Pagina 7 - Il Tassello

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NELLA SPIRITUALITA’
“Venuta la sera, la barca era in mezzo al
mare ed egli solo a terra. Vedendoli però tutti
affaticati nel remare, poichè avevano il vento
contrario, già verso l’ultima parte della notte
andò verso di loro camminando sul mare, e vo-
leva oltrepassarli.”
(dal vangelo di Marco)
E’ stato davvero coinvolgente leggere
questo testo nel gruppo di ascolto a casa di En-
rica: a nessuno è sfuggita l’idea bella e conso-
lante che quando sei in difficoltà Lui ti vede e
ti viene incontro. Ancor più emozionante e
sconvolgente è stato per me rivivere questo
passo di vangelo in una notte straordinaria,
quella in cui ho accompagnato mio padre fino
alle soglie dell’eternità.
“Venuta la sera”:
sì, era la sera della sua
agonia.
“La barca era in mezzo al mare”
e noi
“tutti affaticati nel remare”
a causa del
“vento contrario”
: forse, solo chi ha provato
può capire cosa signi-
fica stare accanto al
proprio caro morente.
Quanta fatica,
anche fisica, ma so-
prattutto
mentale,
psicologica, nello sta-
re lì fermi, al proprio
posto accanto al letto,
senza fuggire, senza
rifugiarsi nelle pro-
prie lacrime calde e consolanti; quanto dolore
nel verificare la propria impotenza, l’impossi-
bilità di cambiare in qualche modo una situa-
zione che appare sempre più insostenibile.
E le ore passavano, la stanchezza avanza-
va e con questa la consapevolezza che presto
sarebbe venuto il momento di vedere in faccia
“sorella morte”. Come accettare la perdita di un
proprio caro, come rassegnarsi a pensare che
L’ULTIMA PARTE DELLA NOTTE
Io vado ora, come tutte le mattine, a fare la mia
preghiera, con la matita in mano, davanti a un melo-
grano coperto di fiori nei diversi gradi della loro fioritura e spio la loro tra-
sformazione, facendo questo non con spirito scientifico, ma compenetrato di
ammirazione per l'opera divina. Non è questo un modo di pregare? In quel
momento è Dio a condurre la mia mano nel disegno.
La natura ci riserva i primi timidi segnali primaverili ed è sempre
una sorpresa assistere al prodigio della vita che germoglia negli alberi,
nei campi, nei fiori. Purtroppo, immersi in città di pietra, asfalto e ce-
mento, non riusciamo più ad apprezzare questo miracolo, come faceva
invece il grande pittore Henri Matisse (1869-1954), apparentemente
lontano dalla fede. Eppure a lui dobbiamo quel gioiello che è la Cap-
pella del Rosario di Vence nella Francia meridionale. Quell'opera era
nata dall'amicizia dell'artista con una suora, Jacques-Marie, al secolo Monique Bourgeois, un'infer-
miera che lo aveva curato nell'ospedale di Nizza e che era stata anche sua modella.
Poi aveva scelto la vita religiosa ed è appunto a lei, entrata nell'Ordine domenicano, che Ma-
tisse scrive le parole sopra citate. C'è, dunque, una preghiera anche dell'agnostico che scopre il mi-
stero di Dio proprio nel fervore segreto della natura, capace di far sbocciare un capolavoro come il
fiore del melograno. Anzi, Matisse sente in se stesso l'azione della grazia divina che guida la mano
nel disegno e che, implicitamente, muove e commuove il suo cuore. Bisogna, allora, che anche noi
ritroviamo la capacità di sostare davanti ai segni naturali; è necessario riscoprire il gusto della con-
templazione silenziosa, staccando dalla frenesia, dalle cose, dagli impegni, dall'esteriorità superfi-
ciale. Scriveva un autore fiorentino del Trecento, Paolo da Certaldo: «Tieni la bocca chiusa e gli
occhi aperti!».
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AVASI DA
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VVENIRE
31
MARZO
2006
Nella quaresima la matita e
la gomma hanno indicato
questo tempo prima della Pa-
squa. A proposito di matite ...
LA MATITA DI MATISSE