Pagina 3 - Il Tassello

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“TRA GENITORI E FIGLI”
Ce n'era voluto per con-
vincere mio figlio Pietro e
mia nuora Sofia a concederci
di trascorrere il fine settimana
con il loro piccolo Samuele
nella nostra casetta in Valtel-
lina. Alla fine, però, l'aveva-
mo spuntata.
Mia moglie ed io erava-
mo emozionati come non mai.
L'idea di avere il piccolo Sa-
muele tutto per noi, per due
giorni, ci riempiva di gioia,
ma anche di apprensione.
Certo la resistenza di Pietro e
Sofia aumentava i nostri timo-
ri: «Riusciremo ad essere due
nonni modello?» ci chiedeva-
mo.
Samuele era piccolo, ma
non così piccolo: in fondo a-
veva già sei anni, andava a
scuola e... insomma non è che
Sofia esagerava un po'? Però
alla mia semplice insinuazio-
ne, mia moglie mi aveva re-
darguito con lo sguardo e pu-
re con le parole: «Sofia è no-
stra nuora; non è nostra figlia:
non dimenticarlo!». D'altra
parte nemmeno Pietro era
sembrato da meno nel soste-
nere le preoccupazioni della
moglie: sul riscaldamento del-
la casa (perché le vecchie stu-
fe a kerosene non erano salu-
bri), sulla pioggia che era ca-
duta negli ultimi giorni (e
guai a dimenticare che Sa-
muele si mettesse gli stivali di
gomma), perfino sulla man-
canza di una luce notturna
(perché il bambino non sareb-
be riuscito a dormire al buio
assoluto). Quando poi Sofia
aveva letteralmente minaccia-
to di riprendersi Samuele se
io avessi anche solo provato a
fargli assaggiare i pizzocche-
ri, accampando che fossero
pesanti, indigesti e comunque
inadatti per un bambino... l'a-
vrei mandata al diavolo. Ma
pur di avere Samuele con noi,
mi ero trattenuto. Mia moglie
aveva apprezzato il mio silen-
zio e, con affetto, mi aveva
bisbigliato: «Stai tranquillo,
che un piatto di pizzoccheri,
tutto per te, non te lo leva
nessuno!».
Il venerdì pomeriggio,
alla partenza da Milano, scesi
nel garage sotto casa per tra-
sferire i bagagli direttamente
dall'auto di Pietro alla mia.
Alla vista di tre borse, non
piccole, e di due valigie mi
venne da azzardare che di ni-
poti ne avessi cinque e non
uno solo. A Pietro e Sofia,
evidentemente, le mie battute
non piacevano più perché non
tentarono nemmeno un sorriso
di circostanza.
La partenza da Milano
fu quasi una liberazione, ma
tale era la cautela che perfino
mia moglie mi fece notare che
sulla superstrada andavo inso-
litamente piano. È vero: mi
sentivo come uno che traspor-
ta un oggetto fragile e non mi
ero accorto della velocità per-
fino troppo ridotta.
L'aria cambiò in Valtel-
lina. In tutti i sensi. Anche se
a complicarmi la digestione
del pranzo di sabato ci pensò
non certo la discussione avuta
con mia moglie sull'uso del
bitto
o del
casera
per i piz-
zoccheri, ma la scoperta che
Samuele aveva con sé il cellu-
lare della mamma. La cosa mi
diede talmente fastidio che, a
quel punto – scorrettezza per
scorrettezza – feci assaggiare
i pizzoccheri a Samuele. Il
quale, ovviamente, li trovò
buonissimi «alla faccia di sua
madre!».
Samuele era un bambino
intelligente e curioso. Non
pareva per nulla in soggezio-
ne con noi due. Però... a tratti
dava l'impressione che tutto
dovesse svolgersi secondo i
suoi piani e che mia moglie
ed io fossimo al suo servizio.
Nel pomeriggio, dopo
essermi sorbito le raccoman-
dazioni di mia moglie, recita-
to con dovizia di particolari
quasi fosse stato il decalogo
del soccorso alpino, Samuele
ed io andammo fino alla mal-
ga del signor Franco, mezzo
chilometro in su, per il sentie-
ro alto. Non appena Samuele
scorse le mucche all'alpeggio,
corse loro incontro gridando
entusiasta: «Nonno, guarda: le
mucche! Come in televisio-
ne!».
Tornati a casa per cena,
a lungo osservai a tavola mio
nipote: bello, sereno; con il
cellulare che lo manteneva in
linea diretta con la sua mam-
ma; con la sua trapunta per-
ché «lui dorme solo con la sua
trapunta e il suo cuscino...!»;
con le sue abitudini alimentari
e la sua piccola
playstation
da
viaggio…
LA MUCCA TELEVISIVA