Pagina 9 - Il Tassello

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LIBERI SCRITTORI
Essendo stato invitato anch’io a parteci-
pare allo svolgimento del tema in oggetto
(scelto per questo numero del Tassello), mi
permetto far osservare, innanzitutto, che il tem-
po è un termine assai vago che si presta a mol-
teplici interpretazioni. Nella sezione semantica
del mio vocabolario - che contiene la completa
trattazione dei significati delle parole - le varie
accezioni dei vocaboli sono state riunite in
“nuclei di significato”.
Le svariate accezioni della parola
“tempo” sono raggruppate in soli due nuclei
così descritti: “Spazio indefinito nel quale si
verifica l’inarrestabile fluire degli
eventi, dei fenomeni e delle esisten-
ze (in una successione illimitata di
istanti)”.
“Insieme degli elementi meteo-
rologici che caratterizzano lo stato dell’-
atmosfera su un luogo o una regione” (in
un determinato momento). Quanto alle
accezioni riunite nel primo nucleo, se ne
contano ben diciotto. Questo termine
viene usato infatti in molte materie,
come ad esempio: in musica, in metri-
ca, in fisica, in vari sport, in grammati-
ca, in meteorologia, ecc.
Dopo questa doverosa introduzione espli-
cativa, ecco quel che penso del tempo indicato
al punto primo, ossia del tempo inarrestabile
che passa e va. Si suol dire giustamente che “Il
tempo è denaro” e che “tempo e denaro non
vanno sciupati”. Essendo l’uomo un essere
mortale, è giusto che egli impieghi bene il
tempo a sua disposizione e quindi è un grave
errore sprecarlo. Ogni creatura umana dovreb-
be perciò sentire il sacrosanto dovere di dare
un significato alla propria esistenza e di contri-
buire così all’evoluzione sociale, ovvero a quel
processo di mutamento sociale secondo deter-
minate leggi di sviluppo continuo e graduale.
Come è risaputo, l’intelligenza umana - al con-
trario di quella degli altri animali - è progressi-
va, il che consente all’uomo un avanzamento
verso forme migliori nel campo delle cono-
scenze, delle relazioni sociali, dei costumi, dei
mezzi di vita. (Basti pensare che un uccello
continua a costruirsi il proprio nido nello stesso
modo, nonostante il trascorrere dei secoli e dei
millenni).
Oltre un anno fa, svolgendo un tema sul-
l’educazione civica (sotto il titolo “Prima il do-
vere, poi il piacere”) avevo citato queste sagge
parole di John Kennedy, (riportate in un artico-
lo di Enzo Biagi): “Prima di chiederti che cosa
fa lo Stato per te, domandati quello che fai tu
per lo Stato”. Biagi aveva poi aggiunto: “La
scuola dovrebbe preparare i ragazzi alla vita
rivalutando anche il nozionismo” e aveva poi
concluso ricordando l’insegnamento non di un
pedagogo, ma di sua madre: “Prima si fanno i
compiti, poi si va a giocare!”.
Uno dei gravi errori dei nostri politici (e
anche dei sindacalisti) è quello di parla-
re sempre e soltanto di diritti, dimenti-
cando che i doveri vengono prima e non
dopo. Ricordo, a tal proposito, l’amarez-
za manifestata da Montanelli nel consta-
tare che non esiste ancora né un popolo, né
uno Stato italiano. E se ciò è vero
(come io credo)
qualcosa si dovrà
pur fare per insegna-
re ai nostri ragazzi che la po-
litica è la gestione delle cose
di tutti e che chi governa ha dei
doveri morali, come - ad esempio - quello di
mantenere le promesse fatte all’elettorato.
Può capitare che i cittadini non facciano
valere i propri diritti perché non li conoscono,
ma capita spesso che essi ignorino (o fingano
d’ignorare ) i propri doveri. Siccome è frequen-
te il vizio di anteporre i diritti ai doveri, credo
sia bene evidenziare che chi non compie il suo
dovere non è nemmeno in grado di pretendere
il rispetto dei suoi diritti.
Ed ecco come avevo concluso il mio tema
sull’educazione civica: “Dobbiamo renderci
conto che dalle scuole non dovranno uscire sol-
tanto dei professionisti e degli specialisti, ma
soprattutto dei cittadini consapevoli dei loro
doveri-diritti. Per questo non possiamo rasse-
gnarci allo statu-quo e rinunciare alla funzione
di educatori dei nostri figli. Se vi rinunciassimo
tradiremmo i nostri ideali di libertà e di demo-
crazia, dovremmo quindi accettarne le dramma-
tiche conseguenze e recitare il mea culpa”.
W
ILDO
PARLIAMO UN PO’ DEL TEMPO