Pagina 6 - Il Tassello

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Il campo è il mondo
Prima noi…e poi gli altri!
Scrittori liberi
“O
ccorre solo un pic-
colo seme, un mi-
nuscolo seme: che lo
gettino nell’anima di un uomo
semplice ed esso non morirà,
ma vivrà nella sua anima per
tutta la vita, resterà nascosto
in lui fra le tenebre, tra il lezzo
dei suoi peccati, come un pun-
tino luminoso, come un sublime
ammonimento. E non occorrono
molti insegnamenti e spiegazio-
ni, capirà tutto molto semplice-
mente. Pensate forse che i sem-
plici non capiscano?”
Curiosando su qualche libro, ho
incontrato questo pensiero, tratto
dal grande romanzo “I fratelli Ka-
ramazov” di Dostoevskij…
Mi colpiscono queste parole:
ma vivrà nella sua anima per
tutta la vita.
Trovo bello come nella no-
stra piccolezza e nella semplici-
tà ci venga fatto un grandioso
“dono”: la Parola di Dio, e come
essa possa essere accol-
ta, liberamente e in
modo differente.
Un dono che per
alcuni germoglia
più velocemente
e per alcuni ri-
marrà in eterno
un piccolo seme,
e anche se non
ha germogliato,
comunque la sua
presenza c’è!
Invece, per altri ha
bisogno di stare tra le tene-
bre, al buio per poter diventare,
magari più avanti, cosa nuova,
una rinascita, un germoglio o un
grande albero che tocca il cielo.
Però ha bisogno di quel tempo di
buio, di ombra, che sembra non
terminare mai….e che non ci fa
stare nella pace.
Credo sia la parte della zizza-
nia che è in noi, che non possia-
mo strappare, ma che dobbiamo
riuscire a trasformare in
buon grano.
La combinazio-
ne grano/zizza-
nia la troviamo
ovunque, a tut-
ti i livelli e in
tutti i campi,
ma soprattutto
nel nostro cuo-
re ed è da li che
parte tutto. Siamo
un po’ santi e un po’
peccatori.
Forse dovremmo “curare”,
con molta pazienza, quel semino
che ci è stato regalato, perché,
anche se abbiamo necessità di
quell’ombra, non dobbiamo per-
dere di vista quel
“puntino lumi-
noso”.
Magari così saremo capaci
di far fiorire quel piccolo seme,
“prima in noi” e poi negli altri…
e trasformare la nostra zizzania
in grano buono!
Antonella
Q
uando, alla fine di settembre, Miomarito
le aveva chiesto se le sarebbe piaciuto tra-
scorrere un week end in un agriturismo in
Umbria, Cheddonna aveva accettato con
entusiasmo, già pregustando due giorni di relax in
uno splendido resort, immerso nel verde della cam-
pagna, tra dolci colline, filari di viti e ulivi secolari.
Lì, dalla finestra panoramica della spa, avrebbe
ammirato i colori della natura autunnale, goden-
dosi un massaggio ayurvedico o un bagno di fieno;
avrebbe osservato il volgere della stagione, con i suoi
frutti tardivi: i cachi color del sole, le castagne bru-
ne, le noci e e le nocciole, gustando le prelibatezze
dello chef...pensava, rapita.
“Ho dimenticato di dirti che si tratta di un agri-
turismo ‘vecchia maniera’”aveva bisbigliato Mio-
marito, quando erano arrivati e il fattore li aveva
accolti con gli stivali sporchi di fango, invitandoli a
seguirlo nella vigna, dove avrebbero preso parte alla
vendemmia. “Poi daremo da mangiare alle mucche
e vangheremo la terra per la semina, per riscoprire
insieme il piacere di stare a contatto con la natura.
Infine mangeremo tutti insieme la polenta che mia
moglie sta preparando” stava spiegando il fattore ai
numerosi ospiti dell’agriturismo.
Messa per un attimo da parte l’ira funesta che si
era impadronita di lei, Cheddonna aveva fatto buon
viso a cattivo gioco, pensando che in fondo anche
il country può avere il suo lato chic, e che il tacco
dodici può essere decisamente utile per arrivare ai
grappoli più alti.
Chiara
Cheddonna va in campagna
Le avventure di Cheddonna