Pagina 6 - Il Tassello

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L’Avvento veste viola
E le reti si rompevano
C
iao Giada, come stai? Bene? Ti sei fatta
un ciuffo viola? Ah è un’ extension?Si
chiama cosi? Eh sì stai bene, ti dona
un’aria…un po’…misteriosa
” – “
Grazie prof!”
-
“Senti ma perché hai scelto proprio il viola?” “Per-
ché mi piace” - ”Sì, va bene, ma che cosa ti su-
scita questo colore? Quali immagini ti risveglia?”
La ragazza, alquanto stupefatta dalla mia insistenza,
risponde sapientemente con un “
Boh prof. Non sa-
prei mi piace e basta
” - “
Ok Giada non preoccu-
parti e
(bofonchiando
) è che sto facendo una ricer-
ca… sul colore viola… per una articolo del…Tas-
sello; vabbé (
alzando un po’ la voce per uscire dal
momento un po’ scomodo
) ragazzi, dai, prendete
il libro e dividiamoci a gruppi ché oggi lavoriamo
sulle pagine 23/27!
”. Mentre dico queste parole mi
rendo conto che sarà un caso, sarà la moda o sarà il
panico da foglio bianco, ma da quando in Redazione
abbiamo deciso di parlare del viola, mi sento circon-
dato da questo simpatico colore. Sembra quasi che
lo faccia apposta e che mi perseguiti.
Tu vai a capire. Sta di fatto che maglie&maglioni,
pantaloni, cappelli, trucchi, All Stars,
zainettia-
stucciediaritantotrendy
(direbbe
chealunna),
collane+piercing, guanti, caschi per il motorino e
cellulari rigorosamente
violet
sono allegramente
sparsi nel fiume di umanità che passa dalle valli sco-
lastiche. In questo torrente di anime e di corpi risal-
tano, per eccesso di violismo, un buon numero di
pescialunni con squame che vanno dal viola prugna
al “mammola” fino al “gigliato”.
Anch’io ho un bel maglione per il quale mi stimo
ed è il pezzo preferito da una fetta della popolazione
scolastica. È un semplice maglione con il collo a V
che i perfidi alunni di 5
a
hanno soprannominato
“atiemmino”, vista la to-
t a l e
somiglianza nella forma e nel colore a quello indossato
dagli autisti dell’Azienda Tranviaria di Milano raggrup-
pati quotidianamente al capolinea della 94, davanti a
scuola.
Ma, attualmente, il violismo che preferisco è quello
di Sere93 (felpa e collana perennemente viola). Lei
frequenta la terza e da quest’anno ha scelto di fre-
quentare l’Ora di Religione perché “
Sa prof., io non
ho mai fatto religione a scuola. Mio padre da picco-
lo è andato in collegio dalle suore trovandosi male
e quindi, fin dalle elementari, ha sempre scelto di
non farmi frequentare. Alle superiori mi ha detto
di scegliere io e allora…quest’anno...mi interessa...
ho scelto. Non si faccia illusioni, io non credo a Dio
né a quelle cose lì però mi piacerebbe capire...im-
parare
” – “
Non preoccuparti Sere93, è proprio per
i motivi che tu hai detto che si studia Religione a
scuola
”.Come potranno pensare i sette lettori di que-
sta sconclusionata rubrica, mentre la ragazza parlava,
la mia autostima si innalzava sempre più; se poi si ag-
giunge che altri quattro suoi compagni hanno fatto
la stessa scelta la soddisfazione personale e profes-
sionale va a mille.
Questa vicenda e la storia di Sere93 mi hanno
portato a riflettere su quanto sia importante saper at-
tendere. I tempi dell’educazione sono infatti…senza
tempo. Noi ci affanniamo a elaborare progetti, pro-
grammare, proporre, spronare, redarguire, entusia-
smare, incavolarci passando dalla demoralizzazione
fino allo sprofondare nel “
checcavolo va tutto male
per risalire al “
yeswecanIcare!
”. Poi le vicende che ti
preoccupano cambiano, certe volte in meglio ed altre
in peggio; l’attesa di avvenimenti positivi è la stella co-
meta che ti guida, che ti fa proseguire il cammino fino
l’attesa come momento di fede e di speranza