8
...in libertà
I Sacerdoti della mia storia…
Dalla parte della natura
I
recenti anniversari di ordinazio-
ne sacerdotale di don Peppino
e di don Attilio mi hanno fatto
ripensare ai preti che mi hanno ac-
compagnato nella vita. Ognuno di
loro ha avuto un ruolo particolare e
ha coperto una fase della mia cresci-
ta spirituale: da chi mi ha guidato
nella fase adolescenziale con l’abilità
di saper parlare ai giovani, a chi gui-
dava la parrocchia con la sua sem-
plicità e bontà; da chi attirava tutti
con la sua gioia nel cuore a chi con
saggezza e grande cultura ha saputo
dare nuovo slancio alla mia fede. Ognuno di loro
ha caratteristiche differenti e con il loro stile hanno
condizionato e condizionano tutti positivamente la
mia esistenza.
... Qualcuno si starà chiedendo cosa c’entra que-
sto con la rubrica “dalla parte della natura”..... ci
arrivo partendo da un altro argomento...
Conoscete tutti quel semplice fiore che viene
chiamato “Occhio della Madonna” o “Veronica co-
mune”, un minuscolo fiorellino primaverile colo-
re del cielo, con 4 petali azzurri di
cui uno più chiaro, quasi bianco,
che troviamo ai lati delle strade, nei
campi ecc...
Qualche anno fa, mio figlio mi
chiese come si chiamava proprio
quel fiore, gli risposi “occhio del-
la Madonna” e lui: “ma, si chiama
così perché la Madonna ci guarda
da quel fiore?” Non so perché mi è
rimasta impressa questa domanda,
forse perché mi aveva fatto tenerez-
za, o forse perché in fondo mi piace
pensare che la Madonna ci guardi e
quei fiori hanno proprio l’aspetto di un bellissimo
occhio azzurro che ci scruta, con uno sguardo dolce
che dona serenità.
Maria ci osserva così da molti punti e con il suo
sguardo benevolo ha guidato e vigilato sui sacerdo-
ti che sono passati e che sono nella nostra parroc-
chia, preghiamo sempre la madre di Gesù affinché
continui a vigilare su ognuno di noi e sulla sua co-
munità.
Luca
Leggerezza!
La cucina di Pippo
D
i solito leggerezza è un
termine positivo. Di so-
lito.
Mi è stato raccontato. Non
so se è vero. Spero che non sia
vero.
Blocco operatorio di un gran-
de ospedale. Nella pre-sala di
ginecologia una donna attende
di sottoporsi ad una interruzio-
ne volontaria di gravidanza. Per
sdrammatizzare ed alleviare il
peso dell’attesa, un infermiere
comincia a parlare con la donna;
una parola tira l’altra e si arri-
va al perché. Non è un pivello
l’infermiere, ne ha viste e senti-
te tante in tanti anni di lavoro,
un po’ si aspetta di conoscere la
risposta: una malattia, problemi
di denaro, una relazione che non
può essere ammessa, anche una
violenza non sarebbe una novità.
Nessun problema morale, non è
certo un obiettore di coscienza il
nostro amico.
Eppure la risposta che ottie-
ne è sufficiente a gelare lui e tutti
quelli che gli sono accanto. Alla
domanda: perché?, la risposta è
“eravamo andate io ed una mia
amica a fare la fecondazione ete-
rologa; con me ha funzionato,
con lei no, così per non farla sen-
tire troppo a disagio ho deciso di
abortire, per solidarietà”.
Forse non ha le idee troppo
chiare su cosa significhi la parola
solidarietà. Forse non ha capito
che quello che le cresce in ventre
è qualcosa di irripetibile, non è
un vestito comprato per sbaglio,
che si può scoprire che non pia-
ce e che può essere buttato nella
spazzatura. Forse…
Mi è stato raccontato, non so
se sia vero, ma temo di si.
Troppa leggerezza fa male, il
sentire questa storia mi ha stretto
lo stomaco. Scusate, ma questa
volta non mi sento di proporre
una ricetta di cucina. Scusatemi.
Silvio