PARROCCHIA
S. MARIA REGINA
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Anno 2001
Numero 2 - Novembre 2000

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PREGARE IN CAMBOGIANO

"Au Prea Baidaa yeen kgmom", che in italiano vuol dire Padre Nostro.

E? sembrato strano anche a me, in una domenica pomeriggio, leggere in modo incerto ed emozionato il Padre Nostro in lingua Khmer. Per tre anni, ogni domenica mattina, assieme alla piccola comunit?cristiana di Phnom Penh, ho recitato anzi cantato con loro questa preghiera che, in ogni lingua, resta la migliore preghiera che Ges?ci ha insegnato e, per quello che riguarda la lingua cambogiana, anche una tra le preghiere pi?facili da imparare e ricordare... Mentre stavo leggendo, e poi quando sono tornata a sedermi, si sono susseguiti diversi pensieri su fatti e situazioni che mi sono capitati. Il primo quando cercavo di decifrare questa lingua cosi difficile, misteriosa e affascinante.

E poi i volti di bimbi, di ragazzi, tanti sorridenti e tristi, piccoli e vivaci, furbi e spiritosi: molti della stessa et?di quelli che avevano appena finito di giocare al gioco dei 5 continenti (ndr. nella giornata missionaria, il 22 ottobre, si ?svolto, per tutti i ragazzi, un virtuale viaggio nel mondo, dove il messaggio di Ges?si f?strada attraverso l?opera dei missionari), anche se quelli hanno tutti gli occhi marroni, i capelli neri, la pelle solo un po? pi?scura della nostra.

E dietro di loro le famiglie, tutte con lo stesso unico problema: cosa fare per avere abbastanza riso da sfamare la sempre troppo numerosa famiglia. La vita dei villaggi in Cambogia ?ritmata sulle stagioni, quella delle piogge per arare, seminare e far crescere il riso, e poi quella secca per far maturare, raccogliere e pulire il riso. Ogni stagione dura circa sei mesi e in mezzo a tutto questo i bambini giocano, crescono e, qualche volta, vanno a scuola.

Alla fine mi ?venuto spontaneo ringraziare il Signore (in italiano ovviamente) e l?ho ringraziato per questi anni che mi ha regalato da vivere assieme a queste persone, in modo particolare il primo anno quando, "per colpa" della lingua, ho dovuto stare troppo in silenzio, ma che mi ha permesso di osservare, conoscere, imparare ad amare il popolo cambogiano.

Giuseppina

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