Pagina 6 - Il Tassello

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moglie provava; che decideva quello che per sua
moglie doveva essere buono; che parlava per raccon-
tare quello che a sua moglie accadeva.
Per Leo, sua moglie era totalmente identificata
nel suo ruolo di madre, al punto che perfino lui la
chiamava "mamma" e non Angela, come sarebbe stato
più logico. Certo che Angela era mamma: dei suoi figli,
innanzitutto. Ma poi, forse, anche della propria
mamma, e perfino dei suoceri.
Qui si nasconde una piccola insidia. Amare una
persona significa molto di più che ricoprirla di affetto
(che pure sarebbe già molto). Amare una persona
significa promuoverne l'identità, avere cura della sua
originalità. In concreto, se amo una persona, significa
che sono chiamato a valorizzarne l'umanità e non solo
quella parte di umanità che appartiene al mio rapporto
con lei.
Nello sguardo di Leo, Angela era mamma e
moglie. Splendido. Eppure, ancora troppo poco. An-
gela era anche molto più di questo: era donna; era
intelligente e spiritosa; aveva degli interessi; aveva
delle opinioni; aveva voglia di raccontare la propria
vita.
Durante il viaggio di ritorno dalla Malpensa, con
Leo che continuava a parlare e a sovrapporsi alla
moglie, ad un certo punto la figlia minore rivolta al
fratello maggiore domandò ironica: “Dov'è il teleco-
mando? Bisogna togliere l'audio al papà!”. Angela, da
mamma, intervenne subito a rimproverare la figlia per
la battuta sarcastica.
Eppure, questa volta, la figlia aveva proprio
ragione.
DON
S
TEFANO
So che sei qui, ora, con me
e credo che mi ami,
anche se nella vita i momenti difficili si susseguono. Sebbene
veda uomini odiare e bambini piangere, sebbene regni la
tristezza e spesso non ci sia via d’uscita, io credo e mi
abbandono a Te. A Te che non vedo, che non conosco
perché sei Mistero, totalmente Altro da me.
A volte mi sento come un miope che analizza il
mondo col naso appoggiato alla parete, senza un palmo di
prospettiva: accetto la mia incapacità di vedere in modo
equo, non voglio più giudicare ciò che non capisco, mi fido
di Te. Accetto in pace la legge del peccato, che riconosco
in me: faccio quello che non vorrei e tralascio ciò che è
buono. D’ora in poi mi accontenterò dei miei piccoli passi
avanti, sapendo che Tu non mi abbandoni e che apprezzi
ogni mio sforzo. Raccolgo allora questo mondo dolente e la mia debolezza tra le mani e te ne faccio dono,
Padre: sia fatta la tua volontà!
Lo sai? Ho smesso di cercarti!
Non voglio essere patetica come
il povero pesciolino dell’oceano che dice: “Scusi, sto cercando l’oce-
ano. Mi sa dire dove si trova?”
Voglio immergermi nella profondità delle tue acque divine e diven-
tare semplice ed obbediente come quell’ostia che, sotto l’azione dello
Spirito, si consegna a Te, ti dona la sua essenza per diventare Altro,
totalmente Altro da sé. Essere come le gocce d’acqua che si offrono
senza resistenza e si perdono completamente nel vino del calice…
TU SEI QUI
“Se non parli
riempirò il mio cuore del tuo silenzio
e lo custodirò in me.
E con calma aspetterò,
come la notte nella sua veglia stellata,
il capo pazientemente abbandonato.
Verrà senza dubbio il mattino
e l’ombra svanirà.
E la tua voce si diffonderà
per tutto il cielo
in rivoli d’oro.
E le tue parole voleranno
cantando
da ognuno dei miei nidi.
E le tue melodie sbocceranno come fiori
NEL LA SP I R I TUAL I -