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Io, Tu, Noi Famiglia
La famiglia di Charles
N
ato in Francia nel 1858, morto nel
deserto algerino nel 1916, Charles de
Foucauld, nobile, soldato, esplorato-
re, monaco trappista, eremita a Nazaret, prete
e “fratello universale” fra i tuareg del Sahara,
è stato beatificato da Benedetto XVI il 13 no-
vembre 2005.
La sua biografia sembra parlare di un uomo
solitario, uno che tendenzialmente ha sempre
fatto tutto da solo da quando,
all’età di cinque anni, nel giro di
sei mesi ha perso entrambi i ge-
nitori. Eppure nelle sue memorie
quest’uomo inquieto, perfezioni-
sta, nomade e ribelle, conquista-
to da Dio in maniera totale, ha
ricordato con infinita gratitudine
e delicata tenerezza la famiglia
che lo ha educato prima e ricon-
dotto poi alla fede, dopo che a
partire dall’adolescenza la sua
fede «è rimasta completamente
morta per molti anni».
Il quadro della sua vita cristiana nel tempo
dell’infanzia non ha nulla di particolarmen-
te affascinante: è un ritratto molto comune di
una buona famiglia cattolica, delle sue prati-
che e delle sue devozioni: le preghiere insegnate
dalla mamma, le visite al­le chiese, il presepe,
un mazzetto di fiori posto davanti al Crocifis-
so, la frequenza alla Messa, il catechismo e i
sacramenti dell’iniziazione, dei nonni premu-
rosi e un prete zelante… Ma ciò
che Charles sottolinea è piuttosto
la trama delle
relazioni
che costi-
tuiscono in modo decisivo l’ambito
della fede vissuta. Di queste per-
sone non viene ricordata nessuna
scelta di “radicalità evangelica”,
diremmo oggi. Ciò che si inscrive
nella memoria di Charles è l’intui-
zione, certo a quel tempo ben poco
consapevole, di una fede capace
di segnare in profondità il vissuto
quotidiano di persone amate e cre-
dibili, anzi esemplari.
Parrocchia che ha già distribuito migliaia
di euro, raccolte nell’avvento di carità, a
famiglie bisognose. Gesti che si sono mol-
tiplicati da nord a sud e che in tutta la
penisola han tessuto una sorprendente
maglia di solidarietà. Allora c’è ancora
chi crede alla famiglia, non con chiac-
chiere, ma con i fatti.
Certo occorre anche verificare come
ci comportiamo in famiglia.
Il nostro Arcivescovo ci ha più
volte richiamato al fatto che sol-
tanto una vita sobria, in cerca del-
la giusta misura in ogni cosa, capace
di stili di vita rinnovati, liberi dalla logica
dello spreco e dell’eccesso, sa creare gli spazi
per una vera solidarietà, per una accoglienza
dell’altro “come se stessi”. A questo occorre
educarsi ed educare, occorre insieme fare sosta,
mettersi in ascolto, pregare, riflettere, fare for-
mazione e animazione.
E per concludere con una visione religiosa
vorrei proporre come modello la sacra famiglia
di Nazareth come l’abbiamo vista rappre-
sentata nella nostra chiesa a Natale.
Un bambino che apre le braccia: ac-
coglie, abbraccia. Famiglia, apri alla
grazia di Dio, accogli il dono e accogli
chi è diverso.
Maria è in adorazione. Le nostre
mamme ritornino alla fede, alla pra-
tica religiosa, all’adorazione e alla in-
tercessione per i loro figli.
Giuseppe è in piedi, guarda Gesù
e Maria, stende la mano come segno
di protezione e di sicurezza. I nostri
padri siano testimoni, garanti, punti
di riferimento e protettori.
Famiglia, risollevati, guarda in alto, guar-
da per terra e guarda lontano. Invoca dall’alto
l’aiuto e soccorri chi è nel bisogno: ritroverai te
stessa, darai garanzia alla società e sarai prov-
videnza per chi è nel bisogno.
Don Peppino