Pagina 3 - Il Tassello

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UNA NUOVA RUBRICA: “TRA GENITORI E FIGLI”
Dopo otto puntate ho deciso di mandare in prepensionamento la rubrica “Cose da pazzi”.
Dopo la pubblicazione con l'editore Àncora delle quaranta storie della precedente rubrica “Tra
moglie e marito…”, avevo avuto da diversi lettori (sia del Tassello, e dunque di Madonna Regina,
sia del libro) la sollecitazione a scrivere qualcosa sul rapporto con i propri figli.
A dire il vero ci avevo già pensato, ma avevo anche dovuto riconoscere che se parlare del
rapporto di coppia al giorno d'oggi è difficile, affrontare la questione del rapporto con i figli... è
una tragedia! Però, alla fine, ho considerato anche che forse proprio per questo vale la pena par-
larne. E ho deciso di farlo nella stessa modalità di Tra moglie marito..., scrivendo cioè delle bre-
vi storie che non diano soluzioni semplicistiche, ma che aiutino almeno a riflettere. Così, per rie-
vocare la precedente rubrica, quella nuova si chiamerà Tra genitori e figli. Buona lettura!
Avanzo in affanno lungo corso Buenos
Aires. Sono in ritardo e ho scelto la via sbaglia-
ta per andare di fretta. Il marciapiedi non è
troppo largo e l'incanto delle molte vetrine cat-
tura lo sguardo di milanesi e turisti che proce-
dono a singhiozzo, che rallentano o si fermano,
e il tutto senza preavviso. Un gruppetto di
giapponesi mi sbarra la strada all'incrocio
con viale Regina Giovanna e non c'è ver-
so di passare. Attendo che si scostino,
non senza una frecciata di intolle-
ranza borbottata a mezza voce:
«Ma che c'avranno sempre da
ridere!».
Una donna, sbucata alle mie
spalle, in modo assai più pratico ab-
bandona il marciapiedi e rientra pochi
metri dopo, come in un sorpasso azzarda-
to. A quel punto la seguo. Mi sento un po'
malandrino: come coloro che nelle ore di pun-
ta, incastrati nel traffico, si accodano ad un'au-
toambulanza con le sirene spiegate... che ver-
gogna...!
La donna procede spedita, ma ondeggia
vistosamente. Dalle due cinghie che le attraver-
sano la schiena capisco il motivo di quell'ince-
dere oscillante: infilato in un marsupio, issato
fin sulla pancia, trasporta un bimbo. Il marsu-
pio è ben agganciato, ma, ritmicamente sballot-
tato dal passo deciso della donna, spunta ora a
destra, ora a sinistra, e un minuscolo testolino,
con un berretto bianco, fa capolino, ora di qua,
ora di là.
La donna ha i capelli raccolti a coda di
cavallo che, come un metronomo, dà il tempo
al suo passo. Eppure non c'è troppa armonia: i
suoi movimenti sono un po' rudi, bruschi... sarà
la fretta, ma la spiegazione non mi convince.
Niente di clamoroso, sia chiaro. Eppure, metro
dopo metro – e a starle dietro ho il fiatone – mi
persuado che quel modo di fare, fretta o non
fretta, sia invero poco femminile.
All'angolo con via Plinio c'è un sema-
foro. E noi pedoni abbiamo il rosso. Così
affianco la donna con il marsupio e il
bimbo dentro, e, fermi come siamo,
li squadro con la coda dell'occhio.
Effettivamente la donna non è
troppo... femminile: infatti non
si tratta di una donna, ma di un
uomo! Il particolare della coda di ca-
vallo, ma poi ancora il marsupio con il
bimbo dentro, mi avevano condotto fuori
strada. Il modo di camminare, no. Perché in
questo, realmente, sarà pure cosa di poco con-
to, ma maschi e femmine non procediamo alla
stessa maniera.
Non male la generazione dei padri di og-
gi, che non si fa troppi problemi ad assumere la
parte che tradizionalmente era del ruolo mater-
no! Davvero non ce li vedo i nostri nonni, ma
pure i nostri padri, in giro per le vie di Milano
con tanto di marsupio e bimbo dentro, quasi
scimmiottassero una impossibile gravidanza.
Che diamine!
Allo stesso tempo, però, la lezione dei
padri di allora non va semplicemente archivia-
ta. Perché un padre più... materno – e dunque
più affettuoso e perfino più
intimo
– non può
che fare un gran bene allo sviluppo del proprio
MAMMA, MAMMO, BIMBO E MARSUPIO