Pagina 7 - Il Tassello

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Nella Chiesa con lo stile di Gesù
Il vescovo è colui che fa suonare le campane!”
OMELIA DI SALUTO ALLA COMUNITà
DI S. MARIA REGINA – Busto Arsizio
Sono le parole semplici e spontanee che una bambina pronunciò dinanzi a don
Tonino Bello, grande vescovo pugliese morto agli inizi degli anni ’90. Mi piace
iniziare così l’omelia di quest’oggi perché questa bambina ha da dire qualcosa
anche a noi, in questa circostanza... Lo stesso don Tonino fu a tal punto colpito da
sostenere che in nessun libro di teologia viene data una definizione così bella di chi è
il vescovo ma non solo, di chi è il sacerdote, di chi è il credente. Suonare le campane
significa introdurre all’esperienza della gioia! Salutando questa comunità all’inizio
di un nuovo anno sociale, all’inizio di un tempo nuovo di ripresa delle attività e
delle proposte, di cambiamento importante per voi e per me, il primo pensiero, la
prima immagine è quella delle campane che suonano a festa suscitando la gioia. La
“gioia del Vangelo” ci direbbe il Papa! Che questa comunità non perda la gioia del
Vangelo, la gioia della Buona Notizia ch e risuonando a festa “riempie il cuore e la
vita intera di coloro che si incontrano con Gesù” (Evangelii Gaudium, n.1). In che
modo, tuttavia, si può custodire questa gioia, la gioia del Vangelo che nutre la vita di
una parrocchia e la mantiene viva ed attraente? Usando una battuta… In che modo
si può evitare il rischio di una comunità di praticanti, non credenti?
Per rispondere a questa domanda aggiungo una seconda immagine e un secondo
pensiero: occorre un quaderno dove annotare, giorno dopo giorno, l’itinerario
compiuto. Quando in una serata qualunque del settembre 2007, entrai in Seminario
a Seveso spinto dal desiderio di verificare l’intuizione alla vocazione sacerdotale,
mi colpirono le parole del capitolo 8 del libro del Deuteronomio che ci vennero
lette: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in
quarant’anni nel deserto”. Per non smarrire la gioia del Vangelo occorre far memoria,
ricordare – letteralmente riportare al cuore – volti e circostanze che non si possono
dimenticare e che, in un modo o nell’altro porteremo sempre con noi, come tesoro
o come spina che ci accompagna. Non si tratta di rimpiangere con nostalgia un
passato che non ritornerà… Non si tratta nemmeno di lasciarsi travolgere da una
sorta di prurito per tutte quelle volte in cui, in un modo o nell’altro, le cose non
sono andate come noi avremmo voluto, secondo i nostri pesi e le nostre misure…
Si tratta piuttosto di un invito a fidarsi, di rileggere e di annotare su un quaderno
i segni che Dio pone continuamente nella storia e ancor più nella nostra vita; di
annotare i nostri sforzi nel dare un senso e un destino alla nostra esistenza e ai
nostri desideri più belli; di annotare i Suoi grandi doni così come le Sue premure
nell’amarci sempre attraverso qualcuno – come amava dire don Pino Puglisi.