Pagina 6 - Il Tassello

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La comunità e la sua chiesa
stalle, sentieri sassosi. Ecco il cantiere, i ru-
mori, gli uomini al lavoro. Sono tanti,
con mani e gambe esperte si muovono
rapidamente: mescolano, salgono
sulle lunghe scale, rimangono in
bilico sulle impalcature e fissano,
accostano, levigano. Si fermano
solo per mangiare: siedono per ter-
ra, a gambe incrociate, uno accanto
all’altro, allentando il nodo del faz-
zoletto che custodisce il loro pasto.
Parlano a voce bassa, hanno ri-
spetto per quel luogo sacro che sta prendendo
forma. Additano il cielo con gesti ampi della
mano, lì a breve ci sarà il tetto... per ora solo
voli di uccelli, nuvole e preghiere per la propria
famiglia, per gli amici, per la pioggia, che non
scenda proprio ora.
Fatica, unione e fede: così nasce e cre-
sce una Chiesa, luogo d’incontro tra
Cristo e gli uomini. Noi, uniti nell’amo-
re e nella carità, formiamo la Sua
casa.
Con naturalezza ci prendiamo
cura della nostra abitazione, pun-
tualmente la manteniamo pulita, co-
moda, accogliente. Anche la nostra
casa spirituale, che è la chiesa, ri-
chiede cura ed impegno personale
per poter continuare a rimanere il luo-
go dove meglio possiamo accogliere l’amore di
Cristo e diffonderlo tra i fratelli.
Ammiriamo ogni giorno le meraviglie del
Suo amore: la bellezza rivela Dio.
Marisa
C
redo sia un’esperienza comune: ci sono al
mondo posti splendidi, opere di monu-
mentale splendore, tripudi di opere d’ar-
te…ma terribilmente fredde e quasi scostanti,
poco accoglienti. Altri posti sono magari più di-
messi, poco appariscenti, ma, come un vecchio
divano semisformato, accoglienti e familiari, un
posto da coccole, come direbbe la mia bambina
di 5 anni.
Lo stesso discorso vale anche per le chiese:
avete presente Santa Maria degli Angeli, vicino
ad Assisi? È una chiesa monumentale, grandis-
sima ma fredda. Al contrario, quello che è rac-
chiuso in questo scatolone (questa è l’im-
pressione che ne ho sempre avuto), è una
piccola cappella di campagna, semplice
come più non potrebbe essere. Nono-
stante ciò basta varcare quella so-
glia per sentirsi accolti, per sen-
tirsi a casa. La differenza vie-
ne dal cuore, non dalla mente,
dipende da come abbiamo
vissuto e viviamo quel posto. Anche per la no-
stra chiesa vale questo discorso. Non può certo
essere definita un gioiello architettonico, non è
ricca di opere d’arte…ma è la nostra chiesa. Qui
sono stati battezzati i miei figli, qui ho trovato
momenti di conforto, momenti di gioia (ricor-
date la missione dei frati nel 2007?), momenti
di crescita e discernimento, insomma un posto
dove sentirsi a casa.
Ed a proposito di sentirsi a casa, quelli della
mia età ricorderanno lo sceneggiato “il giorna-
lino di Gian Burrasca”, dove una giovanissima
Rita Pavone indossava i panni del mitico Gian-
nino Stoppani e ricorderanno la canzone “viva la
pappa col pomodoro”, un vero inno di battaglia
per i ragazzini rinchiusi nel collegio-lager, ma
anche un canto nostalgico verso il “come si stava
bene a casa…”
Quindi la ricetta non poteva essere che la to-
scanissima pappa col pomodoro.
Yuk! Yuk!! E buon appetito da Pippo.
Silvio
“…qui e in tutte le Tue chiese
che sono nel mondo intero…”
La cucina di Pippo