Pagina 4 - Il Tassello

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La carità tra accoglienza e ririfiuto
C
hiedo preventivamente scusa a
Giovanni Grampa – non è la
prima volta che gli rubo il me-
stiere! – ma il tema di questo numero mi
ha richiamato alla memoria una defini-
zione suggestiva della santità, contenuta
nel celebre inno della Giornata Mon-
diale della Gioventù di Roma 2000. In
una delle strofe si parla del debito che
noi abbiamo nei confronti di “vite date
per amore, di santi che hanno creduto, di
uomini che ad alta quota insegnano a vo-
lare, di chi la storia sa cambiare”.
Uomini che “insegnano a volare ad alta
quota”: questi sono i santi, e ne abbia-
mo estremo bisogno, non per evadere da
questa terra e dai suoi conflitti quotidia-
ni, ma per non restare invischiati in essi
al punto da non riuscire più a vedere lon-
tano, a vedere le cose “dall’alto”.
Queste parole a loro volta mi richiama-
no un altro testo, scritto da uno dei nostri
maggiori poeti in musica, Francesco De
Gregori, e ispirato all’autore de Il Picco-
lo Principe, l’aviatore e scrittore francese
Antoine de Saint-Exupéry. La canzone,
del 1987, si intitola “Pilota di guerra” e
riprende il titolo di uno dei libri di Saint-
Exupéry, uscito nel 1942, che racconta
l’esperienza dell’autore come pilota di
ricognizione durante la Seconda guerra
mondiale. Saint-Exupéry sorvola con il
suo aereo un paese straziato dal conflit-
to, sentendosi profondamente coinvolto
nella sorte dei suoi abitanti, di cui imma-
gina le sofferenze e le preghiere.
De Gregori ripercorre la solitudine del
pilota che sorvola il “grande orfanatro-
fio della terra”, sentendosi come uno che
“sparge sale sulle ferite della città” e desi-
derando invece andare “oltre le nuvole, o
se è possibile ancora un minuto più in là”.
Parole che cercano di trasfigurare poeti-
camente i sentimenti di un uomo come
Saint-Exupéry, che dall’osservatorio pri-
vilegiato e insieme impegnativo del cielo
che amava solcare con il suo velivolo non
assiste da spettatore cinico a uno spetta-
colo che non lo riguarda, ma riafferma e
consolida con quelle persone sconosciu-
te sotto di lui misteriosi e autentici le-
gami di fraternità e di solidarietà. Con
tutti, con tutte le vittime di quell’assurdo
conflitto, di fronte al quale ognuno deve
assumersi le proprie responsabilità.
“Volare ad alta quota”, come espressione
della santità cristiana, significa dunque
sapersi elevare al di sopra dei conflitti
non con la pretesa di giudicare, ma con
la disponibilità a comprendere il dolore
di tutti, pronti a ridiscendere per trovare
insieme una via verso la pace.
Don Giuseppe
Uomini che volano ad alta quota