Pagina 5 - Il Tassello

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COSE DA PAZZI
Lo zio mi regalò una
collezione di minerali. Erano
tutti in bella mostra in una
teca di legno, con il coperchio
di vetro, suddivisa in piccoli
scompartimenti. Una minu-
scola etichetta posta sul bordo
di ogni riquadro svelava il
loro nome: quarzo, ametista,
zircone, berillo, calcite, corin-
done...
Lo zio li estraeva dalla
teca, uno ad uno, con la devo-
zione di un atto sacro. Era co-
sì solenne il suo gesto che
nemmeno osavo toccarli. Non
li avevo chiesti io quei mine-
rali. Ma mi sentii straordina-
riamente serio, e improvvisa-
mente grande, con i miei otto
anni di età e i calzoni corti.
Sentirsi grande signifi-
cava non potere rimanere pas-
sivi di fronte a quei frammen-
ti di Scienza dai nomi inediti.
I bambini restano a bocca
spalancata di fronte a ciò che
non capiscono; e magari sba-
digliano se non hanno troppa
soggezione di chi racconta
qualcosa di scarso interesse. I
grandi invece no. I grandi de-
vono far vedere chi sono. Non
possono rimanere spettatori
passivi.
Forse dei minerali e dei
loro nomi non mi importava
un gran che. Ma come rinun-
ciare a quelle parole difficili?
Come non godere di quel sen-
tirsi ammessi nel laboratorio
della Scienza? Come non evo-
care caverne sotterranee,
buio, e profondità... e da lì,
con la fantasia, scendere sotto
terra, affrontando l'ignoto,
cunicoli intricati e chissà qua-
li altri pericoli?
Anch'io dovevo dire
qualcosa, dunque. Non potevo
stare soltanto a guardare. Ma:
come corrispondere a quel
credito di adultità che mi ve-
niva riconosciuto?
Il pensiero corse fulmi-
neo ad una piccola pietra ros-
siccia, con delle striature
bianche, lievi e luccicanti, che
avevo raccolto sul greto del
torrente alla fine dell'estate.
Corsi a prenderla. E in
pochi secondi fui dallo zio,
con lo sguardo trionfante.
«Mettiamo dentro anche que-
sta!», esclamai. Era come di-
re: ecco il mio contributo alla
Scienza! Lo zio afferrò la pie-
tra in malo modo. Nulla di
sacro v'era nel suo movimen-
to, ma di rapido e perfino
sgarbato. «Ma va' – borbottò
– è solo un sasso!».
«Ma è bello...», osai ri-
lanciare. Lo zio non replicò,
ma si limitò a ricacciarmi il
mio tesoro fra le mani.
Ho perduto quel sasso.
E mi dispiace. Sia detto fra di
noi, ma lo zio aveva proprio
torto. Perché di qualunque
cosa fosse fatto, quel sasso
era un sasso come quelli della
teca. Forse il suo difetto era
nella molteplicità dei compo-
sti. Era fatto di un po' di que-
sto e di un po' di quello; o
forse di un po' di tutto.
Eppure proprio perché il
bianco non era il rosso, né
con il rosso aveva voluto me-
scolarsi, ecco che sopra un'i-
nutile pietra di fiume era
comparso un dipinto, un rica-
mo lucente, perfino raffinato,
con una doppia voluta e u-
n'onda, essenziali e perfette: il
mare, o un cavalluccio mari-
no, oppure il segno della
quiete... Oppure tutto questo
insieme, e magari altro anco-
ra. L'adulto paga sovente un
prezzo salato: se una cosa non
ha nome non è preziosa. E la
vita dell'adulto si trova nello
spazio angusto delle cose che
si sanno già. Tutto è già detto,
già visto, già sentito.
Certo, è da ignoranti
pretendere di mettere un sasso
in mezzo a una collezione di
minerali. Meno male che di
ignoranti ne esistono ancora.
DON
S
TEFANO
UN SASSO SENZA NOME
DA NON PERDERE ! ! !
??
Venerdì 9 marzo nella nostra chiesa
Carlo Rivolta
mette in scena il Qoelet,
testo biblico provocatorio, intenso e sempre attuale
??
Lunedì 12 marzo nella chiesa di Beata Giuliana
Incontro con
Mons. Segalini,
Vescovo di Palestrina
già responsabile della pastorale giovanile nazionale