Pagina 4 - Il Tassello

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Quelli che...beati voi
scienza. Tutti noi dopo aver perdonato un’ingiuria
subita ci siamo sentiti leggeri, contenti, abbiamo
respirato aria pulita.
Anche allora abbiamo sperimentato la verità
delle parole di Gesù che professiamo quando pre-
ghiamo:
“Perdona a noi i nostri debiti come noi li
rimettiamo ai nostri debitori”.
La misericordia è benevolenza, è condiscen-
denza.
C’è quindi un legame profondo tra misericor-
dia e amore del prossimo, pietà attiva, è premuroso
soccorso. Gesù ce lo ha insegnato con la parabola
del buon samaritano.
In conclusione, la misericordia è prima di tut-
to il perdono delle offese, la comprensione verso
i colpevoli; essa indica in maniera più generale le
disposizioni di amore che ci portano ad aiutare i
bisognosi e gli infelici di ogni genere. Questo atteg-
giamento verso il prossimo è la condizione neces-
saria per ottenere la misericordia di Dio nel giorno
del giudizio e per conseguire il regno dei cieli.
E chi di noi non ha sperimentato la gioia di
sentirsi perdonati, capiti e compresi? Più in ge-
nerale sperimentiamo la verità dell’insegnamento
del Vangelo che ci fa esclamare:
grazie Signore di
avermi fatto cristiano, ti prego aiutami ad essere
misericordioso per meritare la tua misericordia
.
Don Peppino
Guerra e pace
G
li operatori di pace non sono i “pacifici”,
cioè quelli che hanno in orrore le dispute,
che amano la tranquillità e la calma: il pacifico
evita di spintonare e non ama che gli altri lo
spintonino. Gesù dichiara beati gli “artefici di
pace”, non gli “irenici”, non coloro che coltivano
la pace per se stessi (e quindi desiderano essere
lasciati in pace…), non i tipi tranquilli che
evitano i conflitti con gli altri, ma quelli che si
impegnano attivamente a ristabilire la pace là
dove le persone sono divise e quindi non temono
di compromettere la propria pace personale
intervenendo nei conflitti al fine di portare pa-
ce. Gesù è il Figlio che è venuto a portare la
pace, la beatitudine «invita dunque a essere e a
fare quello che fa il Figlio, per diventare noi stessi
“figli di Dio”» (Benedetto XVI,
Gesù di Nazaret
).
Il cristiano è operatore di pace anche attraverso
l’intercessione. Il 29 gennaio 1991, la diocesi di
Milano organizzava una veglia di preghiera per la
pace: dodici giorni primaera iniziata laprimaguer-
ra del Golfo, con l’attacco delle forze americane
alle truppe irakene di Saddam Hussein che
avevano occupato il Kuwait. In quella occasione
il cardinale Martini ricordava che se oggi c’è
una guerra, è perché per troppo tempo abbiamo
seminato situazioni ingiuste, perché insomma
non siamo stati operatori di pace. Di fronte a
questa situazione, che cosa vuol dire fare una
“preghiera di intercessione”? «Intercedere non
vuol dire semplicemente “pregare per qualcuno”,
come spesso pensiamo. Etimologicamente
significa “fare un passo in mezzo”, fare un passo
in modo da mettersi nel mezzo di una situazione.
Intercessione vuol dire allora mettersi là dove
il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti
in conflitto […] Non è neppure semplicemente
assumere la funzione di arbitro o di mediatore […]
Chi si comporta in questo modo rimane estraneo
al conflitto, se ne può andare in qualunque
momento […] Intercedere è un atteggiamento
molto più serio, grave e coinvolgente, è qualcosa
di molto più pericoloso. Intercedere è stare là,
senza muoversi, cercando di mettere la mano