’azione pastorale, sembra che debba essere
giustificato preventivamente, sembra apparire inadeguato e, dunque, da dimostrare nella sua
bontà; addirittura il bene fatto è spesso attorniato dal sospetto del guadagno personale. Il livello
di conflittualità, sia personale sia sociale, è giunto a livelli molto alti, tanto che i più preferiscono
non agire per evitare problemi. È evidente che l’atteggiamento di ostilità non preserva la chiesa,
anzi in molti casi è proprio nell’occhio del ciclone, sia quando fa perché sbaglierebbe, sia quando
non fa perché sarebbe indolente. Noi ci siamo passati in mezzo e abbiamo puntato su ciò che ci
appartiene e che non ci verrà mai tolto, Gesù e il suo infinito amore per noi. Mi sforzo, allora,
di trovare un’ immagine che rappresenti il nostro cammino di cinquant’anni nella scena della
storia; e la mia ricerca approda al salmo 118, dove il poeta afferma che Gesù è come una luce di
lampada sul suo cammino: “ Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino.”
(Sal 118,105).
Mi piace questa immagine, è veritiera perché la lampada non produce una luce potente che
fende il buio e penetra la profondità della notte. La lampada dà una luce diffusa, che illumina il
terreno necessario per il solo passo successivo, e non oltre. Essa rappresenta la grazia quotidiana
che permette, sì, l’avanzare, ma sempre nella forma dell’affidamento a Dio, unico conoscitore
dell’intero cammino.
Per cinquanta anni abbiamo camminato con la lampada accesa; essa ha illuminato ogni passo
compiuto e rimarrà sempre accesa perché nella comunità c’è tanta fede e amore per il Signore,
sua Madre e i suoi santi. A noi non deve molto importare di vedere oltre la luce fioca offerta dalla
lampada della Sua Parola: se rimaniamo uniti e in comunione con la Chiesa, una santa cattolica
apostolica e ambrosiana, sapremo che il tragitto è - e sarà - certamente diretto all’incontro con
Dio. Teniamo dunque le fiaccole accese e andiamo incontro al nostro Signore che viene. È il
canto del Preconio pasquale che, ogni anno durante la veglia santa, il sacerdote intona a lode di
Dio e a gloria della sua resurrezione: “ Questa notte dobbiamo attendere in veglia che il nostro
Salvatore risorga. Teniamo dunque le fiaccole accese come fecero le vergini prudenti; l’indugio
potrebbe attardare l’incontro col Signore che viene. Certamente verrà e in un batter di ciglio,
come il lampo improvviso che guizza da un estremo all’altro del cielo.”
Festeggiamo insieme, dunque, e continuiamo a camminare con la fiaccola accesa.
Don attilio