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Anima e corpo
amare, il garbo, l’intelligenza, la dolcezza e la
creatività, insieme ad altre mille qualità. In esse
riconosciamo una umanità matura e piena. Ma
c’è stato un uomo, uno di noi, della razza uma-
na, che ha portato le qualità umane fino all’in-
superabile vertice della perfezione. Questi è sta-
to il “
più bello tra i figli dell’uomo
” (Sal 44,3),
colui che ha mostrato come avrebbe vissuto Dio
se fosse stato un essere umano.
È chiaro che questo nostro fratello, appar-
tenente alla nostra famiglia, è Gesù; ed è al-
trettanto evidente che Egli ha portato a compi-
mento tutte le facoltà umane, perché quell’uo-
mo era il Verbo di Dio. L’umanità di Gesù è
perfetta perché è l’umanità costruita dal Verbo
di Dio, anzi più precisamente, quella umanità
era il Verbo di Dio.
Dunque, tutto ciò che possiamo dire della
umanità di Gesù è da attribuire alla divinità
del Verbo. Gesù uomo ha amato, non solo come
avrebbe amato Dio, ma ha amato in quanto
Dio perché la sua unità di anima e corpo era -
ed è - Dio.
Gesù uomo ha pensato e agito, non solo
come avrebbe fatto Dio, ma ha pensato e agi-
to in quanto Dio, perché nell’unità di anima e
corpo era - ed è - Dio.
E potremmo continuare molto in questo
scambio tra natura umana e natura divina;
l’importante è non dimenticare mai che l’unità
di anima e corpo di Gesù è totalmente uma-
na e totalmente divina nella persona del Ver-
bo. Infatti, quando Gesù pensava a se stesso
in anima e corpo si considerava esattamente il
Figlio di Dio, generato, non creato, della stessa
sostanza del Padre, per mezzo del quale tutto
le cose sono state create e redente. È il mistero
della Incarnazione.
Dunque, l’uomo Gesù è perfetto perché è il
Verbo di Dio, e noi siamo chiamati a imitare
la sua umanità. Badate bene, ho detto
imita-
re
, e non
emulare
, perché l’imitazione di Cristo
non mortifica la nostra libertà e lascia tutto lo
spazio della creatività in unità al Lui. L’emu-
lazione, invece, è la ripetizione acritica di un
modello accolto senza discernimento, senza in-
telligenza e creatività.
Non così per noi, che, scelti per essere amici
di Gesù, abbiamo imparato ad imitare la sua
umanità sapendo di interpretare e realizzare
nella nostra vita il piano di amore di Dio su
questa terra, in attesa del giorno ultimo e beato
della rivelazione piena e definitiva a tutti del
mistero trinitario.
Il tempo santo di Quaresima che iniziamo
ci aiuti ad imitare Cristo per realizzare piena-
mente la nostra umanità nell’unitotalità di ani-
ma e corpo.
Don Attilio
Il corpo in preghiera secondo san Domenico
D
a sempre la tradizione cristiana ricono-
sce l’importanza della partecipazione
del corpo alla preghiera: non ci sarebbe
quindi bisogno di strizzare l’occhio a forme eso-
tiche delle spiritualità orientali, come lo yoga o
lo zen, di solito importate e adattate nel nostro
contesto culturale in maniera piuttosto superfi-
ciale, se non perché siamo abbastanza smemo-
rati o distratti e quindi ci dimentichiamo delle
ricchezze che la tradizione cristiana conserva.
È vero, però, che una parte di responsabilità
va addebitata ad un eccesso di razionalismo che
in Occidente ha spesso nascosto l’apporto rico-
nosciuto dai credenti alla corporeità nell’ambito
della preghiera cristiana. Noi abbiamo invaso
anche la preghiera con il nostro spirito di or-
ganizzazione, ne abbiamo fatto un’attività che
sembra non concedere spazio alla spontanei-
tà, che riguarda soprattutto o esclusivamente
la mente: la preghiera è diventata spesso quasi
sinonimo di pura “interiorità”, la “spiritualità”
è stata confusa con qualcosa di “incorporeo”, il
progresso nella vita di fede è stato non raramen-
te descritto come un abbandono sempre più de-
ciso dei riferimenti a immagini o gesti del corpo,
come se i “sensi spirituali” sostituissero del tut-
to la sensibilità legata alla “carne” della nostra
umanità.