Pagina 6 - Il Tassello

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SEGNI DI SPERANZA
Oggi vorrei parlare del pane, l'arte dell'impasto della farina con l' acqua.
Il pane intreccia la sua storia con quella di umili braccianti, mani operaie o
lussuosi palazzi. Il pane che decora, il pane che sfama, il pane che riconcilia.
Alla periferia di Gerusalemme c'è un panificio particolare vi lavorano assieme
donne palestinesi e donne israeliane: insieme ogni giorno usano la farina e l'acqua,
impastano, decorano e sfornano il pane che poi rivendono nel piccolo negozio.
Niente di particolare in questo, a parte il fatto che tutte loro hanno un unico motivo per essere
lì: ognuna di loro piange qualcuno che non c'è più perchè è stato ucciso o si è fatto saltare in aria
per .. Anzichè cedere all'odio o alla vendetta hanno deciso di impastare assieme il pane della
riconciliazione.
G
IUSEPPINA
S
ANTINELLI
C’è chi lascia soli i bambini, li butta là
come un oggetto o li affida alle istituzioni sen-
za curarsi di lui. Il bambino dà fastidio, stanca,
mi toglie la libertà di fare i miei comodi.
Cosa possiamo dire delle sevizie ad un
bambino? Di quelle orrende di cui ci informa la
TV, facciamo gli scandalizzati. Ma di
quelle piccole sevizie nascoste in casa,
cosa diciamo? Non è forse vero che per
fare i nostri comodi condizioniamo i
bambini a fare cose che urtano contro
ogni buon senso?
E cosa diciamo dei disabili? Come
la pensiamo? Sono castighi di Dio? L’eu-
genetica vuole selezionare solo bam-
bini belli, sani, fino ad eliminare
quelli malati. E’ una società strana la
nostra. Non è colpa di Dio, non è un
castigo il figlio malato, se mai è col-
pa della natura, di questa natura cor-
rotta dal peccato che ne porta le con-
seguenze. Io penso addirittura che il figlio ma-
lato mette alla prova il nostro vero amore. E’
bello amare ciò che è bello, forte, che dà soddi-
sfazione. Ma questo è amore o egoismo? L’a-
more per quel figlio malato è segno che tu ami
non per te stesso ma per lui, non per soddisfare
il tuo amore, ma per rendere felice lui. Conosco
famiglie stupende dove il disabile è considerato
un dono di Dio, e rendono testimonianza di un
amore vero. Ecco, Dio mi ama come quel papà
e quella mamma amano quel bambino.
Ma c’è un’altra riflessione da fare. L’a-
more di Dio per il bambino è anche simbolo e
segno del suo amore per il suo popolo. Già nel-
l’A.T. Dio dimostra un amore compassionevole
per il suo popolo, come fosse un bambino sper-
duto, lo attira a sé, lo chiama per nome, lo gui-
da attraverso il deserto per legarlo a sé con vin-
coli d’amore:
“Quando Israele era giovinetto
io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio
figlio. Ma più lo chiamavo, più si allontanava
da me. Ad Efraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano, ma essi non compresero
che avevo cura di loro. Io li traevo con legami
di bontà con vincoli d’amore; ero per
loro come chi solleva un bimbo alla
sua guancia; mi chinavo su di lui per
dargli da mangiare.”
(Os 1, 1-4)
Dio dimostra il suo amore per il
suo popolo, il quale neppure dimostra
di accorgersi. Anzi il popolo si la-
menta di essere come un bambino ab-
bandonato dalla madre. Invece l’amo-
re di Dio è tenero e forte più di ogni
altro amore:
“Sion ha detto: il Signore
mi ha abbandonato, il Signore mi ha di-
menticato.”
(Is 49).
Di questo amore infinito di Dio fa espe-
rienza il salmista che trova la sua gioia nel-
l’abbandono umile e sereno a ciò che la Provvi-
denza permette anche di doloroso nella sua vi-
ta:
“Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e
non si leva con superbia il mio sguardo; non
vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie
forze. Io sono tranquillo e sereno come un bim-
bo svezzato in braccio a sua madre, come un
bimbo svezzato è l’anima mia.”
(Salmo 131)
Sì, è proprio il caso di sperare nel Signo-
re, visto come gli uomini trattano il dono più
bello e caro come il bambino. Io spero e mi au-
guro che i genitori della Parrocchia di Santa
Maria Regina abbiano il buon senso e la sa-
pienza della Bibbia quando pensano ai loro
bambini.
D
ON
P
EPPINO