Pagina 5 - Il Tassello

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Io, Tu, Noi Famiglia
L’originalità e la radicalità
delle scelte future di “fratel Car-
lo” sono germogliate dall’
humus
famigliare di una fede che non
sembra avere altro che il volto
della ferialità e della solidità, ma
proprio in questo modo è stata
capace di innervare la vita buo-
na,
bella
di persone da cui si è
sentito amato: «…le anime più
devote e più belle della mia fa-
miglia che mi colmavano di in-
coraggiamenti e di bontà, e Voi,
mio Dio, che radicavate nel mio
cuore questo attaccamento per
esse, così profondamente che le
bufere che sono seguite non han-
no potuto strapparlo, e di cui Voi
vi siete servito più tardi per sal-
varmi, quando io ero come morto
e annegato nel male…».
La cosa singolare è che, dopo aver ritrovato
a 28 anni la (vera) fede, quel desiderio fortis-
simo che egli avvertiva di fare per Dio «il più
grande sacrificio possibile», esigeva che ab-
bandonasse quella famiglia che era stata l’an-
cora di salvezza anche nei momenti più bui
della sua vicenda spirituale. Quei legami che
nemmeno i tempi dell’oblio di Dio e della mor-
te dell’anima avevano saputo strappare, ora –
Charles lo capiva benissimo – dovevano essere
volontariamente recisi perché venisse portato
a maturazione ciò che essi avevano provviden-
zialmente custodito. E questa sarà sempre la
grande lacerazione che fratel Carlo si porterà
dentro: nel monastero trappista della Francia
centrale nel quale entrò il 15 gennaio 1890,
egli non pativa la durezza materiale, fisica,
della vita che lì si conduceva (freddo, fame,
digiuni, lavoro), ma soffriva la
lontananza dal suo ambiente fa-
migliare: le consolazioni che rice-
ve da Dio, ammette, «non sono
riuscite a colmare il vuoto […]
La ferita del 15 gennaio è sempre
uguale…Il sacrificio di allora re-
sta il sacrificio di ogni ora».
La vicenda di Charles de Fou-
cauld ci ricorda semplicemente
che una famiglia può seminare
molto, quasi senza accorgersi e
senza fare nulla di straordinario,
ma solo sapendo coniugare quasi
spontaneamente fede ed esistenza
quotidiana. Chi ne ha assaporato
anche per breve tempo il gusto,
potrà sempre, con la grazia di Dio,
ritrovare il tesoro che quell’espe-
rienza ha custodito, come la ter-
ra nasconde il seme che in essa marcisce per
portare frutto: «mi avete ricondotto, mio Dio,
in quella famiglia, oggetto dell’attaccamento
appassionato dei miei anni giovanili, della mia
infanzia… Mi facevate ritrovare, per queste
stesse anime, l’ammirazione di un tempo, e ad
esse avete ispirato di accogliermi come il figlio
prodigo al quale non si faceva nemmeno sen-
tire che avesse mai abbandonato il tetto pater-
no, donavate a loro per me la stessa bontà che
avrei potuto attendermi se non avessi mai sba-
gliato… Io mi stringevo sempre più a questa
famiglia amatissima, vi vivevo dentro una tale
atmosfera di virtù che la mia vita rinasceva a
vista d’occhio, era la primavera che rendeva la
vita alla terra dopo l’inverno».
Don Giuseppe
Sister’s family
C
arissimi,
anch’io vorrei partecipare al Tassello
di questo mese parlando della mia fa-
miglia. Da quando avevo 22 anni faccio par-
te di un gruppo di consacrate “Suore della
Parrocchia”, che attribuisce la loro origine a
una lettera che il Cardinal Montini, in occa-
sione della Pasqua del 1961 scrisse a Padre
Zanoni, direttore spirituale del Seminario Ar-
civescovile della diocesi. In essa il Cardinale
affermava che “la nostra diocesi ha bisogno
di donne consacrate che si offrano per il servi-
zio pastorale nelle parrocchie, dove purtroppo
le suore non bastano più e vengono meno”.