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MARCELLA, JEAN-FRANÇOIS E IOLANDA
OVVERO: "MOGLI E BUOI..."
TRA MOGLIE E MARITO
Il mondo non è mai stato
così grande e, allo stesso tempo,
così piccolo. Grande: perché le
possibilità di viaggiare, raggiun-
gendo mete anche molto distanti,
in poco tempo e con poca spesa,
sono smisurate rispetto al passato.
Piccolo: perché un evento
accaduto a migliaia di chilometri
da casa nostra ci riguarda... in
tempo reale. Una guerra, ma perfi-
no una crisi economica in un pae-
se lontano possono ripercuotersi
sulla nostra vita, in molti modi.
Siamo realmente un
villaggio glo-
bale
, nel quale, come nei piccoli
villaggi, ogni cosa che accade al
singolo finisce per coinvolgere
tutta la comunità.
Marcella tornò dal suo
quarto viaggio in Madagascar con
Jean-François. E le intenzioni dei
due furono subito esplicite: «Ci
sposiamo!». Iolanda, madre di
Marcella, reagì come se la cosa
non la cogliesse di sorpresa: quei
quattro viaggi... e poi gli occhi
della figlia che brillavano quando,
di ritorno dal primo viaggio, aveva
raccontato di un giovane cono-
sciuto in quel paese lontano...
Iolanda, però, era perplessa.
Non riusciva a giustificare
(nemmeno a se stessa) quel disa-
gio che provava. Con tutte le sue
forze cercava di scacciare il so-
spetto che a renderle la cosa non
proprio accettabile fosse... il colo-
re nero della pelle di Jean-
François, suo futuro genero. Non
si sentiva razzista e non lo era mai
stata. Però...
A Marcella, che registrava
la perplessità della madre, Iolanda
replicava con affermazioni che
av r ebbe r o dovu t o e s s e r e
"rassicuranti" (del tipo: «Tutto il
mondo è paese!»; oppure: «In o-
gni paese ci sono i buoni e i catti-
vi...»), ma che alla fin fine, a ben
guardare, erano perfino un po' of-
fensive nei confronti di Jean-
François. Eppure la sua perplessità
non era infondata.
«Mamma!» la incalzava
Marcella «L'importante è che ci
vogliamo bene!». Giusto. Anche
l'amore, però, è un fatto culturale.
Guai a ignorarlo. «E poi... Jean-
François è cristiano... va a messa
più di papà!» rilanciava provoca-
toriamente Marcella, sapendo di
toccare un tasto delicato per Iolan-
da. Giusto. Anche la forma della
fede, però, ha le sue radici nella
cultura.
La cultura è quella cosa che
ci costruisce come persone e che
ci rende comunque un popolo o
una nazione. La cultura inizia dal-
l'aria che respiriamo, dal cibo di
cui ci nutriamo, dalla volta di stel-
le che contempliamo sopra la no-
stra testa... e poi continua con la
lingua che parliamo, con l'educa-
zione che riceviamo, con la musi-
ca che ascoltiamo...
Il mondo si è fatto più gran-
de e più piccolo. Le culture, però,
non si spostano come si muovono
gli aerei da una città all'altra, o
come viaggiano le informazioni
sulle reti telematiche, da un conti-
nente all'altro. Le culture si muo-
vono pian piano, perché sono co-
me le radici: riconoscono la pro-
pria aria, la propria terra e perfino
il proprio sole. Si muovono solo
con fatica e richiedono mille cure.
Se ti limiti a estirparle, senza at-
tenzione, portando la pianta altro-
ve, questa semplicemente muore.
Sant'Agostino scrive che
amare è «lasciarsi portare dall'al-
tro». Amare, dunque, è molto di
più che "sentire" qualcosa per u-
n'altra persona. Significa entrare
in una sfida non facile e tutt'altro
che scontata. È accogliere il modo
in cui l'altra persona osserva la
realtà: accogliere la sua cultura,
dunque.
Accogliere
non significa
approvare
. Nemmeno significa
cambiare se stessi o cercare di far
cambiare l'altro.
Proprio per questo, però,
occorre vigilare sulla tentazione di
portare l'altro "dalla propria par-
te"; ma anche sulla nobile ingenui-
tà che porta a dire che il problema
della differenza di culture non esi-
ste se, appunto, «ci vogliamo be-
ne». Si deve fare in modo, invece,
di provare a comprendere come
l'altro vede la vita a partire "dalla
sua parte". Ed è importante crede-
re, anzi, di più,
esigere
che anche
l'altro faccia la stessa cosa: che
accolga le mie radici e sappia rico-
noscere il modo in cui
io
guardo il
mondo.
Certo: cambieremo entram-
bi e costruiremo entrambi una
nuova cultura. E sarà una cultura
con radici profonde, come di due
piante che si intrecciano, si ab-
bracciano e si sostengono. Ma non
si soffocano, né si trasformano
l'una nell'altra.
DON
S
TEFANO
GRAZIE
Alcuni ragazzi della ex terza C della scuola media De Amicis, che abitano in quartiere, hanno devo-
luto all’oratorio una somma di denaro frutto della vendita di oggetti preparati da loro. Ringraziamo (anche se do-
po qualche settimana) Laura, Ilaria, Alessandra, Alex, Emanuele, Giuseppe e gli altri compagni.