Pagina 2 - Il Tassello

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I sogni son desideri
perché sapevano che a Gesù piaceva certa-
mente stare con gli animali ma non disde-
gnava qualche discorso con gli umani. A mali
estremi, estremi rimedi: Bivio, il toro scalcia-
tore, Zante, il cane ululante, e Berenice, la
pappagalla ipnotizzatrice, andarono in prima
persona alla ricerca di umani per accogliere il
Signore, che stava arrivando.
Bilvio, il toro scalciatore, come preso da
una frenesia impazzita, galoppò qua e là per
la città, e, per invitare gli umani ad andare
ad accogliere Gesù, fece quel che meglio co-
nosceva: caricare tutto il peso del suo enorme
corpo sulle zampe anteriori fino a poggiare
le corna sul terreno davanti a lui, e, con uno
scatto da corrida, sferrare dei calcioni por-
tentosi con le zampe posteriori. Era convinto
che prendendo a calci gli umani e spingendoli
verso Gesù avrebbe formato un bel gruppo di
persone.
Come facilmente prevedibile, Bilvio presto
si accorse che gli umani erano esseri eccen-
trici che reagivano male ai suoi inviti, certo
inviti decisi ma fatti a fin di bene. In fondo
non era colpa sua: i suoi genitori, mucca e
toro, così gli avevano insegnato.
Bilvio, il toro scalciatore, fu presto emargi-
nato, e più restava isolato più aumentava la
sua violenza. Alla fine fu catturato da un paio
di umani che gli misero l’anello al naso e lo
costrinsero in catene.
Zante, il cane ululante, cultore del bel can-
to italiano, desideroso di portare tanta gente
a Gesù, cominciò a fare ciò che era secondo la
sua natura. Pensava: “
Questi umani forse non
sono al corrente del passaggio del gran re di
Betlemme; forse hanno bisogno che qualcuno
li avvisi
”. E lui li avvisò; a modo suo, ma li
avvisò. Cominciò ad emettere dei
latrati continui, insistenti, mar-
tellanti. Del resto era fermamen-
te convinto della grazia della sua
ugola e della bontà dell’azione.
Non vi dico quante maledizioni
si tirò addosso quel giorno, col
pessimo risultato di far scappa-
re tanta gente. Gli vennero messi
bavaglio e museruola e fu ridotto
al silenzio.
Come la violenza di Bivio, il toro scalciato-
re, così anche l’insistenza invadente di Zante,
il cane ululante, non attirò nessuno a Gesù
che passava.
Non dimentichiamo Berenice, la pappagal-
la ipnotizzatrice. Lei fu più raffinata; forse
conosceva meglio la psicologia degli umani e i
loro punti deboli. Inoltre, da buon pappagal-
lo aveva anche imparato alcune parole che ri-
peteva con plausibile accento, comprensibile
e suadente insieme. Lei, nel tentativo di por-
tare gli umani a Gesù usava tecniche persua-
sive scientifiche: si metteva davanti agli occhi
dell’umano e con un movimento oscillatorio
del capo a mo’ di rollio, accompagnato da un
suono stranamente gutturale per una pappa-
galla, riusciva in breve tempo a ipnotizzare
il malcapitato umano e ad ordinargli di an-
dare ad accogliere Gesù che passava. Effetti-
vamente qualcuno, in stato di coscienza alte-
rata, ci andò ma poi, interrogato, dichiarò di
non ricordarsi più nulla.
La gente la scoprì. La gabbia fu la sua casa
sino alla fine dei suoi giorni.
Infine Gesù passò ed entrò in città. Come
da contratto, le oche cantarono a collo diste-
so, i falchi pellegrini sorvolarono a volo ra-
dente le mura di Gerusalemme, l’ippopotamo
bofonchiò qualcosa, picchio e maiali fecero
bene il loro lavoro. Gesù si accorse di oche,
falchi, ippopotamo, picchio e maiali e si sentì
accolto con amore, come quella volta, appena
nato, a Betlemme, trent’anni prima.
Ma la cosa straordinaria fu un’altra. No-
nostante il pessimo lavoro di Bilvio, Zante e
Berenice, ad accogliere Gesù ci fu una folla
strepitosa, grandissima.
Certo il merito non fu dei tre maldestri ani-
mali, ma di Gesù stesso che per
attirare a sé non usò violenza, né
insistenza molesta e nemmeno il
plagio delle coscienze.
Gesù, che conosceva a fon-
do gli umani, capì che il miglior
modo per attirare a sé le folle do-
veva essere un altro. Si presentò
come un agnello mansueto, come
l’agnello pronto ad immolarsi
sulla croce.