Pagina 3 - Il Tassello

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La Chiesa e i territori
IN QUESTO NUMERO
Solidali e inconfondibili
Presenza discreta, misteriosa, separata dal mondo e in comunione con le persone, umil-
mente attenta ai bisogni materiali e spirituali di quanti ci circondano […] Portando il
peso gli uni degli altri… Partecipando così alle sofferenze di Cristo e alla missione della
Chiesa… Con la speranza del Regno”. Così le Costituzioni dell’Ordine cistercense descrivono la
presenza delle comunità monastiche nei territori del loro insediamento.
Da sempre, i monaci cristiani, in particolare quelli che si rifanno alla tradizione benedettina,
hanno dato grande importanza all’idea di stabilità, cioè di presenza permanente non solo di
ogni monaco – invitato ad evitare il girovagare inquieto da una comunità all’altra – ma della
comunità in quanto tale in un certo luogo, come espressione di amore e di fedeltà a quella terra.
La presenza di una comunità di uomini o di donne chiamati alla vita comune, alla preghiera
e all’accoglienza, santifica il luogo del loro insediamento, rappresenta il radicarsi della Chiesa
dentro la storia delle persone, rinnova il mistero dell’Incarnazione come mistero di condivisione
e di prossimità.
Ancora le Costituzioni cistercensi invitano i monaci ad “essere insieme un segno di Chiesa,
invisibile per il mondo, ma visibile per i nostri vicini. Testimoni di una pace e di una fraternità
possibili, per grazia di Dio, attraverso le nostre diversità”. Non c’è dubbio che la presenza di una
comunità monastica in un territorio sia diversa dalla presenza di una comunità cristiana formata
da coloro che in quel territorio sono nati o sono venuti ad abitare e che intrattengono una fitta
rete di relazioni con tutto ciò che chiamiamo “mondo”. Ma l’esperienza monastica ci può ricor-
dare da una parte che i cristiani sono “nel mondo ma non del mondo”, come dice il Vangelo, e
in questo senso essi devono essere “separati” dalla “mondanità”, cioè dalla logica del mondo che
resiste al Vangelo stesso, dall’altra parte proprio il loro costituire una “comunità alternativa”
(ne parlò a suo tempo il cardinale Martini, non senza incomprensioni) dovrebbe esprimere non
un rifiuto né una presa di distanza sdegnosa nei confronti del mondo, ma piuttosto, appunto, il
segno di una fraternità possibile proprio attraverso la comunione delle diversità.
Così la comunità cristiana in un territorio, la Chiesa visibile in un luogo, partecipa alle sof-
ferenze di Cristo nel senso che è formata da credenti che “portano i pesi gli uni degli altri”, e
questa è l’autentica sofferenza che ha un valore agli occhi dei cristiani, cioè quella che nasce
dall’amore, che è motivata dalla carità. In questo modo essa compie la missione che il Risorto
le ha affidato, cioè testimoniare la speranza del Regno, essere annunciatrice di una vita diversa
e possibile, anticipo della pienezza della gloria futura. Ma occorre che la Chiesa sia sempre pro-
fondamente solidale con la terra che abita, “umilmente attenta ai bisogni materiali e spirituali”
di coloro con cui condivide l’esistenza, e insieme portatrice di un modo di vivere unico, incon-
fondibile, singolare, mai realmente omologabile al modo comune di stare al mondo
Don Giuseppe
1. C
ome
fuoco
vivo
Don Attilio
2. S
olidali
e
inconfondibili
Don Giuseppe
3. L
a
presenza
della
chiesa
Don Peppino
4. A
ve
verum
corpus
Gianfranco Stoppa
5.
A
ppartene re a una comunità
...
appartenere
alla
nostra
comunità
Luca Tessaro
6. B
oss
in
incognito
Chiara Pesenti
7.
L’
appartenenza
alla
chiesa
Giulia Zanardi
8. L
a
C
hiesa
:
un
unico
corpo
dalle
diverse membra
Marisa Tosi
9. O
rganismo
vivente
Matteo Tognonato
10. I
l
tassellino
Elisa Fadulto
11
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P
rogramma
F
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atronale
12. R
endiconto
economico
e
avvisi