Pagina 7 - Il Tassello

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poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco
quattro volte tanto”» (Lc 19,8). Non basta che
dia la metà dei suoi beni ai poveri: occorre che
rimedi all’ingiustizia praticata nei confronti di
quelli che ha frodato. Poi, appunto, la carità
aggiunge alla giustizia l’imprevedibile larghez-
za di chi non fa calcoli, di chi liberamente deci-
de di restituire non solo l’importo ingiustamen-
te incassato, non solo gli interessi, ma ancora
qualcosa
in più
.
La giustizia sta come necessario corretti-
vo di una concezione riduttiva, “romantica”
della carità e fornisce a quest’ultima i criteri e
per così dire i “parametri” di verità. La carità
non sta senza giustizia. E d’altra parte, senza
per sé modificare le strutture sociali, la carità
intelligente e organizzata funziona da stimolo,
da pungolo, da provocazione perché ci sia più
giustizia.
DON
G
IUSEPPE
Certo che sconvolge l’a-
more che viene da Dio! Quel-
lo che passa attraverso le ma-
ni di chi dona la sua vita a
Lui, è animato dalla gratuità
che principalmente vuol esse-
re per l’altro. Non ama qual-
cuno perché è degno del suo
amore, ma ama tutti e ciascu-
no personalmente, indipen-
dentemente dalle sue qualità.
Ama il suo “prossimo”!
Entrando nella realtà di tutti i
giorni, com’è difficile amare
così! Si parte con le buone
intenzioni, ne sono certa! A
parole teniamo conto di que-
sto amore, ma con i fatti non
sempre ce la facciamo. Lo
dimostrano tante piccole si-
tuazioni che facilmente incro-
ciamo durante la giornata. Se
c’è dell’antipatia verso una
persona, fatichiamo a relazio-
narci con lei, figuriamoci poi
ad ascoltarla. Anche con le
persone affabili che amiamo,
a volte si percepisce che molti
sanno “sentire”, ma ben pochi
“ascoltare”! L’ascolto, quello
vero, è infatti un’apertura del-
la mente, ma soprattutto del
cuore che riesce ad accoglie i
sentimenti e le emozioni del-
l’interlocutore. Quante volte
poi lasciamo che l’altro parli,
si confidi con noi, eppure noi
pensiamo ad altro e scivolia-
mo con lo sguardo sull’orolo-
gio, perché dobbiamo andare
e abbiamo cose urgenti e sicu-
ramente “più importanti” da
fare! Quante volte l’ho visto
fare e l’ho fatto. Ma così il
dialogo si riduce ad uno steri-
le monologo che non da frut-
to!
O, ancor meglio, mentre
parliamo, appena ci contrad-
dicono, eccola lì che salta
fuori la “vecchia zitella ”, an-
che in chi zitella non è, che
aggressivamente si mostra
orgogliosa con tutta la sua
“acidità” rispondendo sgarba-
tamente all’amico, all’inquili-
no del piano di sotto, al co-
noscente o peggio ancora alle
persone più vicine. Come
possiamo pretendere di mi-
gliorare il mondo puntando a
orizzonti lontani se non riu-
sciamo ad amare chi è vicino
o intorno a noi.
Leggevo, che nel capito-
lo 13 della prima lettera ai
Corinzi si contano ben 15 ver-
bi. Sembra quasi che l’amore
si possa contare in termini di
azioni e che vuol dire sopra-
tutto fare, tenendo comunque
presente la fonte di questo
Amore. Quindi siamo tutti
invitati a far risuonare le pa-
role dell’inno di carità di san
Paolo, con la consapevolezza
che “se non ho la carità, io
sono un nulla”.
Se riuscissimo a mettere
in pratica anche soltanto una
minima parte di quell’amore
che viene dall’Alto, traducen-
do tutto in atti concreti, supe-
rando i nostri egoismi con la
pazienza, la bontà, l'altrui-
smo, l'amore per la giustizia,
l’amore per tutti, la maggior
parte dei nostri problemi sa-
rebbero risolti automatica-
mente e potremmo vivere più
felici favorendo soprattutto la
crescita interiore.
A
NTONELLA
LA ZITELLA
SCRITTORI LIBERI