Pagina 9 - Il Tassello

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LIBERI SCRITTORI
Devo premettere che -
pur essendo un collaboratore
del “Tassel lo” ( rubr ica
“Scrittori liberi”) e pur aman-
do la mia lingua (definita da
E dmo n d o D e Am i c i s
“l’idioma gentile”) - non mi
sono mai considerato uno
scrittore vero e proprio, anche
se - per hobby - dedico alla
scrittura buona parte del mio
tempo libero e ciò grazie al
fatto che sto vivendo “l’epoca
d’oro della vita” (così la Fal-
laci definisce la vecchiaia).
Devo ammettere che sono
criticato da alcuni sacerdoti
(ma anche da alcuni miei ami-
ci) per il semplice motivo che
i miei scritti sono ridondanti
di citazioni un po’ troppo lun-
ghe rispetto allo spazio che
dedico alle mie riflessioni.
Fatta questa doverosa
premessa, cercherò ora di
spiegare le ragioni del mio
modo di scrivere. Sì devo am-
metterlo: amo le citazioni so-
prattutto quelle (tanto per usa-
re un’espressione ironica di
un mio amico) tratte dalla
“Bibbia dei miei autorevoli
Maestri”. Mi chiedo: c’è forse
qualcuno che nella vita non
ha avuto nemmeno un
“autorevole Maestro”?
Credo che tutti gli esseri uma-
ni dovrebbero avere dei punti
di riferimento, o meglio qual-
cuno che viene assunto come
termine fondamentale di con-
fronto e di orientamento. Per
maggior chiarezza, indico al-
cuni famosi personaggi che
considero miei Maestri:
Pla-
tone, Socrate, San Francesco,
Galileo Galilei, Abramo Lin-
coln, Montesquieu,
ma anche
personaggi della storia con-
temporanea come, ad esem-
pio:
Indro Montanelli, Nor-
berto Bobbio, Oriana Fallaci
.
Ho detto e ripeto che
amo le citazioni soprattutto
perché, usando parole mie,
non riuscirei a dare sfogo al
mio stato d’animo e ad espri-
mere meglio sentimenti e ri-
sentimenti, simpatie e antipa-
tie, insofferenze e grandi sde-
gni. I concetti sono sì impor-
tanti, ma conta molto anche la
forma espressiva, ed è giustis-
sima quella massima di Gior-
gio Almirante racchiusa in tre
sole parole: “
Vince chi con-
vince
!”. Il che significa: non
basta avere le idee chiare e
saper quel che si vuole, ma
per ottenere il consenso della
gente, occorre soprattutto es-
sere convincenti. Ed è proprio
questo il punto essenziale: io
non scrivo per dimostrare di
essere un bravo scrittore, ma
perché, essendo intimamente
convinto della bontà delle mie
idee, vorrei che queste fossero
condivise anche da chi mi
legge.
Ed allora mi sorge un
dubbio legittimo: è il mio sti-
le di scrittura che viene criti-
cato, oppure è il contenuto
ideologico dei miei scritti che
non è condiviso? Ho qualche
motivo per pensare che sia
più verosimile la seconda ipo-
tesi, anche perché Don Nor-
berto - una carissima persona
degna del massimo rispetto e
dotata di molto savoir faire -
mi ha fatto capire, con molto
LO STILE DI SCRITTURA
Le case dei contadini d’inverno erano riscaldate da un grande camino che
rimaneva acceso tutto il giorno e si trovava in cucina. Alla sera, quando ormai c’era
una bella brace, si riempiva con questa il famoso “scaldaletto”. Era un recipiente di
rame che mandava tanto tepore. Le mamme lo mettevano tra le coperte specialmente
dei bambini. Per riscaldare la camera da letto che si trovava al piano superiore, nel
soffitto della cucina c’era un’apertura, il famoso “rabusel” e da lì saliva il calore.
Quando in cucina tutto era riordinato, si passava la serata nella stalla dove c’era
un bel tepore. Si metteva per terra della paglia pulita per sedersi. Gli uomini parlavano degli avve-
nimenti della giornata e le donne, mentre chiacchieravano, lavoravano all’uncinetto al lume del
“lanternen”. Da questo ambiente uscivano quei bei pizzi che ornavano le coperte bianche della “
schirpa”, il corredo dei nostri giorni. Noi nonni li custodiamo ancora gelosamente e con un po’ di
orgoglio li mostriamo ai nostri nipoti.
E
LISA
G.
COME CI SI RISCALDAVA AI TEMPI
PENSIERI ANTICHI