Pagina 2 - Il Tassello

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L’Avvento veste viola
Maranatha, Vieni, Signore Gesù! La Grazia del Si-
gnore Gesù sia con tutti voi. Amen”.
Pronunciata
Maranà – tha
, il senso fondamentale
è:
O Signore, vieni.
Nella ricerca di senso della storia il cristiano com-
prende che la sorgente del significato di ogni cosa non
si trova nello scorrere ininterrotto dei giorni, ma nella
venuta di Gesù. Vieni, o Signore, a dare compimento a
ciò che ora non riusciamo ad intuire, a dare un quadro
intelleggibile e trasparente alla trama dei nostri giorni.
Vieni, o Signore, a dare l’ultimo e definitivo significato
a questa nostra vita e alla vita dell’universo intero.
Tuttavia il termine aramaico
Maranathà
sostiene
anche un’altra lettura:
Maran – athà,
che significa:
Il
Signore è venuto.
La stessa parola che esprime l’attesa di una mani-
festazione finale di Gesù, quale senso e compimento
dell’universo, contiene anche la certezza che Gesù è
ormai qui, è già nato, è già all’opera; qualcosa è già
cominciato, e Lui ha attivato già un movimento inar-
restabile di nuova vita, che va semplicemente accolta.
La venuta dell’ultimo giorno è già in atto nell’attualità
dell’opera di Gesù in noi.
Allora, certamente possiamo invocare
Marana
- thà
: Signore, vieni; ma abbiamo la certezza già re-
alizzata, proclamata con
Maran - athà
: Il Signore è
venuto.
Il colore viola, tipico del tempo di Avvento, viene
dalla fusione tra rosso e blu e racchiude in sé i signifi-
cati della passione e della razionalità. Passione e razio-
nalità richiamano le facoltà umane dell’amore e dell’
intelligenza attraverso le quali ogni persona si accosta
al mistero di Dio.
Con il rosso dell’amore accogliamo il Signore che
viene nella nostra carne, dicendo
Maran – athà,
e con
il blu della mente lucida attendiamo il giorno ultimo e
glorioso dell’irrompere definitivo del Regno invocando
Marana – thà.
Don Attilio
C
he bel colore il viola! Viene
subito alla mente il fiore de-
licato di primavera, il fiore
nascosto e profumato che tutti am-
miriamo nel giardino e nel bosco:la
viola, che dice umiltà e dolcezza.
È il colore che va di moda per
le donne.
Ma nella liturgia il viola è il colore
dell’attesa e della penitenza, il colo-
re dell’avvento e della quaresima.
In avvento il colore viola descrive
l’attesa, la preparazione all’avveni-
mento primordiale della salvezza:
la nascita del Salvatore. Avvento,
tempo di penitenza e di vigilanza,
perché Dio viene verso l’uomo,
ma incontra solo chi si fa trovare,
Dio tende la mano, ma salva solo
chi l’afferra con la sua. L’iniziativa
è sempre di Dio, colui che viene.
La storia della salvezza è storia della
iniziativa di Dio, che ci parla della
fedeltà di Dio alle sue promesse e ci
invita ad aver fiducia in Lui, perché
viene anche ora. Cosa sarà di me
alla sua venuta è deciso già ora nella
risposta che do alla sua chiamata,
che mi dice di vigilare, perché di fat-
to lui è già alla porta e bussa.
Per noi cristiani l’attesa è me-
moria, presenza e vigilanza.
Memoria:
perché colui che at-
tendiamo è già venuto.
Presenza:
perché egli è già fin
da ora con noi, cammina sulle no-
stre strade, ci sostiene nelle tribo-
lazioni.
Vigilanza
:perché Lui ci può
chiamare da un momento all’altro,
infatti l’uomo sulla terra, per dirla
con il poeta Ungaretti
: “Si sta /
come d’autunno / sugli alberi / le
foglie”,
cioè in procinto di cadere
da un momento all’altro.
L’attesa
. Quali sono le nostre
attese? Se diamo uno sguardo alla
nostra vita ci accorgiamo che l’at-
tesa rende lieta la vita sulla terra. Il
nostro Leopardi diceva, pessimisti-
camente, che è più bello il sabato
che la domenica, perché al sabato
si pensa al riposo e al divertimen-
to, mentre invece alla domenica si
pensa al lavoro della settimana che
viene. Era pessimista, però un po’
di verità ce l’aveva.
Provate a pensare alle vostre at-
tese. Che cosa attendete? Io pen-
so alle mie attese durante la vita di
seminario, quando guardavo al sa-
cerdozio che si avvicinava. Penso
all’attesa della vigilia dell’ordinazio-
ne. Dopo una lunga preparazione
seminaristica ero in trepida attesa
di veder realizzato il mio ideale.
Trepidazione e fiducia. Non ho
dormito quel sabato notte, 26 giu-
gno, a Rho al termine degli esercizi
spirituali: ho pregato, fantasticato,
meravigliato al pensiero che Dio
avesse scelto proprio me.
Poi penso all’attesa della desti-
nazione: dove mi manderanno?
Dopo un anno di perfezionamen-
to, il quinto anno di teologia, du-
rante il quale ho esercitato il mi-
nistero a Figino Milanese, Monza
san Carlo e Imbersago, ecco la de-
stinazione definitiva: Arnate di
Gallarate. Gioia di avere
un oratorio tutto per
me. Come ricordo
i miei giovani, ora
nonni come me!
Poi il Card.
Montini mi man-
dò a Bedero Val-
travaglia. Era
l’8 marzo del
1958. i primi
passi come
P a r r o c o ,
Vicario Fo-
raneo. Tre-
pidazione
Il viola